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Full text of "La gerusalemme liberata, Volume 1"

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LA 

GERUSALEMME 
LIBERATA. 



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LA 

GERUSALEMME 

LIBERATA, 
DI TORQUATO TASSO. 



TOMO PRIMO. 



IN PARIGI, 

Si yende da Crapart, Caii.i.i e Ratier, 
Libraj , Piopiietarj delli Raccolta de' 
Libri di piccola forma detta Cazin , strada 
Pavée-S.-André , a° 12. 



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UNIVERSITY 
V J.IBRARY7 



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VITA V 

DEL TASSO, 

Estratta dagli Elogi di Lorenzo Crasso* 



JLiE contese della nascita di Torquato Tasso 
sono state si grandi , che più che ad indagare 
il vero, han servito di mantenimento all' os- 
tinazione; fatalità forse dell' Italia, che ere- 
ditando dalla Grecia le scienze, ereditò anche 
d'un altro Omero le contese de' natali. K 
quantunque Torquato in più luoghi delle suo 
Opere chiamossi Napoletano, ed io, come dì 
patria, possa valermi di cosi bella testimo- 
nianza, con tutto ciò non debbo questo affer- 
mare , sapendo bene , che non meno coloro , 
che nascono nella città di Napoli , che negli 
altri luoghi e città del regno , Napoletani 
s' appellano. Da Bernardo Tasso da Bergamo 
chiarissimo poeta, e da Porzia Riossi , 1' uno 
e 1' altra di nobilissima famiglia, a' dieci 
d' aprile del 1644 nacque Torquato Tasso in 

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€ T IT A 

Sorrenro, eittà deliziosa per le odorifere ondìr 
del mare , e per le fruttifere sue colline , da 
Napoli dieciotto miglia lontana. Fin da' primi 
anni delineata osservavasi nel suo volto una 
serietà cinta d ' una mestissima pallidezza». 
Avendo appresa, dopo la gramatica, la ret* 
torica, e la poetica , fu dall* accorto genitore 
mandato allo studio di Padova , acciocché 
approfittandosi nelle leggi , divenisse il sos* 
tegno della sua casa , pur troppo avvezza da 
molti anni a sofierire le fierissirae scosse dell' 
implacabile fortuna. Ma , conoscendosi Tor- 
quato fornito d'animo ripugnante alla pro- 
fessione legale, benché temesse e venerasse 
il padre , gravido di poetici entusiasmi , altre 
leggi non imparò, che le canore leggi d'uu 
armonioso componimànto. Non ancor giunta 
/lU' anno decim' ottavo, fé' comparire del 
suo amenissimo ingegno il primo fiore , stam- 
pando il Rinaldo , poema, il quale , a giudi-r 
tio degl'intendenti, superò non solamente 
1 ' età incapace di formar così regolata coni^ 
posizione, ma di molti rinomati poeti avanzò 
la gloria. Per la morte de ' genitori , da Pa-r 
dova, dove studiata aveva la filosofia, « 

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D-E t TA-SSO. 7 

V altre scienze si conferi a Bologna, preve- 
nuto però in ogni luogo dalla sua fama : e ivi 
trovò ricovero in casa di monsignor Cesis, 
poscia cardinale, tnvagliito d^l Tasso il prin- 
cipe cardinal d' £ste , Mecenate de' virtuosi ,, 
. clìiamollo a Ferrara j conducendolo sempve 
seco, recandosi a somma grandezza d'aver 
alla sua corte un poeta di tanta estimazione , 
elle dal cristianissimo rè di Francia veniva 
onorato col titolo di grande. Con questa occa- 
sione entrò nella grazia di tutta la casa Es- 
tense , protettrice delle lettere , e principal- 
mente di Alfonso duca di Ferrara , nella di 
cui fioritissima corte ebbe agio Torquato di 
dar 1' ultimo^ compimenti al suo famosissimo 
poema eroico , intitolato La Gerusalemme 
liberata, che da molti e molti* anni comin- 
ciato aveva* "Questo è quel poema, il quale 
perfettissimamente composto, badato a dive- 
dere-, che Omero nella lingua greca, Virgilio 
nella lingua latina superiori non sono a cosi 
bella composizione, nell' italico idioma com-' 
posta, per la sceltezza delle parole, per l'ai* 
tezza dello stile , per la nobiltà della frase ,. 
per la proporzione delle metafore , per 1 ' ar- 

t 

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8 VITA 

monia del mefro, per l' elezione del soggetto , 
e per la perfezione dell ' arte , animirandosi 
nella struttura di sì grand ' opera le scienze 
tutte ; onde con ragioVie dal dottissimo Paolo 
Beni venne celebrata sopra tutti gli altri 
poemi nel libro della comparazione di Omero y 
di Virgilio , e del Tasso , avendo della Geru- 
salemme liberata commentati i primi dieci 
canti , perchè più chiaramente apparissero di 
questo singoiar poeta la dottrina e l'arte. 
Ma con tutto ciò contro a così lucido sole 
dell' eroica poesia non mancarono d' in- 
sorgere ombre caliginose per ecclissarlo. Era 
nella città di Firenze famosissima l'academia 
della Crusca, la quale, o che nutrisse ancor 
lo sdegno concepnto verso il Tasso , o che iu»- 
proporzionate stimasse le lodi attribuite al 
poema, fabbricò contro al detto poema una 
' rigorosa censura, che uscita alla pubblica luce, 
quantunque gli autori di essa per letterati li 
giudicasse il mondo , non però volle alienarsi 
dalla pristina opinione, anzi al Tasso servi 
d ' accrescimento di gloria. Ma a Torquato di 
genio malinconico accrebbe la detta censura 
non ordinaria bile j ed impaziente d' ogni di» 

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I>ILTA88 0. 9 

mora , diedesi a fonnar la risposta alla Crusca ^ 
ed a rifar il poema col novello titolo di Ge- 
rusalemme conquistata; errore veracemente 
grande y nato da un grand' uomo, e da' lette- 
rali tutti ripresa, sola difendendolo l'op- 
pressione , di tempo in tempo , della sua na- 
turale malinconia, la quale crescendo cogli 
anni , era divenuta un' evidentissima fatuità» 
Mentre Torquato dimorava in Ferrara nella 
splendidissima corte del duca Alfonso con ogni 
estimazione, di nuovo si vidfe assalito dalla 
sua solita atra bile ; e come lontano da' retti 
sensi miravasi operare , ora qual fuggitivo 
andando ramingo con mntazione d ' abito e 
di nome, ora qual timido agnello ritornato 
all' ovile , solamente costante nell' incos- 
tanza delle sue azioni. Non mancò in tanti 
discorsi d ' eruditi ingegni, chi assegnasse per 
cagioni di quella pazzia 1 ' altissime fiammo 
d'un impossibile amore internamente rac- 
chiuse col predominio dell ' innata malinconia* 
A fallo cosi compassionevole cercando dar 
soccorso il prudentissimo duca, procura di 
racchiuderlo in luogo di sicurezza , nella qual 
custodia y ancorché dimorato vi fosse buono 



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IO ▼ I T A 

spasio di tempo indarno , forse avrebbe la 
pristina libertà ottenuto , se dal pietoso zelo , 
e dalla sviscerata amicizia dell' abate Angelo 
Grillo Benedettino, poeta anch' egli di nobil 
grido, non si fossero procurate appresso il 
duca Alfonso le intercessioni di molti princi- 
pi , e particolarmente del duca di Mantova y 
per la di lui liberazione. Uscito dal carcere 
Torquato, partì da Ferrara, ed andò a Man- 

' tova; e, perchè era chiamato in Roma dal 
cardinal Cintio Aldobrandino , acciocché ono- 
rato della corona dell' alloro pubblicamente 
venisse, come celebre poeta, subito tra' suoi 

' repentini furori volle condursi alla porte di 
Roma, non sano di mente però, benché ogni 
parte desiderasse per sua salute d ' essère una 
valevole Anticira. Giunto in Roma, ed avenda 
dato fine alla dottissima opera del mondo crea- 
to, composta in verso sciolto, quando s'at- 
tendeva da tutto il mondo letterato 1' onore^ 
vole e gloriosa funzióne , giustissimo il cielo , 
considerando , che al cantor della terrena 
Gerusalemme dar si dovesse la corona nelli^ 
celeste, volle che Torquato lasciasse la caduca 
peri' etema gloriai' anna iSpS. U cadavera 

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DSX.TA88 0. II 

dì questo nobilissimo poeta fu seppellito in 
Roma nella Chiesa di Sant' Onofrio y leggen* 
dosi nella lapida : 

D. o. M. 

TORQUATI TASSI 

Omw hìc jacent. 

Hoc, ne nescius essetHoipes, 

Fratres hujiis Ecclesiae 

Posuerunt. 

AnnoM.D.XCV. 



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ALLEGORIA 

DEL POEMA. 

T 

XJ'zAOiCA poesia , quasi animale in cui 

due nature si cengiungono, d'imitazione e 
d'allegorìa h composta; con quella alletta a 
se gli animi , e gli orecchi degli uomini , « 
maravigliosamente gli diletta ; con questa ^ 
nella virtù , o nella scienza , o nell ' una e 
nell' altra gli ammaestra : e siccome l'epica 
imitazione altro giammai non è, che somi- 
glianza ed imagine d' azione umana, cos\ 
suole l'allegoria degli epici, dell' umana 
vita esser figura. Ma l'imitazione riguarda le 
azioni dell ' uomo , che sono ai sensi esteriori 
sottoposte , ed intorno ad esse principalmente 
affaticandosi cerca di rappresentarle con pa- 
role efficaci ed espressive , ed atte a por chia- 
ramente dinanzi gli occhi corporali le cose 
rappresentate : né considera i costumi , o gli 
affetti, o i discorsi dell' animo, inquanto 
essi sono intrinseci , ma solamente in quanto 
fuori se ne escono , e nel parlare , e negli^tti , 
e nell' opere manifestandosi accompagnano 

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ALLEGORIA DEL POEMA. l3 

l'azione. L'allegoria all' incontro rimira le 
passioni, e le opinioni , e i costumi /non solo 
in quanto essi appajono , ma principalmente 
nel loro essere intrinseco ^ e più oscuramente 
le significa con i^ote (per così dire ) miste- 
riose j e che solo da' conoscitori della natura 
delle cose pessimo essere appieno comprese. 
Ora lasciando l'imitazione da parte , dell' 
allegoria j eh' h nostro proposito , ragionerò. 
£]]ày siccome h doppia la vita degli uomini y 
cosìi or dell ' una , or dell ' altra ci suole essere 
figura y che ordinariamente per uomo inten- 
diamo questo composto di corpo , e d' anima, 
e 4i mente; ed allora vita umana si dice quella, 
che di tal composto è propria , nelle opera- 
zioni della quale ciascuna parte d'esso con- 
corre , ed operando queUa perfezione acqtiista, 
della quale per sua natura h capace. Alcuna 
volta, benché più di rado, per uomo s'in- 
tende non il composto, mala nobilissima parte 
di esso , cioè la mente. E secondo quest' ulti- 
mino significato si dirà , che il vivere dell' 
uomo sia il contemplare , e l' operare sempli- 
cem^te con l'intelletto ; come questa vita 
molto paja paxticipare della divinila, e quasi 



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k4 ALLtGORtA 

transumanandosi , angelica divenire. Or della 
vita dell ' uomo contemplante è figura la co<* 
media di Dante, e l'Odissea, quasi in ogni sua 
parte : ma la vita civile in tutta l'Iliade si 
vede adombrata ; e nell ' Eneide ancpra , ben- 
ché in questa si scorga più tosto un mescola- 
mento d' azione e di contemplazione. Ma 
perchè 1 ' uomo contemplativo è solitario , e 
l'attivo vive nella compagnia civile, quindi 
avviene che Dante , ed Ulisse nella sua par* 
tita di Calipso , si fingono non accompagnati 
da esercito, o da moltitudine di seguaci , ma 
soli si fingono ; dove Agamennone e Achille 
si sono descritti, l'uno generale dell' esercito 
Greco , 1 ' altro condottier di molte schiere di 
Mirmidoni, ed Enea si vede accompagnato 
quando combatte , e quando fìi 1 ' altre civili 
operazioni ; ma quando scende ali ' inferno ed 
ai Campi Elisi , lascia i compagni , e resta , 
non eh ' altri , il suo fedele Acate , il quale 
non soleva mai dal fianco allontanarglisi. Né 
a caso finge il poeta, che vada egli solo^ 
perchè in quel suo viaggio ci è significata una 
sua contemplazione delle pene e de' premi, 
che nell' altro secolo all' anime buone , ed 



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BUL PO£MA. iS 

fXie reo si riferbano. Oltra di ci& IJopera-^ 
zione dell' intelletto speculativo, eh' h ope^ 
razione d' una sola potenza, commodanient» 
dall' azion d'un solo ci vien figurata; ma 
1 ' operazione politica , che procede dall' intel- 
letto , ed insieme dall ' altre potenze dell ' ani- 
mo y che sono quasi cittadini uniti in una re-r 
pubblica, non può così commodamente esser» 
adombrata d'azione, in cui molti insieme, 
ed ad un fine operanti non concorrano. A 
queste ragioni , ed a questi esempi avendo io 
riguardo , formai 1 ' allegoria del mio poema 
tale quale ora si manifesterà. 

L' esercito composto dì varj principi e d' al- 
tri soldati Cristiani , significa 1 ' uomo virile , 
il quale è composto d'anima , e di corpo ; e 
d' anima non semplice, ma distinta in molte 
e varie potenze* Gerusalemme , città forte , 
ed in aspra e montuosa regione collocata, 
alla quale siccome ad ultiiqo fine , sono driz- 
zate tutte le imprese dell ' esercito fedele , ci 
segna la felicità civile^ qual però conviene ad 
uomo Cristiano , come più sotto si dichiarerà , 
la quale è un bene molto difficile da conse- 
guire , e posto in cima ali 'N^alpestre e faticosi^ 



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26 ALLEGORIA 

giogo della virtù , ed a questo sono volte, 
come ad ultima meta, tutte le azioni dell' 
uomo politico. Goffredo , che di tutta questa 
adunanza h capitano , in vece dell' intelletto , 
e particolarmente di quello intelletto , che 
considera non le cose necessarie y ma le mu- 
tabili , e che possono variamente avvenire , ed 
egli per voler di Dio e dei principi , è eletto 
capitano in questa impresa, perocché l'in- 
telletto h da Dio e dalla natura costituito 
signore sovra 1' altre virtù dell' anima, e 
sovra il corpo , e comanda a quelle con po- 
testà civile , ed a questo con imperio regale. 
Rinaldo , Tancredi , e gli altri principi sono 
in luogo dell' altre potenze dell' animo , ed 
il corpo dai soldati men nobili ci vien dino- 
tato : e perchè per la imperfezione dell ' uma- 
na natura, e per gì' inganni del nemico di 
essa, l'uomo non parviene a questa felicità 
senza molte interne difficoltà , e senza trovar 
fra via molti esterni impedimenti , questi tutti 
ci sono djEdla figura poetica dinotati. La morte 
di Sueno e dei compagni, quali non congiunti 
al campo , ma lontani sono uccisi , pu6 dimos- 
trarci la perdita che 1 ' uomo civile fa degli 

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OELPOEMA. IJ 

amici, e d' altri beni esterni, che sòdo instru> 
nienti della virtù , ed ajuti a conseguir la 
felicità. Gli eserciti d ' Africa et d ' Asia , e 
le pugne avverse ,. altro non sono che i nemi- 
ci , e le sciagure , e gli accidenti di contraria 
fortuna. Ma venendo agli intrinseci impedi- 
menti , 1 ' amor , che fa vanneggiar Tancredi , 
e gli altri cavalieri , e gli allontana da Gof- 
fredo , e lo sdegno , che desvia Rinaldo dalla 
impresa, signi6cano il contrasto che con la 
ragionevole fanno la concupiscibile ed iras- 
cibile virtù , e la ribellion loro. I demoni , 
che consultano per impedir 1' acquisto di Ge- 
rtisalcnmie, sono insieme figura e figurato, e ci 
rappresentano se medcsmi, che si oppongono 
alla nostra civile felicità, acciochè ella non 
ci sia scala alla cristiana beatitudine. I due 
Maghi Ismeno ed Armida , ministri del Dia- 
volo , che procurano di rimovere ì Cristiani 
dal guerreggiare , sono due diaboliche tenta- 
zioni , che insidiano a due potenze dell ' ani- 
ma nostra, dalle quali tutti i peccati procedono* 
Ismeno significa quella tentazione , che cerca 
d * ingannare con false credenze la virtù ( pe» 
co8\ dire) opittiatrice. Armida è la tentazione . 

2. 

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l8 ALLEGORIA 

che tende insidie alla potenza , che appetisce ; 
e cosi da quello procedono gli errori dell* 
opinione, da questa quegli dell' appetito. Gli 
incanti d ' Ismeno nella selva, che ingannano 
con deiasioni , altro non significano , che la 
falsità delle ragioni, e deHe persuasioni, laqual 
' si genera nella selva , cioè nella moltitudine 
e varietà de' pareri , e de' discorsi umani ; e 
perocché 1' uomo segue il vizio , e fugge la 
virtù , o stimando che le fatiche e i pericoli 
siano mali gravissimi ed insopportabili, o giu- 
dicando (come giudicò Epicuro e i suoi se- 
guaci ) che ne' piaceri e nell' ozio si ritrovi 
la felicità : per questo doppio è l' incanto e 
la delusione. Il fuoco , il turbine , le tenebre , 
ì mostri , e l' altre così fatte apparenze, 3ono 
gì ' ingannevoli argomenti , che ci dimostrano 
le oneste fatiche , gli onorati pericoli sotto 
imagine di male. I fiori , i fonti , i ruscelli , 
gli istromenti musici, le Niufe, sono i fallaci 
sillogismi , che ci mettono innanzi gli agi e i- 
diletti del senso, sotto apparenza di bene. 
Ma tanto basti aver detto degl' impedimenti 
«he tro^a l'uomo coA in se stesso , come fuori 
di se; perocché; se bene d'alcune cose non 



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DI I. POEMA. 19 

s' è espressa 1' allegoria , con questi, principj. 
ciascuno per se stesso potrà investigarla. Or» 
passiamo agli ajuti estemi e intemi, e co^ 
quali l' uomo civile superando ogni difficoltà ^ 
si conduce alla desiderata felicità. Lo scuda 
di diamante , che ricopre Raimondo , e poi si 
mostra apparecchiato in difesa di Goffredo , 
deve intendersi per la particolar custodia del 
signor Iddio. Gli angeli significano orl'ajuto 
divino , ed or le divine inspirazioni y le quali 
ancora ci sono adombrate nel sogno di Goffrè* 
do , e nei ricordi dell' Eremita. Ma l'Eremita, 
che per la liberazione di Rinaldo indrizza i 
due messagieri al Saggio y figura la cognizione 
sopranaturale ricevuta per divina grazia , sic- 
come il Saggio la umana sapienza ; imperoc- 
ché dall'umana sapienza, dalla cognizione 
dell' opere di natura, ei dei magisteri suoi si 
genera e si conferma negli animi nostri la 
giustizia , la temperanza , il disprezzo della 
morte e delle cose mortali , la magnanimità , 
ed ogni a^ra virtù morale , e grande ajuta 
può ricevere 1' uomo civile in ciascuna sua 
opeiazion» dalla contemplazione. Si finge che 
queeto Saggio fosse nel suo nascimento pagano^ 

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20 ALLEGORIA 

ma che dall' Eremita convertito alla vera 
fede, 8Ì sia renduto cristiano, e eh' avendo 
deposta la sua prima arroganza , non molto 
presuma del suo sapere , ma s' acqueti al giu- 
dizio del maestro : perchè la filosofia nacque 
e si nudri tra' gentili nell' Egitto , e nella 
Grecia , e di là a noi trapassò , presontuosa di 
96 stessa, e miscredente, ed audace, e superba 
fuor di misura. Ma da san Tommaso , e dagli 
altri santi Dottori è stata fatta discepola , e 
ministra della teologia , e divenuta per opera 
loro modesta , e più religiosa , nessuna cosa 
ardisce temerariamente affermare contra quello 
che alla sua maestra è rivelato. Ne indarno è 
introdotta la persona di questo Saggio, poten- 
do per consiglio solo dell' Eremita esser tro- 
valo , e ricondotto a Rinaldo , perch' ella 
s' introduce per dimostrare che la grazia del 
signor Iddio non opera sempre negli nomini 
immediatamente , o per mezzi estraordinarj , 
ma tk molte fiate le sue operazioni per mezzi 
naturali ; ed è molto ragionevole , che Gof- 
fredo , il quale di pietà e di religione avanza 
tutti gli altri , ed è , come abbiamo detto , ' 
figura dell' intelletto , sia particolarmente fa* 



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D E I. P O £ M A. ai 

Torìto y e privilegiato con grazie, le quali a 
nessun* altro non siano comunicate. Questa 
umana sapienza adunque indrizzata da virtù 
superiore, libera 1' anima sensitiva dal vizio , 
e v' introduce la moral virtù : ma perchè 
questa non basta, Piero Eremita confessa 
Goffredo e Rinaldo, e prima aveva convertito 
Tancredi. Ma essendo Goffredo e Rinaldo le 
due persone che nel poema tengono it luogo 
principale , non sarà forse se non caro ai let * 
tori , eh ' io replicando alcuna delle già dette 
cose , minutamente manifesti 1' allegorico 
senso y che sotto il velo delle loro azionisi 
nasconde. Goffredo ,'il quale tiene iL primo 
luogo nella favola, altro non è nell' allegoria, 
che l'intelletto, il che s ' accenna in alena 
luogo del poema , come in quel verso.: 

Tu il senno sol , tu sol Io scettro adopra. 
£ più chiaramente in quell ' altro : 
L' anima tna mente del campo , e vita.' 
£ si soggiunge vita , perchè nelle potenze 
più nobili le men nobili sono contenute. Ri- 
naldo dunque , il quale nella azione è nel se- 
condo grado d' onor, deve ancora nell' alle- 

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22 ALLEGORIA 

goria in grado corrispondente esser collocato : 
ma qual sia questa potenza dell * animo , che 
tiene il secondo grado di dignità , or si farà 
manifesto. Irascibile è quella , la quale fra 
tutte 1' altre potexize dell ' anima meno s' al- 
lontana dalla nobiltà delta mente ; intanto par 
che Platone cerchi , dubitando^ se ella sia di- 
versa dalla ragione , o nò : e tale ella è nell* 
animo , quali sono nell 'adunanza degli uomini 
ì guerrieri, é siccome di costoro e ufficio, ub- 
bidiendo ai principi , che danno l' arte alla 
scienza del commandare, combattere contra 
i nemici, così è debito della irascibile parto 
dell' animo guerriera, e robusta, armarsi per 
la ragione contra le concupiscenze, e con 
quella Temenza e ferocità eh' h propria di 
lei , ribattere , € discacciare tutto quello che ' 
gli può essere impedimento alla felicità : ma 
quando essa non ubbidisce alla ragione , 
ma si lascia trasportare dal suo proprio im- 
peto, alle volte avviene, che combatte non 
contra le concupiscenze, ma per le concu- 
piscenze, o a guisa di cane, reo custode, 
non morde i ladri , ma gji armenti. Ques- 
ta virtù impetuosa, vomente , ed invitta, 



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SEI. 3POEM A. 2Z 

come che non possa interamente essere da 
un sol cavaliere figurata , h nondimeno 
principalmente significata da Rinaldo ^ come 
ben s' accenna in quel verso, ove di lui si 
parla : 

Sdegno gnerrìer della ragion feroce. 

Il qoale mentre combattendo centra Ger- 
nando trapassa i termini della vendetta ci- 
vile , e mentre serve ad Armida , ci può 
dinotare l ' ira non governata dalla ragione : 
mentre disincantata la selva , espugna la 
città, rompe l'esercito nemico, l'ira di- 
rizzata alla ragione. Il ritorno dunque di Ri- 
Baldo , e la reconciliazion sua con Goffredo , 
«Itro non significa, che l' obbedienza, che 
rende la potenza irascibile alla ragionevole , 
e in queste riconciliazioni due cose si awer- 
tiscono : l'una, che Goffredo con civile 
moderazione , si dimostra superiore a Rinal- 
do , il che e ' insegna, che la ragione co- 
manda all' ira non regalmente , ma citta- 
dinescamente. All' incontro Goffredo impe- 
riosamente imprigionando Argillano , reprime 
la sedizione , per darci a divedere , che la 



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.24 « ALLEGORIA 

potestà della mente sovra il corpo h regia 
e signòrHe. L' altra cosa degua di conside- 
razione , è che siccome la parte ragionevole 
^on dee ( che molto in ciò s ' ingannarono 
gli stoici) escludere l' irascibile dalle azioni^ 
né usurparsi gli oiRci di lei ^ che questa 
usurpazione sarebbe contra la giustizia na- 
turale , ma deve farsela compagna e ministra : 
cosi non doveva Goffredo tentare la ventura 
del bosco egli medesmo y uh attribuirsi gli 
altri uffici debiti a Rinaldo. 

Miupre artifizio dunque si sarebbe dimo^ 
trato , e minor riguardo avuto a quella utilità , 
la quale il poeta , come sottoposto al poli* 
tico , deve aver per fine , quando si fosse 
finto che da Goffredo solo fosse stato operato 
tutto ciò eh' era necessario per 1' espugna- 
xione di Gerusalemme. 

Non è coptrario , o diverso da quello che 
• ' è detto f ponendo Rinaldo , e Goffredo 
per segno della ragionevole e della irasci- 
bile virtù; quel che dice Vgone nel sogno, 
quando paragcTnal' uno al capo e 1' altro 
alla destra : perchè il capo ( se crediamo 
^ Platone ) è sed^e della ragione , e la destra^ 



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DEL POEMA. 25 

te non è sede deli' ira, è almeno sao prin- 
cjj>alisaimo istromento. Ma per venir final- 
mente alla conclusione y 1' esèrcito in cui 
già Rinaldo e tutti gli altri cavalieri, per 
grazia di Dio, e per umano avvedimento 
9ono ritornati , e sono obbedirti al capitano, 
significa 1' uomo già ridotto nello sfato della 
giustizia naturale , quando le potenze supe- 
riori comandano , come debbono , e le infe- 
Tiori obbediscono: ed oltre a ciò , nello stato 
dell'obbedienza divina, allora facilmente è 
disincantato il boséo , espugnata la città , e 
sconfitto 1' esercito nemico, cioè superati 
agevolmente tutti gli esterni impedimenti , 
1' uomo conseguisce la felicità politica : ma 
perchè quella civile . beatitudine non deve 
essere l'ultimo segno dell' uomo cristiano, ma 
deve egli mirar più alto alla cristiana feli- 
cità , per questo non desidera Goffredo d' es- 
pugnar la terrena Gerusalemme , per averne 
semplicemente il dominio temporale , ma 
perchè in essa si celebri il culto divino, e 
possa il sepolcro liberamente esser visitato 
da' pii e divoti peregrini, e si chiude il poema 
nella adorazione di Go£&edo , per dimostrarci 
1. 3 

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26 ALLEGORIA DEL POEMA. 

che l' intelletto affaticato nelle azioni civili 
deve finalmente riposarsi nelle orazioni , e 
nelle contemplazioni dei beni dell' altra vita 
beatissima ed immortale. 



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LA 

GERUSALEMME 
liberata: 

' ì ' . ■■ - 

CANTO PRIjyiO. 



ARGOMENTO. 



Manda a Torto«a Dio 1 ' Angelo ; u ' poi 
Goffredo aduna i principi cristiani. 
Quivi concordi que ' famosi eroi 
Lui duce fan degli altri capitani. 
Quinci egli pria vuol rivedere i suoi 
Sotto 1 ' insegne; e poi gì ' invia ne ' piani 
Ch ' a Sion vanno : intanto di Giudea. 
U rè si turba alla novella rea. 

\^ ANTO 1* anni pietose , e ' 1 capitano 
Che '1 gran sepolcro liberò di Cristo. 
Molto egli oprò col senno e con la mano ; 
Molto soffrì nel glorioso accpiisto ; 
£ in van 1 ' inferno a lui s ' oppose ; e in vanq» 
8 ' armò d ' Asia e di Libia il popol misto : 
Che ' 1 ciel gli die favóre , e sotto ai santi 
^gni ridusse i suoi compagni erranti. 

uigiiizedbyGqOgle 



ftS l'i- CERUSÀLEMMC tlBERATA^ 

O Musa , tu che di caduchi allor 
Non circondi la fronte in Elicona , 
Ma SII nel cielo infra i heati cori 
Hai di stelle immortati aurea corona ;. 
Tifspira al petto mio celesti ardori , 
Tu rischiara il mio canto , e tu perdona 
S ' intesto fregi al ver , s' adorno in parte 
D' altri diletti , che de' tuoi, le carte. 

Sai che la corre il mondo , ove più versi 
Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso ; 
£ che '1 vero condito in molli versi) 

I più schivi allettando ha persuaso. 
Così all' egro fanciul porgiamo aspersi 
Di soavi ticor gli'orti del vaso : 

Succhi amari , ingannato , intanto ei beve , 
E dall ' inganno suo vita riceve. 

Tu magnanimo Alfonso , il c[ual ritogli' 
Al furor di Fortuna , e guidi in porto 
Me peregrino errante , e fira gU scogli y 
. E fi'a r onde agitato , e quasi assorto ; 
Queste mie carte in lieta fronte accogli , 
Che quasi in voto a te sacrate io porto. 
Forse un dì fia , che la presaga penna 
Osi scriver di te quel eh ' or n ' accenna. 

E ben ragion ( s * egli avverrà che *ri pace 

II buon popol di Cristo unqua si veda ; 
E con navi e cavalli al 'fiero Trace 
Cerchi ritór la grande itigiùstfi preda ) 
Ch ' a te Ib seettro in terra , o se ti piace j 
li* alto imperio de' mari a te con,ceda. . 
Emulo dì Goffredo , i nostri carmi 
Intanto ascolta , et t' apparecchia all' armi^ 



CAWTOPBIMO.. 29 

Già '1 sesto anno volgea che 'n oriente 
Passò 3 campo cristiano all' alta impresa ; 
£ Nicea per assalto, e la potente 
Antiochia con arte avea-gik presa. 
li' avea poscia in battaglia , incontra gente 
Di Persia innumerabile , difesa ; 
!E Tortosa espugnata : indi' alla rea 
Stagion die loco , e '1 novo anno attendea. 
E '1 fiàe omai di quel piovoso inverno ^ 
Che fea I' arme cessar , lunge non era ; 
Quando dall' alto soglio il Padre etemo , 
Ch' è nella parte più del ciel sincera , • 
E quanto è dalle stelle al basso inferno , 
Tanto h più in su della stellata spera , 
. Gli occhi in giù volse , e in un sol punto , e in una 
Vista mirò ciò che 'nse il mondo aduna. 

Mirò tutte le cose , ed in Soria 
S' aiHssò poi ne ' principi cristiani: 
£ con quel guardo suo eh' addentro spia^ 
IVel più secreto lor gli affetti umani , 
Tede Goffredo che scacciar desia 
Dalla santa città gli empj Pagani :^ 
£ pien di fé , di zelo , ogni mortai^ 
Gloria , imperio , tesor mette in non cale. 

M9 vede in Baldovin cupido ingegno 
Ch' all' umane grandezze intento aspira ; 
Tede Tancredi aver la vita a sdegno , 
Tanto un suo vano amor 1' ange e raartira : 
£ fondar Boamondo al novo regno 
Suo d' Antiochia alti principi mira , 
£ leggi imporre , ed introdur costume y. 
£d arti , e culto di verace nume» 

3. 

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So LA GERUSALEMME LIBERATA. 

£ cotanto internarsi in tal pensiero , 
Gh' altra impresa non par che più rammenti*. 
Scorge in Rinaldo ed animo guerriero , 
£ spirti di riposo impazienti. 
Pion cupidigia in lui d'oro o d'impero, 
Ma d'onor brame immoderate, ardenti. 
Scorge che dalla bocca intento pende 
Di Guelfo , e i chiaii antichi esempj apprend«s 

Ma poich' ebbe di questi, e d' altri cori 
Scorti gl'intimi sensi il rè del mondo; 
Chiama a se dagli angelici splendori 
Gabriel, che ne 'primi era il secondo. 
£ tra Dio, c[uesti, e l' anime migHori 
Interprete fedel , nunzio giocondo : 
Giù i decreti del cicl porta , ed al cielo 
Riporta de' mortaH i preghi , e' 1 zelo. 

Disse al suo nunzio Dio ; Goffredo trova , 
£ in mio nome dì lui : Perchè si cessa ? 
Perchè la guerra ornai non si rinnova ,. 
A liberar Gerusalemme oppressa ? 
Chiami i duci a consiglio , e i tardi mova 
All' alta impresa : ei capitan fìa d' essa. 
Io qui r eleggo , .e 'l faran gli altri io terra , 
Già suoi compagni, or suoi ministri in guerra^ 

Così parlogU ; e Gabriel s' accinse 
Veloce ad eseqùi r l' ifnp^te cose. 
La sua forma invisibil d' aria cinfte^ 
£d al senso mortai la sottopose. 
Umane membra, aspetto uman si finse. 
Ma di celeste maestà il compose. 
Tra giovane, e fanciullo età confine 
l^rese, ed ornò di raggi il biondo: crine. 



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CANTO PRIMO. 3» 

Ali tiandic vesti eh* han d* or le cime) 
Infaticabilmente agili e preste. 
Fende i Tenti e le nnLi , e Ta sublime 
Sovra la terra , e sovra il mar con queste. 
Così vestito, indirinossi all' ime 
Parti del mondo il messaggier celeste : 
Pria sul Libano monte ei si ritenne , 
E si librò suU' adeguate penne. 

E ver le piagge di Tortosa poi 
Driszò, precipitando il volo in gtuso. 
Sorgeva il novo sol Hai lidi Eoi, 
Parte già fnoF, ma 1 più neU' onde chiuso i 
E porgea mattutini i preghi suoi 
Goffredo a Dio , come egli avea per uso ; 
Quando a paro col sol , ma più lucente y 
L' Angelo gli apparì dall* oriente. 

£ gli disse: Goffredo , ecco opportuna 
Già la stagion eh' al guerre^ar s' aspetta-^ 
Perchè dunque trapor dimora alcuna 
A liberar Gerusalem soggetto ? 
Tu i prìncipi a consiglio ornai ragnna: 
Tu al (in dell' opra i neghittosi affretta. 
Dio per lor duce già t' elegge ; ed essi 
5opporran volontari a te se stessi. 

Dio messaggier mi manda : io ti rivelo 
La sua mente in suo nome. Oh quanta spen» 
Aver d' alta vittoria , oh quanto ado 
Dell' oste a te commessa or ti convieue ! 
Tacque; e sparito, ri volò del cielo 
Alle parti più eccelse e più serene. 
Kesta Goffredo ai detti , allo splendore > 
P' octhi lbb«glÌAio , attonito di core. 

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34 t«A GERUSALEMME LIBERATA. 

Turchi , Persi , Antiochia ( illustre suono , 
£ di nome magnifico e di cose l ) 
Opre nostre non già ^ ma del ciel dono 
Furo j e vittorie in ver maravigUose. 
Or j se da no^ rivolte e torte sono 
Contra quel fin che '1 donator dispose ; 
Temo cen privi , e (avola alle genti 
Quel sì chiaro rimbombo al fin diventi. 

Ah non sìa alcun , per Dio , che sì graditi 
Dani in u^o sì reo perda , e diffonda. 
A quei che sono alti principj orditi, 
Di tutta r opra il filo e '1 fin risponda. 
Ora che i passi Uberi e spediti , 
Ora che la stagione abbiam seconda , 
Che non corriamo alla citta eh' è meta 
D' ogni nostra vittoria ? e chi più '1 vieta ? 

Principi , io vi protesto ( i miei protesù 
Udrà il mondo presente , udrà il futuro j 
L* odono or su nel ciel anco i celesti) 
Il tempo dell' impresa è già maturo. 
Men diviene opportun , piii che si resti : 
Incertissimo fi a quel eh' è sicuro. 
Presago son, s' è lento il nostro corso , 
Ch'avrà d' lE'gitto il Palestin soccorso. . 

Disse : e ai detti seguì breve bisbiglio : 
Ma sorse poscia il soUtario Piero , 
Che , privato , fra ' principi a consiglio 
Sedea , del grau passaggio autor primiero. 
Ciò eh' esorta Goffredo, ^d io consiglio ; 
!Nè loco a dubbio v' ha , sì certo è il vero , 
£ per se noto ; ei dimostroUo a lungo : 
Voi r approvate j ip questo sol v' aggiungo t^ 



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CAUTO PllIliO. S5 

Se ben raccolgo le discordie e 1' onte; 
Quasi a prova da voi fatte e patite , 
I ritrosi pareri y e le non pronte 
£ in mezzo all' eseijuire opre impedite ; 
Reco ad uu ' alta originaria fonte 
La cagion d' ogni indugio e d* ogni lite : 
A quella autorità , clie in molti e vari 
D' opinion , quasi librata , è pari. 

Ove un sol non impera , onde i giudici 
Pendano poi de ' prem) , e delle pene , 
Onde fian compartite opre y ed uffici ; 
Ivi errante il governo esser conviene. 
Deb , fate un corpo sol di membri amici : 
Fate un capo cbe gli altri indrizzi e frène : 
Date ad un sol lo scettro , e la possanza j 
£ sostenga di rè vece e sembianza. 

Qui tacque il veglio. Or quai pensier, qùai petti 
Son cbiusi a te*, sant' aura e divo ardore } 
Inspiri tu dell' eremita i detti , ^ 

£ tu gì '. imprimi ai cavalier nel core : 

Sgombri gì' inserti , anzi gì' innati affetti 

Di sovrastar, di libertà , d' onore ; 

Sì cbe Guglielmo e Guelfo , i più sid>limi, 

Chiamar Goffiredo per lor duce i primis . 
L' approvar gli altri. Esser sue parti denno 

Deliberare, e comandare altrui. 

Imponga ai vinti legge egli a suo senno 

Porti la guerra , e quando vuole , e a cui. 

Gli altri , già pari , ubbidienti al cenno 

Sian' or ministri degl' imperj sui. 

Concluso ciò , fama ne vola , e grando . 

Per le lingue degli uomini si spande. 



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ZS LA GERUSALEMME LIBEIATA. 

£i si mostra ai soldati : e ben lor par^ 

Degno dell' alto grado ove 1* han posto; 

E riceve i saluti , e* 1 militare 
Applauso , in volto^placìdo e composto. 
Poich ' alle dimonstranze mnili e care 
D ' amor, d' ubbidienza ebbe risposto , 
'Impon che *l d\ seguente , in un gran campo , 
Tutto si mostri a lui schierato il campo. 

Facea nefl' oriente il sol ritomo , 
Sereno e luminoso oltre l' usato ; 
Quando co' raggi uscì del novo giorno, 
Sotto r insegne ogni guerriero armato : 
£ si mostrò quanto potè più adomo 
Al pio BugUon , girando in largo prato. 
S ' era egli fermo , e si vedea davanti 
Passar distinti i cavalieri e i fanti. 

Mente degli anni e dell' obblio nemica , 
Delle cose custode e dispensiera , 
Vagliami tua ragion, sì cb' io ridica 
Di quel campo ogni duce , ed ogni schiera. 
Suoni e risplenda la lor fama antica , 
Fatta dagli anni ornai tacita e nera ; 
Tolto da' tuoi tesori , orni mia lingua 
Ciò chi' ascolti ogni età , nulla 1 ' estingua. 

Prima i Franchi mostrarsi : il duce loro 
Ugone esser solea , del rè fratello. 
iSeir isola di Francia eletti foro 
Fra quattro fiumi , ampo paese e bello. 
Poscia eh' Ugon morì , de' gigli d' oro 
Seguì l'ausata insegna il fier drappello 
Sotto Glotareo capitano egregio , 
A cui , se nulla manca ^ è il nome regio. 

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CAVTO FRlUO. ^ 67 

Hilie ton di graTÌssìma arraatura: 
80110 altrettanti i cavatier seguenti, . 
Di disciplina ai primi , e di natura , 
£ d' arme e di sembianza indifferenti ; 
Pl^ormandi tutti, e gli ha Roberto in con, 
Ch' è prìncipe natio di quelle genti* 
Poi due pàstor de' popoli spiegaro 
Le sqnadhre lor Guglielmo ^ ed Ademaro* 

li* uno e 1' altro di lor , che ne ' dirini 
XJ$cj già trattò pio ministero, 
Sotto r elmo premendo i lunghi crini, 
Esercita dell' arme or V uso fero : 
Dalla città d' Orange , e dai confini 
Quattrocento guerrier scelse il primiero* 
Ma guida quei di Poggio in guerra V altro, 
Knmero egual, né men nell' arme scaltro. 

Baldoyin poscia in mostra addur si Tede 
Coi Bolognesi suoi quei del germano : 
Che le sue genti il pio fratel gli cede 
Or eh' ei de' capitani è capitano. 
Il conte de* Carnuti indi succede. 
Potente di consiglio , e prò' di mano. 
Yan con lui quattrocento : e triplicati 
Conduce Baldovino in sella armati. 

Occupa Guelfo il campo a lor vicino , 
Uom che all' alta fortuna agguaglia il merto. 
Conta costui per genitor Latino 
Degli avi Estensi un lungo ordine e certo. 
Ma German di cognome e di domino , 
^eUa gran casa de' Guelfoni è inserto.. 
Begge Carìntia, e presso l' Istro e 'IReno 
Ciò che i prisd^ Suevi e i Reti avieno. 

J. 4 

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S8 GERUSALEMME LIBERATA. 

A qnesto, cke retaggio era materno, 
Acquisti ei giunse gloriosi e grandi. 
Quindi gente traea che prende a scbemo 
D' andar contra la morte, ot' ei comandi: 
Usa a temprar ne' caldi alberghi il -verno , 
£ celebrar con lieti inviti i prandi. 
Fnr cinquemila alla partenza ; e appena 
( De' Persi jiTanzo ) il terso or qui ne mena. 

Seguia la gente poi candida e bionda , 
Che tra' Franchi , e i Germani , e ' 1 mar si giace. 
Ove la Mosa , ed ove il Reno inonda , 
Terra di biade e d* animai ferace : 
£ gì' insulani lor , che d' alta sponda 
Riparo fansi all' ocean vorace : 
L' ocean , che non pur le merci e i legni , 
Ma intere inghiotte le cittadi , e i regni. 

Gli uni e gli altri son mille e tutti vanno 
Sotto un altro Roberto insieme a stuolo. 
Maggior alquanto è lo squadron Britanno : 
Guglielmo il regge al rè minor figUuolo. 
Sono gì' Inglesi sagittarj , ed hanno 
Gente con lor y eh' è più vicina al polo. 
Questi dall' alte selve irsuti manda 
La divisa dal mondo ultima Irlanda. 

Yien poi Tancredi ; e non h alcun fra tanti 
( Tranne Rinaldo ) o ferttor maggiore , 
O più bel di maniere e di sembianti, 
O più eccelso ed intrepido di core. 
S' alcun' ombra di colpa i suoi gran vanti 
Rende men chiari, è sol follia d' amore : 
Nato fra If arme, amor di breve vista. 
Che si nutre d' aflanni, e ibtza acquisU. 



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CANTO PRIMO. Xg 

É fama che qnel dì clie glorioso 
Fc* la rotta de* Persi il popol Franco: 
Poiché Tancredi alfin -vittorioso 
I fuggitivi di seguir fu stanco ; 
Cercò di refrigerio , e di riposo 
All' arse labbia , al travagliato fianco , ■ 
E trasse , ove invitollo al re»o estivo, 
Cinto di verdi seggi , un fonte vivo. 

Quivi a lui d' improvviso una donsella , 
Tutta , fuor che la fronte , armata apparse. 
£ra pagana , e la venuta anch' ella 

Per r istessa cagìon di ristorarse. 
Egli mirolla, ed ammirò la bella 
Sembianza , e d' essa si compiacque e n' arse. 

O maraviglia \ Amor eh' appena è nato , 

Già grande vola , e già trionfa armato. 
Ella d' elmo coprissi , e se non era 

Ch' altri quivi arrivar , ben 1* assaliva. 

Partì dal vìnto suo la donna altera, 

Ch' h per necessità sol fuggitiva ; 

Ma r immagine sua bella e guerriera 

Tale ei serbò nel cor , qual' essa e viva. 

E sempre ha nel pensiero e l' atto e '1 loco , 

In che la vide , esca continua al foco. 

E ben nel volto suo la gente accorta 
Legger potria : questi arde , e fuor di spene ; 
Così vien sospiroso , e così porta 
Basse le ciglia , e di mestizia piene. 
Oli ottocento a cavallo , a cui fa scorta , 
Lasciar le piagge di Campagna amene , 
Pompa maggior della natura , e i colli 
Che vagheggia il Tirren fertili e moUi. < 

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40 GERTJSÀLElfséE LIBERATA. 

Yenian dietro ^cento in Grecia nati. 
Che 8on quasi di ferro in tutto scardili : 
Pendon spade ritorte all' un de' lati : 
Suonano al tergo lor faretre ed arcbi ; 
Asciutti hanno i cavalli al corso usati , 
Alla fatica invitti , al ciho parchi : 
Neil' assalir son pronti , e nel ritrarsi ; 
£ combatton fuggendo erranti e sparsi. 

Tazio regge la schiera ; e sol fu questi 
Che , Greco , accompagnò l' armi Latine* 
O vergogna , o misfatto ! or non aventi 
Tu , Grecia , quelle guerre a te vicine ? 
£ pur quasi a spettacolo sedesti^. 
Lenta aspettando de' grand' atti il fine. 
Or se tu sei vii serva , è il tuo servaggio 
(Non ti lagnar ) giustizia , e non oltri^ggio. 

Squadra d' ordine estrema ecco vien poi y 
Ma d' onor prima , e di valore e d' urte. 
Son qui gli avventurieri invitti eroi, 
Terror dell' Asia , e folgori di Marte. 
Taccia Argo i Mìnj , e taccia Artù que ' suoi 
£rranti , che di sogni empion le carte : 
Ch' ogni antica memoria appo costoro 
Perde : or qual duce fia degno di loro ? 

Dudon di Gonsa è il duce ; • perchè doro 
Fu il giudicar di sangue e di virtute , 
Gli altri sopporsi a lui concordi furo , 
Ch' avea più cose fatte , e più vedute. 
£i di virilità grave e maturo 
Mostra in fresco vigor chiome tannte ; 
MosUa , qua» d' onor vestigi degni , 
Di non JjruUe (eri^ impressi segi^^ 

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CINTO pitmd. 4k 

EusUno è poi fra ' primi : e i proprj pregi 
Illustre il fanno , e più il fratel Buglion«. 
Oernando t' è , nato di rè Nonregi , 
Che scettri vanta, e titoli , e corone. 
Rnggier di BalnaviUa infira gH egregi > 
La yeccliia fama , ed Engerlan ripone. 
E celebrati sop fra' più gagliardi 
Un Gentonio , un Rambaldo, e duo Gherardi, 

Son fra ' lodati Ubaldo anco , e Rosmondo > 
Dei gran ducato di Lincastro erede. 
Non fia , eh' Obito il Tosco aggravi al fondo 
Chi fa della memòria avare prede : 
Né i tre fratei Lombardi al chiaro mondo 
InvoU , Achille , Sfor«a , e Palamede : 
O '1 forte Otton, che conquistò lo scudo. 
In cui dall' angue esce il fanciullo ignudo. 

Né Guasco , né Ridolfo addietro lasso : 
Né r un né V altro Guido , ambo famosi. 
Non Eberardo , e non Gemier trapasso 
Sotto silensio ingratamente ascosi. 
Ove voi me , di numerar già lasso , 
Gildippe , ed Odoardo amanti e sposi 
Rapite ? o nella guerra anco consorti , 
Non sarete disgiunti , ancor che morti. 

Nelle scuole d' Amor che non s' imprende? 
Ivi si fé cortei guerriera ardita. 
Tà sempre affissa al caro fianco , e pende 
Da un fato solo V una e l' altra vita. 
Colpo eh' ad un sol noccia , uncpia non scende , 
Ma indiviso é il dolor d' ogni ferita. 
£ spesso é r un ferito , e 1' altro langue : 
£ versa V ahna ^el , se quesU il sangue. 

4» 

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4ft GERrSALEMME LIBERATA. 

Ma il fanciullo Rinalclo è soyca qnesti , 
£ soTra quaoti in mostra eran condotti. 
Dolcemente feroce alxar vedresti 
La regal fronte , e in lui mirar sol tutti. 
Xt età precorse , e la speranza : e presti 
Pareano i fior, quando n' uscirò t frutti. 
Se '1 miri fulminar nell' arme avvolto , 
Marte lo stimi : Amor, se scopre il volto. 

Lui nella riva d' Adige produsse 
A Bertoldo Sofia , Sofia la bella 
A Bertoldo il possente : e pria che fosse 
Tolto quasi il bambin dalla mammella , 
Matilda il ToUe , e nutricollo , e instrusse 
Neil' arti r^e ; e sempre ei fu con ella ) 
Sin eh' invaghì la giovanetta mente 
La tromba che s' udia dall' oriente. 

AUor ( né pur tre lustri avea fomiti ) 
Fuggì soletto , e corse strade ignote : 
Varcò r Egeo , passò di Grecia i liti. 
Giunse nel campo in region remote. 
Nobilissima fuga , e che l' infiti 
Ben degna alcun magnanimo nipote. 
Tre anni son eh' è in guerra : e intempestiva 
Molle piuma del mento appena usciva. 

Passati i cavaKeri, in mostra viene 
La gente a piedi , ed è Raimondo avanti. 
Reggea Tolosa , e scelse infra Pirene, 
E &a Garona , e l'ocean suoi fanti. 
Son quattromila , e ben armati , e bene 
Instrutti, usi al disagio , e tolleranti. 
Buona è la gente , e non può da più dotta, 
O da più forte guida esser condotta. 

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CANTO PRIMO. 43» 

Ma cinquemila Stefano à' Ambnosa 
E di Blesse , e di Turs in guerra adduce. 
Pfon è gente robusta o faticosa , 
Sebben tutta di ferro ellVrilucc. 
La terra molle e lieta e dilettosa , 
Simili a se gli abitator produce. 
Impeto fan nelle battaglie prime ; 
Ma di leggier poi langue , e si reprime. 

Alcasto il terzo vien , qnal presso a Tebt 
Già Capaneo , con minaccioso Tolto. 
Sei mila Elvezj , audace e £era plebe , 
Dagli alpini castelli avea raccolto : 
Che '1 ferro uso a far solcbi , e franger glebe , 
In nove forme , e- in più degne opre ba -volto ; 
£ con la man, che guardò rozzi armenti, 
Par che i regi sfidar nulla paventi. 

Tedi appresso spiegar V alto vessillo 
Col diadema di Piero , e con le cbiavii» 
Qui settemila aduna il buon Camillo 
Pedoni , d' arme rilucenti e gravi : 
Lieto / eh' a tanta impresa il ciel sortillo, 
Ove rinnovi il prisco onor degli avi : 
O mostri almen eh' alla virtù Latina , 
O nulla manca , o sol la disciplina. 

Ma già tutte le squadre eran con bella 
Mostra passate , e 1' ultima fu questa : 
Quando Goffredo i maggior duci appella, 
K la sua mente lor f k manifesta. 
Come appaja diman V alba novella 
Vuo * che 1* oste s' invii leggiera e presta: 
Sicch' ella giunga alla citta sacrata , 
Quanto è possibil più , meno aspettata. 

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44 GERrSALEMME LIBERàTA. 

Preparatevi dunque ed al viaggi» 
Ed alla pugna , e alla vittoria ancora. 
Questo ardito parlar d' uom così saggio 
Sollecita ciascuno , e 1* av^ora. 
Tutti d' andar son pronti al novo raggio > 
E impazienti in aspettar V aurora. 
Ma 1 provvido Buglion sema ogni tema 
Non è però , benché nel cor la prema. 

PercV egK avea certe novelle intese. 
Che s' è d* Egitto il rè già posto in via 
In verso Ga«a , hello e forte arnese 
Da fronteggiare i regni di Soria. 
Né creder può , che l' nomo , a fiere imprese 
Avvezzo sempre , or lento in o«io stia ; 
Ma d* averlo aspettando aspro nemico ,. 
Parla al fedel suo messaggiero Enrico : 

Sovra una lieve saettia , tragitto 
Tuo * che tu faccia nella Greca terra. 
Ivi giunger dovea ( così m* ha scritto 
Chi mai per uso in avvisar non erra) 
Un giovine regal d' animo invitto ^ 
Ch' a farsi vien nostro compagno in guerra; 
Prence è de* Dani , e mena un grande stuolo 
Sin dai paesi sottoposti al polo. 

Ma perché '1 Greco imperator fallace 
Seco forse userà le solite arti , 
Per far cV o torni indietro , o ' 1 corso audace 
Torca in altre da noi lontane parti ; 
Tu , nunzio mio ^ tu , consiglier verace , 
In mio nome il disponi a ciò che parti 
Nostro e suo hene : e dì che tosto vegn* 
Che di Ini fora ogni tardanza indegna. 

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CANTO PRIMO. 46 

!NoB Tenìr seco tu ; ma resta appresso 
Al rè de ' Greci a procurar 1' ajato ; 
Che già più d' una volta a noi promesso , 
£ per ragion di patto anco dovuto. 
Cosi parla , e V informa ; e poiché '1 messo 
Le lettre ha di credenza , e di saluto ; 
Toglie affrettando il suo partir, congedo: 
£ tregua fa co' suoi pensier Goffredo. 

Il dì segnente , allor eh' aperte sono 
Del lucido oriente al sol le porte , 
Di tromhe udissi , e di tamhuri un suono , 
Ond' al cammino ogni guerrier s' esorte. 
Non è si grato ai caldi giorni il tuono , 
Che speranza di pioggia al mondo apporte^ 
Come fu caro alle feroci genti 
Jj altero suon de' bellici instrumenti. 

Tosto ciascun / da gran desio compunto ^ 
Teste le membra delle usate spoglie : 
£ tosto appar di tutte V arme in punto ; 
Tosto sotto i suoi duci ogn ' ubm s' accoglie* 
£ r ordinato esercito congiunto 
Tutte le sue bandiere al vento sciogtie ; ' 

£ nel vessillo imperiale e grande 
La trionfante Croce al ciel si spande. 

Intanto il sol , che de' celesti campi 
Tà più sempre ava usando , e in alto ascende j 
L' armi percote , e ne trae fiamme e lampi 
Tremuli e chiari , onde le viste offende, 
L' aria par di faville intomo avvampi , 
£ quasi d' alto incendio in forma ^lende ; 
E co' fieri nitrii il suono accorda 
Pel ferro scosso ^ e le campagne assorda « 



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AS GERUSALEMME LIBERATA. 

n capitan , che da ' nemici agguati 
he schiere sue d* assicurar desia , 
Molti a cavallo leggermente armati 
A scoprir il paese intorno invia. 
E innansi i guastatori avea mandati , 
Da cui si debba agevolar la via , 
E i voti luoghi empire , e spianar gli erti : 
£ da cui siano i chiusi passi aperti. 

Non h gente pagana insieme accolta , 
Non muro cinto di profonda fossa , 
Non gran torrente , o monte alpestre , o foltft 
Selva , che '1 lor viaggio arrestar possa. 
Così degli à)tri fiumi il rè talvolta, 
Quando superbo oltra misura ingrossa, 
Sovra le sponde ruinoso scorre : 
Ne cosa è mai che gli s' ardisca opporre* 

Sol di TripoU il rè , che 'n ben guardate 
Mura , genti , tesori , ed arme serra , 
Forse le schiere Franche avria tardate : 
Ma non osò di provocarle in guerra. 
Lor con messi , e con doni anco placatt 
Ricettò volontario entro la terra : 
E ricevè condizion di pace , 
Siccome imporle al pio Golfredo piace. 

Qui del monte Seir , eh' alto e sovrano 
Dall' oriente alla cittade è presso , 
Gran turba scese di fìdeti al piano , 
D' ogni età mescolata , e d' ogni sesso. 
Portò suoi doni al vincitor cristiano : 
Godea in mirarlo , e in ragionar con esso : 
Stupia dell' armi peregrine : e guida 
Ebbe da lor Go£&edo amica e fida.. 



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CÀTTTO PRIMO. j^7 

Condoce ei sempre alle marittime onde 
Vicino il campo per diritte strade ; , 

Sapendo ben che le propinque sponde 
. U amica armata costeggiando rade , 
La qual può far che tutto il campo abbonda 
De' necessarj arnesi ; e che le biade 
Ogn' isola de' Greci a lui sol mieta ; 
£ Scio pietrosa gli vendemmi , e Greta. 

Geme il -vicino mar sotto l' incarco 
Dell* alte navi , e de* più lievi pini : 
Sicché non s' apre omai sicuro varco 
Nel mar Mediterraneo ai Saracini. 
Ch' oltra quei eh' ha Giorgio armati , e Marco 
Ne* Yinixiani , e Liguri confini ; 
Altri Inghilterra , e Francia , ed altri Olanda , 
£ la fertil Sicilia altri ne manda. 
E questi che son tutti insieme uniti 

Con saldissimi lacci in un volere , 

S' eran carchi , e provvisti in varj liti 
Di ciò eh' è d* uopo alle terrestri schiere : 

Le quai , trovando liberi e sfomiti 

I passi de* nemici alle frontiere , 

In corso velocissimo sen vanno 

Là 've Cristo soffri mortale affanno. 
Ma precorsa è la Fama , apportatrice 

J5e* veraci romori , e de* bugiardi , 

Ch' unito è il campo vincitor fehce : 

Che già s' è mosso , e che non è chi '1 tardi: 

Quante e quai sian le squadre ella ridice : 

Narra il nome , e '1 valor de' più gagliardi : 

Narra i lor vanti , e con terribil faccia 

Gli usurpatori di Sion minacela. 



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48 GSR1TSJLI.SM1ÌE LIBEKATA. 

£ r aspetUr del male è mal peggiore 
Forse, che non parrebbe il mal presente; 
Pende ad ogn' aura incerta di romore 
Ogni orecchia sospesa , ed ogni mente : 
£ nn confuso bisbiglio , entro e di fuore.. 
Trascorre i campi , e la cittk dolente. 
Ma il vecchio rè ne' già vicìn perigli 
Tolge nel dnbblo cor fieri consigli. 

Aladin detto è il rè , che di quel regno 
^OYO signor, vive in continua tura. 
Uom già crudel ; ma '1 suo feroce ingegnp 
Pur mitigato avea V età matura. 
£gli , che de' Latini udì il disegno 
Ch' han d' assalir di sua città le mpra , 
Giunge al vecchio timor novi sospetti ; 
£ de' nemici pavé , e de' soggetti. 

Perocché dentro a una città commisto 
Popolo alberga , di contraria fede ; 
La debil parte e la minore in Cristo , 
La grande e forte in Macometto crede* 
Ma quando il rè fé' di SionT acquisto 
£ vi cercò di stabilir la sede , 
Scemò i pubblici pesi a' suoi pagani ; 
Ma più gravonne i miseri cristiani. 

Questo pensier , la ferità nativa 
Che dagli anni sopita, e fredda langue^ 
Irritando inasprisce , e larawiva 
Sì , eh' assetata è più che mai di sangue. 
Tal fero torna alla stagione estiva 
Quel che parve nel giel piacevol angue : 
Così leon domestico riprende , 
L' innato suo furor , a'aitri l' offendi;. 



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CANTO PRIMO. 49 

Veggio ( dicea ) deUa letisb noTa 
Veraci segni ia questa turba infida. 
Il danno universa! solo a lei giova > 
Sol nel pianto tomun par eh' ella rida. 
E forse insidie e tradimenti or cova, 
Rivolgendo fra se come m' uccida : 

come al 9Ù0 nemico , e suo consorte 
Popolo , occultamente apra le porte. 

Ma noi farh ; prevenirò questi empi 
Disegni loro , e sfogherommi appieno. ' 

Gli ucciderò , faronne acerbi scempj : 
Svenerò i figli alle lor madri in seno : 
Arderò loro alberghi, e insieme i temp). 
Questi i debiti rogbi ai morti fieno ; 
K su quel lor sepolcro , in messo ai voti , 
Vittime pria farò de' sacerdoti. 

Cosi r iniquo fra suo cor ragiona ; 
Pur non segue pensier sì mal concetto. 
Ma b' a quegli innocenti egli perdona^ 
£ di viltà , non di pietade effetto. 
Che s' tm timor a incrudelir lo sprona , 
Il ritien più potente altro sospetto : 
Troncar le vie d' accordo , e de' nemici 
Troppo teme irritar l' arme vittrici. 

Tempra dunque il £ellon la l'abbia insana 
Anzi altrove pur cerca ove la sfoghi \ 

1 rustici ^difiij abbatte e spiana , 

E da in preda alle fiamme i culti luoghi ; 
Parte alcuna non lascia integra o sana , 
Onde il Franco si pasca , ove s' alloghi ; 
Turba le fonti e i rivi , e le pure onde 
Di veneni mortiferi confonde. 

i. 6 

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5o GERUSALEMME LIBERATA. 

Spietatamente è cauto : e non obblia 
Di rinforxar Gerusalem frattanto. 
Da tre lati fortissima era pria : 
Sol verso Borea è men sicura alc[uanto. 
Ma da' primi sospetti ei le munia 
D' alti ripar il suo men forte canto ; 
E V accoglieagran cpiantitade , in fretU^ 
Di gente mercenaria e di soggetta. 



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GERUSALEMME LIBERATA. £l 



CANTO SECONDO. 



ARGOMENTO. 

Novo iDcanto fa Iimen , che vano uscito » 
Vuole Aladin che muoja ogni cristiano. 
La pudica Sofronia e Olindo ardito, 
Perchè cessi il furor del rè pagano , 
Voglion morir. Clorinda, il caso udito,. 
Non lascia lor piii de' ministri in mano. 
Argante , poi che quel eh' Atete dice 
Non cura il Franco , a lui guerra aspra ìndice. 

JVlEif TRE il tiranno s* apparecchia afl* armi, 
Soletto Ismene un di gli s' appresenta t 
Ismen , che trar di sotto ai chiusi marmi 
Può corpo estinto , e far che spiri e senta : 
Ismen , che al suon de' mormoranti carmi 
Fin nella reggia sua Pluto spaventa, 
"Eà i suoi Demoi^ negli empj ufficj impiega 
Pur come servi , e gli discioglie , e lega. 

Questi or Macone adora , e fu cristiano. 
Ma i primi riti anco lasciar non puote ; 
Ansi sovente in uso empio e profano 
Confonde le due leggi a se mal note. 
Ed or dalle spelonche , ove lontano ' 
Dal volgo , esercitar suol V arti ignote , 
Vien nel pnhhlico rischio al suo signore ; 
A rè malvagio cont iglier peggiore. 

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5» GERUSALEMME LIBERATA. 

Signor, dicea , sema tardar sen viene 
H vÌDcitor esercito temuto ; 
Ma facciam noi ciò che a noi far conviene ; 
Darà il ciel, darà il mondo ai forti ajato. 
Ben tu di ri , di duce hai tutte piene 
Le parti , e lunge hai visto e provveduto. 
S' empie in tal guisa ogn' altro i propj uffici. 
Tomba fia quesU terra a' tuoi nemici. 

Io quanto a me ne vengo, e del periglio, 
E dell' opre compagno ad aitarte. 
Ciò che può dar di vecchia età consiglio. 
Tutto prometto , e ciò che magica arte. 
Gli angeU che dal cielo ebbero esiglio 
Costringerò delle fatiche a parte. 
Ma dond' io vogBa incominciar gV incanti, 
E con quai modi , or narrerotti avanti. 
Nel tempio de' cristiani occulto giace 
Un sotterraneo altare ; e quivi è il volto 
Di colei, che sua diva , e madre face. 
Quel volgo , del suo Dio nato e sepolto. 
Dinanzi al simulacro accesa face 
Continua splende : egU è in un velo avvolto ; 
Pendono intomo in lungo ordine i voti , 
• Che vi portaro i creduli devoti. 
Or questa efl&gie lor , di la rapita , 
Vogho che tu di propria man trasporte , 
E la riponga entro la tua meschita : 
Io poscia incanto a^oprerò si forte , 
Ch* ©gnor, mentre ella qui fia custodita, 
Sark fatai custodia a queste porte. 
Tra mura inespugnabili il tuo impeio 
Sicuro fia per novo «Ito mistero. 



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CAUTO SECONDO. B9 

Sì disse , e 1 persuase : e impaziente 
Il rè sen corse alla magion di Dio, 
£^ sforzò i sacerdoti , e irreverente 
II casto simulacro indi rapio; 
C portoUo a quel tempio , ove sovente 
S' irrita il ciel col folle culto e rio. 
Nel profan loco , e su la sacra imago 
Susurrò poi le sue bestemmie il mago. 

Ma come apparse in ciel V alBa novella , 
Quel, cui r immondo tempio in guardia è dato^ 
Non rivide l' immagine , dov' ella 
Fu posta, e invan cerconne i^ altro lato. 
Tosto n' avvisa il rè, eh' alla novella 
Di lui si mostra fieramente irato : 
Ed immagina l>en eh' alcun fedele 
Abbia fatto quel furto, e che se '1 cele. 

O fu di man fedele opra furtiva , 
O pur il ciel qui sua potenza adopra 
Che di colei eh' è sua regina e diva, 
• Sdegna che loco vii l' immagin copra : 
Ch' incerta fama è ancor, se ciò s' ascrìva 
Ad arte umana, od a mirabil' opra. 
Bene è pietìi , die la pietade e '1 zelo 
Uman cedendo, autor sen creda il cielo. 

Il rè ne f k con importuna inchiesta 
Ricercare ogni chiesa, ogni magione: 
Ed a chi gli nasconde, o manifesta 
Il furto o il reo ^ gran pene , e premj impone. 
E '1 mago di spiarne anco non resta 
Con tutte r arti il ver ; ma non s' appone^: 
Che '1 cielo ( opra sua fosse , o fosse altrui) 
CeloUa, ad onta degV incanti, a lui. 

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L 



54 GERUSALEMME LIBERATA. 

Ma poiché 'I rè crudel vide occultarse 
Quel che peccato de' fedeli ei pensa ; 
Tutto in lor d' odio infellonissi, ed arse 
D'ira, e di rahhia immoderata immensa. 
Ogni rispetto ohbHa ; tuoI Yendicarse , 
Segua che pnote , e sfogar 1' alma accensa: 
Morrà, dicea, non andrà l'ira a voto, 
Nella strage comune il ladro ignoto. 

Purché '1 reo non si salvi, il giusto pera 
£ r innocente. Ma quel giusto io dico i 
£ colpevol ciascun, né in loro ^chiera 
Uom fu giammai del nostro nome amico. 
S' anima v' è nel novo error sincera, 
Basti a novella pena un fallo antico. 
Su, su, fedeli miei, su via prendete 
Le fiamme , e '1 ferro, ardete , ed uccidete. 

€osì parla alle turhe , e se n' intese 
La fama tra' fedeli immantinente, 
Ch* attoniti restar, sì gli sorprese 
Il timor della morte omai presente. 
£ non h chi la fuga , ó le difese. 
Lo scusare o '1 pregare ardisca, o lente ; 
Ma le timide genti e irresolute , 
Donde meno sperafo ebher salute. 

Vergine era fra lor di già matura 
Verginità , d* alti pensieri e regi : 
D' alta beltà , ma sua beltà non cura , 
O tanto sol quant' onestà sen fregi. 
£ il suo pregio maggior, che tra le mura 
D' angusta casa asconde i suoi gran pregi; 
E da' vagheggiatori ella s* invola 
Alle lodi, agli sguardi, inculta e sola. 

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CAKTO SECONDO. 55 

Pur guardia esser non può clie *n tutto celi 
Beltà degna eh' appaja, e che s* ammiri: 
IVè tu il consenti j Amor ; ma la riveli 
D' un giovinetto ai cupidi desirì. 
Amor, eh* or cieco, or Argo, ora ne veli 
Di benda gli occhi, ora cegli apri e giri; 
Tu per mille custodie entro ai più casti 
Verginei alberghi il guardo altrui portasti. 

Colei Sofronia, Olindo egli s' appella, 
D' una cittade entrambi, e d' una fede. 
Ei che modesto è si, com' essa è beUa , 
Brama assai, poco spera, e nulla chiede; 
IVè sa scoprirsi, o non ardisce : ed ella 
O lo sprezza , o noi vede , o non s' avvedéi. 
Così finora il misero ha servito 
O non visto , o mal noto , o mal gradita. 

S' ode r annunzio intanto , e che s'apprejBta 
Miserabile strage al popol loro. 
A lei che gjenerosa e ^antoV)nesta , 
Viene in pensier come salvar costoro. 
Muove fortezza il gran pensier ; 1' arresta 
Poi la vergogna , e '1 virginal decoro. 
Vince fortezza , anzi s* accorda e face 
Se vergognosa , e la vergogna audace. 

La vergine tra '1 volgo uscì soletta, 
^on coprì sue belleeee , e non 1' espose ; 
Kaccolse gli occhi, andò nel vel ristretta, 
Con ischive maniere, e generose. 
Non sai ben dir, s' adorAa, o se negktta, 
Se'caso, od arte*il bel volto compose ; 
Di natura , d* Amor, de' cieli amici 
Le negUgenxe sue sono artifici. 



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L 



S8 GERUSALEMME LIBERATA. 

Mirata da ciascun passa , e non mira 
h' altera donna , e innanii al rè sen viene ; 
IVè perchè irato il yeggia, il pie ritira , 
Ma il fero aspetto intrepida sostiene. 
Vengo, signor, gli disse, e 'nUnto l' ira 
Prego sospenda , e 1 tuo popolo afiìrene : 
Vengo a scoprirti , e Tengo a darti preso 
Quel reo che cerchi, onde sei tanto offeso. 

AU' onesta baldansa , all' improvviso 
Folgorar di belleue altere e sante , 
Quasi confuso il rè , quasi conquiso , 
Frenò lo sdegno , e j^cò il fier sembiante^ 
S' egli era d' alma , ó se costei di viso 
Severa manco , ci diveniane amante ; 
Ma ritrosa beltà ritroso core 
^on prende : e sono i vesii esca d' amore. 

Fu stupor , fu vagheua, e fu diletto , 
S' amor non fò, che mosse il cor villano. 
Narra, ei le dice, il tutto: ecco io commetto, 
Che non s' offenda il popol tuo cristiano. 
, £d ella : Il r^o si trpya al tuo cospetto ; 
Opra è il furto, signor, di questa mano : 
Io P' immagine tolsi: io son colei, 
Che tu ricerchi , e me punir tu dei. 

Così al pubblico fato il capo altero 
Offerse , e '1 volle in se sola raccorrà. 
Magnanima meniogna ! or quando è il vero 
Si bello, che si possa a te preporre ? 
Himan sospeso, e non si tosto il fero 
Tiranno aìl' ira , come suol, trascorre. 
Poi la richiede : Io vuo' che tu mi scopra 
Chi die consiglio , e chi fu i^ieme all' opra. 

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CANTO SECONDO. 

Non Tolli (ar della mia gloria altrui 
^è por miniala parte , eHa gH dice ; 
Sol di me stessa io consapevol fui, 
Sol consigliera, e sola esecutrice.. 
Dunque in te sola , ripigliò colui , 
Caderà V ira mia vendicatrice. 
Disse ella : È giusto ; esser a me con-viene > 
Se fui sola all' onor , sola al^ pene. 

Qui comincia il tiranno a risdegnarsi ; 
Poi le dimanda : Ot' hai l' imago ascosa ? 
Tion la nascosi , a lui risponde , io 1' arsi; 
£ r arderla stimai laudabH cosa. 
Così almen non potrà più Tiolarsi 
Per man de' miscredenti ingiuriosa. 
Signore y o chiedi il furto , o 1 ladro chiedi; 
Quel non -vedrai in etemo , e questo il vedi. 

Benché né furto è il, mio , né ladra io sono ; 
Giusto è ritor ciò eh' a gran torto è tolto. 
Or questo udendo , in minaccerò! suono 
Freme il tiranno , e '1 freu dell' ira è sciolto. 
Non speri più di ritrovar perdono 
Cor pudico , alta mente , o nohil volto: 
E indarno Amor , contra lo sdegno crudo y 
Di sua .vaga helletsa a lei Ta scudo. 

Presa è la bella donna , e incrudelito 
n rè la danna entro un incendio a morte. 
Già 1 velo , e 1 casto manto è a lei sopito ; 
Stringon le molli braccia aspre ritorte. 
KUa si tace ; e in lei non sbigottito , 
Ma pur commosso alquanto è il petto forte; 
E smarrisce il bel volto in un colore y 
Che non è palUdessa , ma candore. 



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£9 GERUSALEMME LIBERATA. 

Divulgossi il gran caso , e quivi tratto 
Già '1 popol s' era : Olindo anco ▼' accorse; 
Dubbia era la persona , e certo il fatto , 
Venia , cbe fosse la sua donna in forse. 
Come la bella prigioniera in atto 
IV on pur di rea , ma di dannata ei scorse ; 
Come i ministri al duro ufficio intenti 
Vide , precipitoso urtò le genti. 

Al rè gridò : Non h, non h gik rea 
Costei del furto , e per follia sen vanta. 
* Non pensò , non ardi, né far potea 
Donna sola e inesperta opra cotanta* 
Come ingannò i custodi ? e della Dea 
Con qual' arte involò l' immagin santa ? 
Se '1 fece, il narri. Io l'ho , signor, furata. 
Abi tanto amò la non amante amata ! 

Soggiunse poscia : Io la , donde riceve 
L' alta vostra mescbita e V anra e 'i die, 
Di notte ascesi, e trapassai per breve 
Foro , tentando inaccessibil vie. 
A me r onor, la morte a me si deve; 
Non usurpi costei le pene mie. 
Mie son quelle catene , e per me questa 
Fiamma s' accende , e '1 rogo a me s' appresta 

Alza Sofronia il viso , e umanametite 
Con occbi di pietade in lui rimira. 
A cbe ne vieni , o misero innocente ? 
Qual consiglio o furor, ti guida o tira } 
Non son' io dunque senza te possente 
A sostener ciò cbe d' un uom può Y ira ? 
Ho petto ancb' io cb* ad una morte crede 
Di bastar solo , e compagnia non chiede. 



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CAUTO SECONDO, Sg 

Parla cos\ all' amante , e noi dispone 
Si eh' egli si disdica, o pensier mute. 
O spettacolo grande , ove a tenzone 
Sono amore e magnanima virtute ! , 
Ove la morte al vincitor si pone 
In premio ; e '1 mal del vinto è la salute ! 
Ma più s' irrita il rè, quant' ella, ed esso 
£ più costante in incolpar se stesso. 

Fargli cbe vilipeso egli ne resti ; 
£ che 'n disprezzo suo spressin le pene. 
' Credasi, dice, ad ambo, e queUa e questi 
Vinca, e la palma sia qual si conviene. 
Indi accenna ai sergenti, i quai son {Hresti 
A legar il garzon di lor catene. 
Sona amhp stretti al palo stesso , e volto 
È il tergo al tergo, e '1 volto ascoso al volto. 

- Composto è lor d' intomo il rogo ornai , 
£ già le fiamme il mantice v' incita ; 
Quando il fanciullo in dolorosi lai 
Proruppe , e disse a lei eh' è seco unita: 
Qnesto dunque è quel laccio, ond' io sperai 
Teco accoppiarmi in compagnia di vita ? 
Questo è quel foco , eh' io credea che i cori 
Ne dovesse infiammar d' eguali ardori \ 

Altre fiamme , altri nodi Amor promise : 
Altri cen' apparecchia iniqua sorte. 
Troppo , ahi ben troppo , eUa giìi noi divise ! 
Ma duramente or ne congiunge in morte. 
Piacemi almen , poiché in sì strane guise 
Morir pur dei , del rogo esAer consorte , 
8e del letto non fui : duolmi il tuo fato , 
' Il mio DOD già , poich' io U moro a lato. 



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6o Gerusalemme liberata. 

Ed oh mia morte avTentnrbsa appieno! 
O fortunati miei dolci martiri ! 
S' impetrerò che giunto seno a seno., 
L' anima mia nella tua bocca io spiri : 
£ -venendo tu meco a un tempo meno , 
In me fuor mandi gli ultimi sospiri. 
C^osl dice piangendo ; ella ripigtia 
Soavemente , e in tai detti il consiglia: 

Amico , altri pensieri , altri lamenti 
Per più alta cagione il tempo chieda . 
Che non pensi a tue colpe ? e non Efunmenti 
Qual Dio prometta ai buoni ampia mercede f 
Soffri in suo nome , e fian dolci i tormenti , 
E lieto aspira alla superna sede. 
Mira il ciel comm' è bello , e mira sole, 
Ch' a se par che n' inviti , e ne console. 

Qui il volgo de ' Pagani il pianto estolle : 
Piange il fedel , ma in voci assai più basse. 
Un non éi> che d' inusitato e molle 
Par che nel duro petto al rè trapasse. 
£i presentillo , e si sdegnò ; nh volle 
Piegarsi , e gii occhi torse , e si ritrasse. 
Tu sola il duol comun non accompagni , 
Sofironia , e pianta da ciascun non piagni. 

Mentre sono in tal rischio , ecco un guerriero 
( Che tal parea ) d' alta sembiansa, e dégna : 
E mostra , d' arme e d' abito straniero , 
Che di lontan , peregrinando , vegna. 
La tigre che suU' elmo ha per cimiero , 
Tutti gli occhi a se trae , famosa insegna. 
Insegna usata da Qlorinda in guerra , 
Onde la credon lei , né '1 creder erra. 



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CANTO SECONDO. 6l 

Costei gì' ingegni ferammili , e gli usi 
TTutti sprexzÀ fin dall' età più acerba : 
Ai lavori d' Aracne , all' ago , ai fusi 
Inchinar lum degnò la man superba : ^ 

Fuggì gli abiti molli , e i lochi chiusi ; 
Che ne' campi onestate anco si serba : 
Armò d' orgoglio il toUo , e si com{Hacc[ae 
Rigido farlo, e più* rigido piaccpie. 

Tenera ancor , con pargoletta destra 
Strinse , e lento d' un corridore il morso : 
Trattò r asta e la spada , ed in palestra 
Indurò i membri , ed allenogli al corso : 
Poscia o per via montma , o per silvestra , 
L' orme seguì di fier leone e d' orso : 
Seguì le guerre , e in esse e fra le selve, 
Fera agli uomini parve , uomo alle belve. 

Tiene or costei dalle contrade Perse , 
Perchè ai Cristiani a suo porter resista ; 
Bench' altre volte ha di lor membra asperse 
Lie piagge , e 1' onda di lor sangue ha mista. 
Or quivi in arrivando a lei s' ofl'erse 
L' apparato di morte a prima vista. 
Di mirar vaga , e di saper qual fallo 
Condanna i rei , sospinge oltre il cavallo. 

Cedon le turbe , e i duo legati insieme 
Ella si ferma a riguardar dappresso ; 
Mira che 1' una tace , e 1' altro geme , 
£ più visor mostra il men forte sesso. 
Pianger luì vede in guisa d' uom , cui preme 
Pietà , non doglia , o duol non di se stesso : 
£ tacer lei con gli occhi al ciel sì fisa , 
Ch' ansi ' 1 morir par di quaggiù divisa. 
1. 6 

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6a GERUSALEMME tìBERATA. 

Clorinda intenerissi , e si condolse 
D' ambeduo loro , e lacrimonne alquanto^ 
Pur maggior sente il duoi per chi non duolse^ 
Più la muove il silenxio , e meno il ^pianto. 
Senza troppo indugiare ella si volse 
Ad un uom che canuto avea dà canto. 
Deh dimmi , chi son questi ? ed al martoro 
Qual gli conduce o sorte , o colpa loro ? 

Così pregollo : e da colui risposto 
Breve , ma pieno alle dimande fue. 
Stupissi udendo , e immaginò ben tosto 
Gh' egualmente innocenti eran que' due. 
Già di vietar lor morte ha in se proposto , 
Quanto potranno i preghi o I' armi sue. 
Pronta accorre alla fiamma , e fa ritrarla , 
Che già s' appressa : ed ai ministri parla. 

Alcun non sia di voi , che in questo duro 
Ufficio oltra seguire abbia baldanza , 
Finch' io non parli al rè : ben t' assicuro , 
Gh' ei non v ' accuserà di tal tardanza. 
Ubbidirò i sergenti , e mossi furo 
Da quella grande sua regal sembianza. 
Poi verso il rè si mosse , e lui tra via 
Ella trovò , che ' ncontra lei venia» 

Io son Clorinda , disse ; hai forse intesa 
Talor nomarmi , e qui , Sigùor , ne vegno , 
Per ritrovarmi teco alla difesa 
Della fede commune , e del tuo regno. , 
Son pronta ( imponi pure ) ad ogni impresa : 
L' alte non temo , e F umili non sdegno. 
Toglimi in campo aj^erlo , o pur tra ' 1 chiuso 
Delle mura impiegar , nulla ricuso. 

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CAUTO SECONDO. s 6i 

Tacque , e rispose il rè : Qual si clisginiita 
Terra è dall' Asia, o dal cammin del Sole, 
Tergine gloriosa , o-ve non gianta 
Sia la tua fama , e V onor tuo non vole ? 
Or che s' è la tua spada a me congiunta , 
D' ogni timor m' affidi , e mi console. 
Pion, s' esercito grande unito insieme 
Fosse in mio scampo , aTrei più certa ^>eine. 

Già già mi par eh' a giunger qu) Goffredo 

Oltra il dover indugi. Or tu dimandi 

Ch' impieghi io te : sol di te degne credo 

L' imprese malagevoli , e le grandi. 

Sovra i nostri guerrieri a te concedo 

Lo scettro , e legge sia quel che comandi. 

Così parlava : ella rendea cortese 

Grazie per lodi : indi il parlar riprese. 
Nova cosa parer dovrà per certo 

Che preceda ai servigi il guiderdone ; 

Ma tua bontà m' affida : io vuo' che ' n merto 

Del futuro servir que' rei mi done. 

In don gli chieggio , e pur, se 'ì fello è incerto, 
Gli danna indementissima ragione. 
Ma taccio questo , e taccio i segni espressi , 
Ond' argomento T innocenza in essi. 

E dirò sol , eh' è qui comun sentenza 
Che i Cristiani togliessero l' imago ; 
Ma discord' io da voi; né però senza 
Alta ragion del mio parer m ' appago. 
Fu delle nostre leggi irriverenza 
QueU' opra far che persuase il Mago ; 
Che non convien ne' nostri tempj a nui 
GÌ ' idoU avere , e men gì ' idoli altrui. 



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§4 GERUSÀIEMME LIDBRATA. 

Danqae suso a Macon recar mi giova 
n miracol dell' opra ; ed ei lo fece 
Per dimostrar che i tempj suoi con nova 
Rdigion contaminar non lece. . 
Faccia Ismeno , incantando , ogni sua prova y 
£gli a cui le malie son d'arme in vece : 
Trattiamo il ferro pur noi caTalieri ; 
Quest' arte è nostra, e 'n questa sol si speri. 

Tacque , ciò detto : e M rè, bench ' a pietade 
li' irato cor difficilmente pieghi , ^ 

Pur compiacer la volle : e '1 persuade 
Ragione , e '1 muove autorità di preghi.. 
Ahbian vita, rispose , e libertade , 
£ nulla a tanto intercessor si neghi. 
Siasi questa o giustizia , ovver perdono ; 
Innocenti gli assolvo , e rei gli dono« 

Così fìiron disciolti. Avventuroso 
Ben veramente fu d ' Olindo il fato ; 
Gh' atto potè mostrar, che ' n generoso 
Petto alfine ha d' amore amor destato. 
Va dal rogo alle notte, ed h già sposo 
Fatto di reo , non pur d' amante amato. 
Volle con lei morire : ella non schiva , 
Poiché seco non muor , che seco viva. 

Ma il sospettoso rè stimò periglio 
Tanta virtù congiunta aver vicina ; 
Onde, com' egli volle, ambo in esigUo 
Oltra i termini andar di Palestina. 
£i pur seguendo il suo crudel consiglio j 
Bandisce altri fedeli, altri confina. 
Oh come lascian mesti i pargoletti 
Figli, e gli antichi padri, e i dolci letti t 



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CANTO si:(:9ifDo. €i 

Dura dÌTÌsion ! scaccia sol quelli 
r>i forte corpo , e di feroce ingegno ; 
Ma il mansueto sesso , e gli anni imbelli 
Seco ritien^ siccome ostaggi, in pegno. 
Molti n' andaro errando^ altri rubelli 
Farsi, e più che ' 1 timor , potè lo sdegno.. 
Questi unirsi co* Franchi, e gl'/incontraro 
Appunto il di che in Ejnaus entraro. 

Emaus.è citta, cui Breve strada 
Dalla regal Gerusalem disgiunge : 
£d uom che lento a suq diporto vada ^ 
Se parte mattutino , a nona giunge. 
O quanto intender questo ai Franchi aggrada ! 
O quanto più ' 1 desio gli affretta e punge \ 
Ma perch ' oltre il meriggio U.sol già scende , 
Qui fa spiegare il Capitan, le tende. 

L* ayean già tese : e poco era remota ' 

L' alma luce del sol dali ' oceano ; 
Qnauflo due gran baroni in veste ignota 
Venir son visti , e *n portamento estrano. 
Ogni atto lor pacifico dinota 
€he vengon come amici al Capitano. 
Del gran rè dell' Egitto eran messaggi, ' 
£ motti intomo avean scudieri e paggi. 

Alete è l' un, chp da principio indegno 
Tra le brutture della plebe è sorto ; 
Ma rinnalxaro ai primi, onor del regno 
Parlar facondo e lusinghiero e scorto. 
Pieghevoli costumi, e vario ingegno. 
Al iSnger pronto , ali* ingannajce accorto ; 
Gran fabbro di calunnie, adorne in modi 
Novi , che son accuse > e pajon lodi. 

e. 

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9^ GERtrSALEMME LIBERATI. 

L* altro è il circasso Argante , nom che straniero 
Sen venne alla regal corte d' Egitto ; 
Ma de* satrapi fatto è dell' ihipero, 
£ in sommi gradi alla, milizia ascritto : 
Impaziente, inesorabil, fero , 
Neil* arme infaticabile ed invitto ; 
D* ogni Dio sprezzator, e clie ripone 
Nella ^ada sila legge , e sua ragione. 

Chiesero questi udiett^a , ed al cospetto 
Del famoso Goffredo ammessi entraro : 
E in umU seggio, e in un vestire scHetto 
Fra' suoi duci sedendo il ritrOvàro; 
Ma verace valor , benché negletto , 
È di se stesso a se fregio assai chiaro. 

Piccibl segno d * onor gli fece Argante , 

In guisa pur d' uom grande, e non curante. 
Ma la destra si pose Alete al seno ,_^ 

E chinò il capo , e piegò a iena i luttu ; 

E r onorò con ogni modo appien<T , 

Che di sua gente portino i costumi. 

Cominciò poscia ; e di sua bocca usctcno 

Più che mei dolci d' eloquenza i fiumi ; 

E perchè i Franchi han già il sermone appreso 

Della Soria , fu ciò eh * ei diàsfe inteso. 
O degno sol, cui d' ubbidire or degni 

Questa adunanza di fainosi eroi , 

Che per 1' addietro ancor le palme e i regni 

Da te conobbe , e dai consigli tuoi. 

Il nome tuo , che non riman tra i segni 

D* Alcide, omai risnona anco fra noit 

E la fama d * Egitto in ogni parte f 

Del tuo valor chiare novelle hk sprfrtc. 

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CAWTO SECONDO. 67 

Ni T ' è fra tanti alcun clie non le ascolte, 
Come egli suol le maraviglie estreme ; ^ 

Ma dal mio rè con istupore accolte 
Sono non sol , ma con diletto insieme : 
E s' appaga in nart-arle anco più volte, 
Amando in te ciò eh* altri invidia e teme. 
Ama il valore , e volontario elegge 
Teco unirsi d' amor, se non di legge. 

Da sì bcUft cagion dunque sospinto, 
L* amicizia e la pace a te richiede ; 
E '1 mewo, onde 1' un resti all' altro avvinto. 
Sia la virtù , s* esser non può la fede. 
Ma perchè inteso a vea che t ' eri accinto 
Per iscacciar V amico suo di sede ; 
VoUe, pria eh* altro male'indi seguisse, 
Ch' a te la mente sua per noi s' aprisse. 

E la sua ménte è tal : che se appagarti 
Vorrai di quanto hai fatto in guerra tuo , 
Ne Giudea molestar, né 1 * altre parti 
Che ricopre il favor del regno suo ; 
£i promette all' incontro assicurarti 
n non hen fetmo stato : e se voi duo 
Sarete uniti , or quando i Turchi e i Persi 
Potranno unqua sperar di riaversi ? 

Signor, gran cose in picciol tempo hai fatte, 
Che lunga etk porre in ohhlio non puote ; 
Eserciti, città, vinti, e disfatte, 
Suprati disagi, e strade ignote; 
Sicch' al grido, o smarrite o stupefatte 
Sonle Provincie intorno, e le remote; 
K se hen acquistar puoi novi imperi , 
Acquistar nova gloria indarno speri. 

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68 GERUSALEMME LIBERATA. 

Giunt» è tua gloria al sommo , e per 1' innancx 
Fuggir le dubbie guerre a te conviene ; 
Ch' QTe tu -vinca, sol di stoto avanci, 
Tih tua gloria maggior «juinci diviene : 
Ma 1' imperio acquistato e preso dianzi, 
E I' onor perdi, se *1 contrario avviene. 
Ben gioco h di fortuna audace e stolto , 
Por contra il poco e incerto , il certo e '1 molto» 

Ma il consiglio di ul , cui forse pesa 
Cb* altri gli acquisti a lungo andar conserve , 
E 1 ' aver sempre vinto in ogni impresa y 
E quella voglia naturai che ferve , 
E sempre è più ne' cor più grandi accesa» 
D' aver le genti tributarie e serve ; 
Faran, per avventura , a te la pace 
Fuggir , più cbe la guerra altri non face. 

T ' esorteranno a seguitar la strada 
Cbe t' è dal fato largamente aperta : 
A non depor questa famosa spada , 
Al cui valore ogni vittoria è certa , 
Fincbè la legge di Macon non cada : 
Fincbè r Asia per te non sia deserta. 
Dolci cose ad udire , e dolci inganni , 
Ònd' escon poi sovente estremi danni. 

Ma s' animosità gli occbi non benda , ' 

P^è il lume oscura in te della ragione , 
Scorgerai cb' ove tu la guerra prenda , 
Hai di temer ^ non di sperar cagione ; 
Cbè fortuna quaggiù varia a vicehda , 
Mandandoci venture or triste, or buone : 
Ed ai voli troppo alti e repentini 
Sogliono i precipixj esser vicini. 



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CAHTO SECONDO. 69 

'Dittimi yS* h danni tuoi i ' Egitto move y ' 
D * oro e d' armi potente , e d» consiglio : v 

£ s' arvieache la guerra anco rìnnove 
n Perso e ' 1 Turco, e di Gassano il figlio ; 
Qufii for«e opporre a si gran furia , o dove 
Ritrovar potrai scampo al tuo periglio ? 
Ti affida forse il rè malvagio Greco , 
Il qual dai sacri patti ignito è teco ì 

La fede Greca a chi non h palese ? ^ 

Tu da un sol tradimento ogn' altro impara : 

Anzi da mille ; perchè mille ha tese 
Insidie a voi la gente infida, awa. 

Dunque chi dianzi il passo a voi contese , 

Per voi la vita esporre or si prepara ? 

Chi le vie , che communi a tnti sono , 

^egò , del proprio sangue or farà dono ì 
Ma forse hai tu riposta ogni tua speme 

In queste squadre, ond' ora cinto siedi. 

Quei che sparsi vincesti uniti insieme 

Di vincer anco agevolmente credi : 

Sehhen son le tue schiere or molto sceme , 

Tra le guerre e i disagi, e tu tei vedi : 

Sehhen novo nemico a Ve s' accresce , 

E co' Persi e co * Turchi Egizj mesce. 
Or , quando pur estimi esser fatale , 

Che vincer non ti possa il ferro mai j 

Siati concesso : e siati appunto taU 

Il decreto del ciel, qual tu tei fai, 

Tinceratti la fame : a questo male 

Che rifogio , per Dio , che schermo avrai ì 

Vibra contra costei la lancia , e stringi 

La spada, e la vittoria anco ti fingi. 



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JO GERUSALEMME llBERATA. 

Ogni campo d* mtomo arso e distrtitta 
Ha la provida man degli abitanti ; 
E in chiuse mura ^ e in alte torri il frutto 
Riposto , al tuo "venir più giorni avanti. 
Tu eh' ardito siti qui ti sei condutto. 
Onde speri nutrir cavalli e fanti ? 
Dirai : 1' armata in mar cura ne prende. 
Da * venti dunque il viver tuo dipende ? 

Comanda forse tua fortuna ai venti , 
£ gli avvince a sua voglia , e gli diàlega ? 
Il mar eh' ai preghi è sordo , ed ai lamenti , 
Te solo udendo , al tuo voler si piega ? 
O non potranno pur le nostre genti , 
E le Perse e le Turche , unite in lega , 
Cosi potente armata in un raccorre , 
Ch' a questi legni tuoi si possa opporre ? 

Doppia tittoria a te , Signor , bisogna , 
S* hai dell* impresa a riportai* 1* onore. 
Una perdita sola , alta vergogna 
Può cagionarti , e danno anco maggiore ; 
Ch' ove la nostra armata in rotta pogna 
La tua , qui poi di fame in Campo more ; 
E ie tu sei perdente , indarno poi 
Saran vittoriosi i legni tuoi. 

Ora se in tKle stato anco rifiuti 
Col gran rè dell ' Egitto e pace e tregua , 
( Diasi licenza al ver ) 1 ' altre virtuti , 
Questo consiglio tuo non bene adegua. 
Ma voglia il ciel che * 1 tuo pensier si muti , i 
S* a guerra è volto, e che *1 contrario segua j 
Sicché r Asia respiri ornai dai lutti , 
E goda tu della vittoria i fruiti. 



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CAUTO SECONDO. 7I 

JNè voi , che del periglio e degli affanni , 
lìl «Iella gloria a lui siete consorti , 
' Il favor di fortuna or tanto inganni, 
Ohe nove guerre a provocar v' esorti. 
Ma , qual nocchier che dai marini inganni 
Hidutti ha i legni ai desiati porti, 
Haccor dovreste ornai le sparse vele , 
JNè fidarvi di nuovo al mar crudele. 

Qui tacque Alete; é *ì suo parlar seguirò 
Con basso mormorar que ' forti eroi : 
£ ben , negli atti disdegnosi , aprirò 
Quanto ciascun quella proposta annoi. 
XI capitan rivolse gU occhi in giro 
Tre volte e quattro, e mirò in fronte i suoi ; 
"Et poi nel volto di colui gli affìsse 
Ch' attendeala risposta, e cos) disse: 

Messaggter, dolcemente a noi sponesti 
Ora cortese, or minaccioso invito. 
8« 'l tuo rè m' ama , e loda i nostri gesti, 
£ sua mercede, e m' è 1' amor gradito. 
A quella parte poi, dove protesti 
La guera a noi del paganesmo unito ; 
Risponderò , come da me si suole, 
Liberi sensi in semplici parole. 

Sappi che tanto abbiam fin' or sofferto 
In mare, in terra, all' aria chiara e scura , 
Solo acciocché ne fosse il calle aper^p 
A quelle sacre e venérabil mura ; 
Per acquistar appo Dio grasia e mertOy 
Togliendo lor di servitù sì dura : - \ 

fih mai grave ne fia , per fin sì degno , 
Esporre onor mondano , e vita e regno. 



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m^ GERUSALEMME LIBERATA* 

Cbè nQn ambuiosi avari affetti 
Ne spronare all' impresa, e. ne ftir guida: 
Sgombri il Padre del ciel dai nostri petti 
Peste SI rea , s' in alcun pur s' annida; 
Né soffra cbe l' asperga , o che V infetti 
Di venen dolce , cbc piacendo ancida; 
Ma la sua man , che i duri cor penetra 
Soavemente , e .gli anmioUisce e spetra. 

Questa ha noi mossi, e questa ha noi cpnduttì> 
Tratti d' ogni periglio e d' ogni impaccio : 
Questa fa piani i monti, e i fiuìm asciutti , 
L' ardor toglie alla state , al verno il ghiaGoio : 
Placa del mare i tem{>estosi flutti: 
Stringe e rallenta questa a' venti il laccio : 
Quindi son 1' alte mura aperte ed arse, 
Quindi r armate schiere uccise e sparse. 

Quindi r ardir, quindi la speme nasce, 
Non dalle frali nostre fonte, e stanche; 
Non dall' armata,- e non da quante pasce 
Genti la Grecia , e non daU' armi Franche. 
Pur eh' ella mai non ci abbandonni e lasce, 
Poco dobbiam curar che altri ci manche. 
Chi sk come difende , e come fere. 
Soccorso ai suoi perigli altro non chere. 

Ma quando di sua aita ella ne privi 
Per gli error nostri , o per giudicj occulti ; 
Chi sia di noi eh' esser sepolto schivi 
Ove i membri di Dio fur già sepulti ? 
Noi morirem , ne invidia avremo ai vivi : 
Noi morirem , ma non morremo inulti ; 
Nel* Asia riderà di nostra sorte : 
Né pianta fi« da noi la nostra morte. 



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CÀUTO SEGOIfbO^ 73 

Non creder già che noi fuggiam la pace, 

Come guerra mortai si fugge e pavé ; 

Che r amicizia del tuo rè ne piace , 

^è r unirci con lui ne sarà grave. 

Ma s' al suo impero la Giudea soggiace, 

Tu '1 sai : perchè tal cura ei dunipie n' have ? 

13e' regni altrui V ac<{uisto ei non ci vieti, 

E regga in pace i suoi Uanquilli e lieti. 
C'osi rispose , e di pungente rabbia 

Ija risposta ad Argante il cor tratìsie : 

ISfè '1 celò già, ma con enfiate labbia 

Si trasse avanti al Capitano , e disse : 

Chi la pace non vuol, la guerra s' abbia; 

Che penuria giammai non fu di risse : 

E ben la pace ricusar tu mostri , 

Se non t' acqueti ai primi detti nostri. 
Indi il suo manto per lo lembo prese, 

CurvoUo , e fenne un seno , e '1 seno sporto , 

Così pur anco a ragionar riprese , 

Via più che prima dispettoso e torto : 

O sprewator delle più dubbie imprese • 

E guerra , e pace in questo sen t' apporto : 

Tua sia r elezione ; or ti consiglia 

Sen»' altro indugio , e qual più vuoi, ti piglia. 
L' atto fero , e '1 pailar tutti commosse 

A chiamar guerra in un concorde grido; 

Non attendendo che risposto fosse 

Dal magnanimo lor duce Goffrido. 

Spiegò quel crudo il seno e '1 manto scosse, 

Ed a guerra mortai , disse, vi sfido, 

E 'I disse in atto sì feroce ed empio , 

Che parve aprir di Giano il chiuso tempio. 
'• 7 

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74 GERUSAtEMME IrlBERATA. 

Parve eh' aprendo il $eno , indi traesse 
H furor pacxo, e la discordia fera; 
£ che negli occhi orribili gli ardesse 
La gran face d' AleUo e di Megera. 
Quel grande già , che incontra il cielo eresse 
ÌJ alta mole d' error , forse tal* era ; 
£ in cotal atto il rimirò Bahelie 
Aliar la fronte , e minacciar le stelle. 

Soggiunse allor Goffredo : Or riportate 
Al vostro rè, che venga e che s' affretti ; 
Che la guerra accettiam che minacciate : 
£ s' ei non vien , fra '1 Nilo suo n'aspetti. 
Accommiatò lor poscia in dolci e grate 
Maniere, e gli onorò di doni eletti: :, 

Biechissimo ad Alete un elmo diede, 
Ch' a Nicea concpiistò fra V altre prede. 

£hhe Argante una spada, e '1 fahro egregio 
L' else e 1 pomo le fé ' gemmato , e d' oro , 
Con magisterio talché perde il pregio 
Della ricca materia af^o il lavoro. 
Poi che la tempra , e La riochesf a e 1 fregio , 
Sottilmente da lui mirati foro , 
Disse Argante al Bnglion : Vedrai ben tosto 
Come da me il tao d(mo in uso è posto. 

Indi tolto congedo , è da lui ditto 
Al suo compagno : Or ce n' andremo ornai , 
Io ver Gerusalem , tu verso Egitto ; 
Tu col sol nuovo , io co ' notturni raì ; 
Ch' uopo di mia presensa, o di mio scrìtto 
£sser non può cola dove tn vai ; 
Reca tu la risposta , io dihragarmi 
Quinci non vuò , dove si trattan l' anni. ' 

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CAHTO SCCOHDO. 7$ 

Così di messa^gier fatto è nemico ; 
Sia fretta intempestÌTa o sia matura y 
JLà» ragion delle genti, e V uso antico 
S' offenda o no , né 1 {fensa egli, né 1 eDrit 
Sema risposta aver va per V amico 
Silensio deRe stelle all' alte nnra, 
D' indugio impaciente; ed a dii resta 
Già non men la dimora anco è molesta. 

Era la notte aUor eh' alto riposo 
Han r onde e i venti, e parea muto il mondo ; 
Gli animai lassi , e quei che '1 mare ondoso , 
O de ' licpiidi laghi alberga il fondo , 
E chi si giace in tana , o in mandra ascoso > 
E i (jinti augelli nell' ohhlio profondo 
Sotto il silenzio de' secreti orrori ^ 
Sopian gli affanni, e raddolciano i cori* 

Ma né 1 campo fedel , né '1 Franco duct 
Si discioglie nel sonno , o abnen s' accheta ; 
Tanta in loi^ cupidigia é che liluca 
Ornai nel ciel 1' alba aspettata e Ueta y 
Perché il cammin lor mostri , e gli coadnca 
Alla città ohe al^gran passaggio é meta. 
Mirano ad or ad or se raggio alcuno 
Spunti , e rischiarì delU notte il bruno. 



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7& GERUSALEMME tlBEKÀTÀ. 



CANTO TERZO. 



ARGOMENTO. 

Giange a Gernsalerome il campo : e qnivì 
In fera guisa è da Clorioda accolto. 
Sveglia in Erminia amor Tancredi : e vivi 
Fa i proprj incendj al discoprir d' un volto. 
Restan gli Àvvenlurier di duce privi : 
Ch' un sol colpo d' Argante a lor V ha tolto. 
Pietose essequie fangli. Il pio Buglione, 
Ch'antica selva si recida, impone. 

vjr I ▲ r aura messaggiera erast desta 

A nunsìa^ che se ne vien 1' aurora : 

Ella intanto s' adoma , e 1' aurea testa . 

Di rose, colte in paradiso, infiora ; 

Quando il campo , eh' all' arme ornai s' appresta y 

In voce mormoraTa alta e sonora, 

E prevenia le trombe: e queste poi 

Dier più lieti e canori i segni suoi. 

n saggio Capitan con dolce morso 
I desideri lor guida e seconda : 
Che più facil saria svolger il corso 
Presso Carìddi alla volubil' onda , 
O tardar Borea , allor che scuote il dorso 
Dell' Apennino, e i legni in mare affonda. 
Gli ordina , gì' incammina , e 'n snon gli r^gg* 
Rapido sì , ma rapido eoo legge. 



.dbyGóogle 



CANTO TER80. 77 

Ali ha GÌascnno al core , ed alt al piede : 
f^h del suo ratto andar però s' accorge. 
Ma quando il sol gli aridi campi fiede 
Con raggi assai ferventi, e in alto sorge j 
£cco apparir Gerusalem si vede : 
Ecco additar Gemsalem si scorge^: 
Kcco da mille voci unitamente 
Gerusalemme salutar si sente. 
Così di naviganti audace stuolo , 

Clie mova a ricercar estranio lid^ , 

E in mar dubbioso , e sotto ignoto polo . 

Provi 1 ' c»ide fallaci, e '1 vento infido : , / 

S ' alfin discopre il desiato suolo , 

Il saluta da lunge in lieto grido : 

E r uno all' altro il mostra , e intanto obblia 

La noja, e 'l mal della passata via. 

Al gran piacer cbe quella prima vista ^ 
Dolcemente spirò nell' altrui petto, 
Alta contrizion successe , mista 
Di timoroso e riverente affetto. 
Osano appena d' innalzar la vista 
Ver la città , di Cristo albergo eletto; 
Dove morV , dove sepolto fue , 
Dove poi rivesti le membra sue. 

Sommessi accenti, e tacite parole, 
Kotti singulti , e flebili sospiri 
Della gente, che in un s' allegra e duole, 
Fan che per 1 ' aria un mormorio s ' aggiri ; 
Qual nelle folte selve udir si suole , 
8 ' awien che tra le frondi il vento spiri ; 
O quale infra gli scogli , o presso ai lidi 
Sibila il mar, percos&o , in rauchi stridi. 

7- 

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T^g GERUSALSMUE LIBERATA. 

JVndo ciascuno il pie calca il sentiero ; 
Che r esempio de' duci ogni altro mòvt. 
Serico fregio e d* or^ [Huma o cimiero 
Superbo dal suo capo ogn' un rìmo-ve : 
Ed insieme del cor 1' abito altero 
Depone , e caldee pie lagrime piove. 
Pur , quasi al pianto abbia la via rinchiusa 
Così parlando ogn' un se stesso accusa : 

Dun<]ue OTe ta, Signor , di mille rivi 
Sanguinosi il terren lasciasti asperso , 
D' amaro pianto afanen due fonti vivi 
In sì aced^a memoria oggi io non verso ? 
Agghiacciato mio cor, che non derivi 
Per gli occhi, e stffli in lagrime converso ' 
Duro mio cor , che non ti spetri e frangi ? 
Pianger ben merti ogn' or , s' ora non piangi. 

Dalla cittade intanto nn eh' alla guarda 
Sta d' alta torre , e scopre i monti e i campi, 
Colk giuso la polve aliarsi guarda , 
Sicché par che gran nube in aria stampi : 
Par che baleni quella nube ed arda , 
Come di fiamtoie gravida , p di lampi : 
Poi lo splendor de' Incidi metalli 
Sceme , e distingue gli uomini , e i cavalli. 
Allor grivada : Oh qual per 1' aria stesa 
Polvere io veggio ! o come par che splenda ! 
Su , suso , o cittadini , idla difesa 
S ' armi ciascun veloce , e i muri asceìida : 
Già presente è il nemico. E poi ripresa 
La voce : ogn* un s' afiiretti, e l* arme prenda: 
Ecco il nemico , è qui : mira la polve , 
Che sotto orrida nebbia il cielo involvc. 

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.CAWTO TEKZO. 79 

I semplici fnnciuUi , e i vecclii inenni y 
£ ' 1 volgo delle donne sbigottite 

Che non sanno ferir , né fore schermi , / 

Traean supplici e mesti alle meschite. 
Oli altri di memhra , e d' anima più ferrai 
Già frettolosi 1 ' arme avean rapite. 
Accorre altri aUe porte , altri alle mmra : 
11 rè va intorno , e '1 tatto Tede e «ira. 

Oli ordini diede , e poscia ei si ritrasse 
Ove sorge una torre infra due porte , 
Sicch' è presso al bisogno ; e son pia basse 
Quindi le piagge , e le montagne scorte. 
Volle che quivi seco Erminia andasse : 
Erminia bella , eh' ei raccolse in corte , 
Poi eh' a lei fa dalle Cristiane s<|uadre * 
Presa Antiochia , e morto il rè suo padre. 

Clorinda intanto incontra ai Franchi è gita : 
Molti van seco , ed ella a tutti è innante. 

Ma in altra parte , ond' è secreta uscita, 

Stk preparato alle riscosse Argante. 

La generosa i suoi seguaci incita 

Co' detti, e con l' intrepido seminante ; 

Ben con alto principio a noi conviene , 

Dicea-, fondar dell ' Asia oggi la spene. 
Mentre ragiona a ' suoi , non lunge scorse 

Un Franco stuolo addur mstijche prede ; 

Che ( come è 1 ' uso ) a depredar precorse , 

Or con gregge ed armenti al campo rìede. 

Ella ver loro , e verso lei sen corse 

II duce lor , eh' a se vemr la vede. 

Cardo il duce è nomato , uom di gran possa ^ 
Ma non già tal eh' a lei resister possa. 

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gp GERUSALEMME LIBERATA. 

Cardo a quel fero scontro è spinto a terra 
In su gli occbi de' Franchi e de ' Pagani , 
Ch' allor tutti gridar , di quella guerra 
Lieti auguri prendendo , i quai fiur vani. 
Spronando addosso agli altri ella si serra , 
£ vai la destra sua |>er cento mani. 
Seguirla i suoi guerrier per quella strada'. 
Che spianar gli orti , e che s' apr\ la spada. 

Tosto la preda al predator ritoglie : 
Cede lo stuol de ' Franchi a poco a poco ; 
Tanto che ' n cima a un colle ei si raccoglie , 
Ove ajutate son 1 ' arme dal loco. 
Allor , siccome tùrbine si scioglie 
£ cade dalle ntthi aereo foco y 
Il buon^ancredt , a cui Cofiredo accenna y 
Sua squadra mosse , ed arrestò l ' antenna. 

Porta s\ salda la gran lancia , e in guisa 
Vien feroce e leggiadro il giovinetto , 
Che veggendolo d' alto, ilrè s* avvisa 
Che sia guerriero infra gli scelti eletto. 
Onde dice a colei eh' è seco assisa , 
E che già sente palpitarsi il petto : 
Ben conoscer dei tu per sì lungo uso 
Ogni Cristian , benché nell' armi chiuso. 

Chi h dunque costui che cosi bene 
S ' adatta in giostra , e fiero in vista è tanto ? 
A quella , in vece di risposta , viene 
Su le labbra un sospir , su gli occhi il pianto. 
Pur gli spirti e le lagrime ritiene , 
Ma non così che lor non mostri alquanto : 
Che gli occhi pregni un bel purpureo giro. 
Tinse, e roco spuntò mezso il sospiro.. 



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CANTO TERZO. %l 

Poi gli dice infingevole , e nasconde ^ 
Sotto il manto dell ' odio altro desio : 
Oimè ! bene il conosco , ed ho ben donde • 
Fra mille riconoscerlo deggia io. 
Che spesso il vidi i campi e le profonde 
Fosse del sangue empir del popol mio. 
Ahi quanto è crudo nel feiire ! e a piaga 
Ch' éi faccia erba non giova od arte maga. - 
« £gli h il Prence Tancredi : oh prigioniero 
Mio fosse un giorno ! e noi vorrei già morto : - 
Vivo il vorrei , perchè * n me desse al fero 
Desio dolce vendetta alcun conforto. 
Così parlava, e de' suoi detti il vero , 
Da chi r udiva , in altro senso è torto; 
E fuor n ' USCI con le sue voci estreme 
Misto un sospìr eh' indarno ella già preme. 

Clorinda y:itanto ad incontrar 1' assalto 
Ya di Tancredi , e pon la lancia in resta. 
Ferirsi aUe visiere , e i tronchi in alto 
Yolaro , e parte nuda ella ne resta : 
Che , rotti i lacci ali ' elmo suo , d ' un salto 
( Mirabil colpo ! ) ei le balzò di testa : 
E le chiome dorate al vento sparse , 
Giovane donna in messo '1 campo apparse. 

Lampeggiar gli occhi , e folgorar gli sguardi 
Dolci neH ' ira ; or che sarìan nel riso ? 
Tancredi , a che pur pensi ? a che pur guardi ì 
Non riconosci tu 1' amato viso ? 
Quest ' è pur quel bel volto , onde tutt ' ardi : 
Tuo core il dica , ov ' è il suo esempio inciso : 
Questa è colei che rinfrescar la fronte 
Ytdesti già nel solitario fonte. 



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iSft GERUSALEMME LIBERATA. 

Ei eh' al cimiero , ed al dipinto scado 

Non badò prima , or, lei reggendo , impetra* 

Ella , quanto può meglio , il capo ignudo 

Si ricopre , e 1 ' assale ; ed ei s ' arretra. 

y à contra gli altri , e mota il ferro crudo ; 

Ma però da lei pace non impetra ; 

Che minacciosa il segue , e Volgi , grida : 
£ di due morti in un punto Io sfida. 
Percosso il cavalier non ripercote ; 
Né si dal ferro a rìguardarsi attende, 

.Come a guardar i begli occhi e le gote, 

Ond' Amor 1 ' arco inevitabil tende. 

Fra se dicea : Van le percosse vote 

Talor che la sua destra armata scende : 

Ma colpo mai del bello ignudo volto 

Non cade in fallo , e sempre il cor m ' è colto* 

Risolve alfin , benché pietk non sptre , 
Di non morir , tacendo , occulto amante. 
Vuol eh' ella sappia eh' un prìgion suo fere 
Già inerme , e supplichevole e tremante. 
Onde lie dice : O tu che mostri avere 
Per nemico me sol fra turbe tante , 
Usci^m di questa mischia ; ed in disparte 
Io potrò teco , e tu meco provaite. 

Cos) me' si vedrà s' al tuo s' agguaglia 
IT mio valore. EUa accettò 1 ' invito , 
E come esser seni ' elmo a lei non caglia , 
Già baldanzosa , ed ei seguia smarrito. 
Recata s ' era in atto di battaglia 
Già la guerriera , e già V avea ferito ; 
Quand' egli , Or ferma, disse , e siano fatti 
Ansi la pugna della pugna i patti*. 



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ClHTO TERZO. 83 

Fennossi , e lui xii pauroso audace 
Rende iu «pel punto il disperato amore. ' 

I patti sian , dicea , poiché tu pace 
Meco non vuoi , che tu mi tragga il core. 

II mio cor , non più mio , s ' a te dispiace 
Ch' egli più viva , volontario more. 

£ tuo gran tempo : e tempo è ben che trarlo 
Ornai tu debha ; e non dehb' io vietarlo : 

Ecco io chino le braccia , e t' appresento 
8ensa difesa il petto ; or che noi fiedi ? 
Vuoi eh' agevoli 1 ' opra ? io son contento 
Trarrai 1' usbergo or or , se nudo il chiedi. 
Distingnea forse in più duro lamento 
I suoi dolori il misero Tancredi ; 
Ma calca l' impedisce intempestiva 
De' Pagani e de ' suoi , che soprarrìva. 
Gedean cacciati dallo stuol Cristiano 
I Palettini , o sia temensa od arte. 

Un de ' persecutori, uomo inumano , 

Yidele sventolar le chiome sparte : 

£ da tergo , in passando , aùò la mano 

Per ferir lei nella sua ignuda parte ; 

Ma Tancredi gridò , che se n' accorse , 

£ con la spada a quel gran colpo accorse. 
Pur non g\ tutto invano , e ne ' confini 

Del bianco cotto il bel capo fenile. 

Fu levissima piaga , e i biondi crini 

Rosseggiaron cos\ d' al<juante stille , 

Comej'osseggìa 1' or che di rubini 

Per man d' illustre artefice sfaville. 

Ma il Prence infuriato , attor si spinse 

▲ddoaao a quel vittano , e * l ferro strinae. \ 



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84 GERUSALEMME LIBERATA. 

Qiftl si dilegua , e questi acceso d' ira 
Il segue ; e Yan come per 1 ' aria strale. 
Ella riman sospesa , ed ambo mira 
Lontaui molto , né seguir le cale : 
Ma co * suoi fuggitivi si ritira ; ^ 

Talor mostra la fronte , e i Franchi assafe : 
Or si volge , or rivolge , or fugge , or fuga ; 
Ne si può dir la sua caccia , ne fuga. 

Tal gran tauro talor ncll' ampio agone, 
Se volge il corno ai cani , onde è seguito ^ 
S ' arretran essi ; e s * a fuggir si poue , 
Ciascun ritoma a seguitarlo ardito. 
Clorinda, nel fuggir, da tergo oppone 
Alto lo scudo ,"e '1 capo è custod^o. 
Cosi coperti van ne ' giuochi Mori 
Dalle palle lanciate i fuggium. 

Già questi seguitando , e quei fuggendo 
S ' erano ali ' alte mura avvicinati , 
Quando alzaro i Pagani un grido orrendo^ 
£ indietro si fhr subito voltati ; 
£ fecero un gran giro , e poi volgendo 
Bitomaro a ferir le spalle e i lati : 
£ intanto Argante giù movea dal monte 
La schiera sua , per assalirgli a fronte. 

Il feroce Circasso uscì di stuolo ; 
Ch* esser voli' egli il feritor primiero : 
£ quegli , in cui ferì , fu steso al suolo , 
£ sossopra in un fascio il suo destriero : 
£ pri^ che 1 ' asta in trónchi andasse a volo , 
Molti , cadendo , compagnia gli fero ; 
• Poi stringe il ferro , e quando giunge appieno, 
Sempre uccide , od abbatte ^ o piaga almeno. 



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CIHTO TERZO. 85 

Clorinda emula sua tolse di -vita 

n forte Ardelio , uom gik d' età matura ; 

Ma di vecchiesza indomita , e munita 

I>i due gran figli , e pur non fu sicura ; 

Oh' Aleandro il maggior figlio aspra ferita 

Himosso avea dalla patema cura : 

£ Polifemo , che restogli appresso , 

A gran pena salvar potè se stesso. 

Ma Tancredi, dappoi eh' egli non giunge 
Quel TiUah , che destriero ha più corrente , 
Si mira addietro , e vede hen che lunge 
Troppo è trascorsa la sua audace gente : 
"Vedela intorniata , e '1 corsier punge , 
Volgendo il freno , e là s ' invia repente : 
Ned egli solo i suoi gnerrier soccorre ; 
Ma quello stuol eh' a tutti i rìschi accorre.^ 

Quel di Dudon awenturier drappello , 
Fior de^li eroi , nerho*e vigor del campo. 
Kinaldo il più magnanimo e '1 più hello , 
Tutti precorre ; ed è men ratto il lampo. 
Ben tosto il portamento e '1 hianco augello 
Conosce Erminia nel celeste campo ; 
£ dice«al rè che ' n lui fissa lo sguardo : 
Eccoti il domator d' ogni gagliardo. 

Questi ha nel pregio della spada eguali 
Pochi, o nessuno, ed è fanciullo ancora. 
Se fosser tra ' nemici altri sei tali , 
Già Scria tutt^ vinta e serva fora : 
£ gik domi sarebbono i più australi 
Regni , e i regni più prossimi all' aurora : 
£ forse il Nilo occulterebbe invano , 
Dal giogo , il .capa incognito et lontano. 

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tS GERUSALEMME LIBERALA. ^ 

Rinaldo ha nome; e la sna clestra irata 
Temon più d' ogni machina le mora. 
Or Tolgi gli occhi ov ' io ti mostro , e guatii 
Colui che d* oro e verde hk 1* armatura : 
Quegli è Dudone, ed è da lui guidata 
Questa schiera , che schiera è di ventura : 
È guerrier d' alto sangue, e molto esperto , 
Che d' etk vince, e non cede di merto. 
^ Mira quel grande eh' h coperto a bruno , 
£ Gemando il fratel del rè ?lonregio : 
JNon ha la terra uom più superbo alcuno ; 
Questo sol de' suoi fatti oscilra il pregio. 
E spn que ' duo che van sì giunti in uno , 
£d han bianco il vestir, bianco ogni fregio ^ 
Gildippe ed Odoardo , amanti e sposi , 
In valor d' arme , e in lealtà famosi. 

Cosi parlava ; e già vedeaU là sotto 
Come la strage più e più s' ingresse ; 
Che Tancredi e Rinaldo il cerchio han rotto , 
Benché d' uommi denso e d' armi fosse, 
£ poi lo fttuol eh' è da Dudon condotto 
.Ti giunse , ed aspramente anco il percosse. 
Argante, Argante stesso , ad un grand' urto 
Di Rinaldo , abbattuto , appena è surto. 

ISh sorgea forse ; ma in quel punto stesso 
Al figliuol di Bertoldo il destrier cade : 
£ restandogli sotto il piede oppresso , 
Convien eh' indi a ritrarlo alquanto bade. 
Lo stnol Pagan frattanto in rotta messo , 
Si ripara agendo alla tittade. 
Soli Argante e Clorinda , argine e sponda 
Sono al iarar che lor da tergo inonda. 



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I 



CAITTO TERZO Ì7 

tnUmi Tanno , e T impeto seguente 
In lor 8 ' arresta akjnanto , e sì re{nime ; 
Sicché potcan man perigjUosaoiente 
Quelle genti fuggir, che ftiggian [ttinie. 
Segue Dudon nelb TÌttoria ardente 
1 f^iggitiyi, e '1 fier Tigrane opprime 
Con V* urto del ca-vallo ; e con la spada 
Fa che scemo del capo a terra cada. 

Né giova ad Algassarre il fino ushergo y 
IVed a Corban robnsto il forte elmetto ; 
Che in guisa lor ferì la nuca e ' 1 tergo , 
Che ne pass^ la piaga al viso , al petto : 
£ per sua mano ancor del dolce albergo 
L' alma uscì d' Auiurate , e di Meemetto , 
£ del crudo Almansor; né '1 gran Circasso 
Può sicuro da hu mover il passo. 

Freme in se stesso Argante , e pur tahrdu 
Si (erma e volge, e poi cede por anco. 
Alfin così improvviso a lui si volta , 
£ di tanto rovescio il coglie al fianco , 
Che dentro il ferro vi s' immerge , e tolta 
E dal colpo la vita al duce Franco. 
Cade , e g^ occhi eh' appena aprir si poono, 
l>ura quiete preme « e ferreo sonno. 

Gli aprì tre volte , e i dolci rai del cielo 
CercÀ fruire , • sovra un braccio aliarsi : 
E tre volte ricadde , e fosco velo 
Gli occhi adombrò , che stanchi alfin serrarsi. 
Si dissolvono i membri , e '1 mortai gelo 
Irrigiditi , e di sndor gK hk sparsi. , 
Sovra il corpo già morto il fero Argante 
Punto non bada , e via trascorre avante. 



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88 GERUSALEMME LIBERATA. 

Con tatto ciò , sebben à' andar non cess». 
Si volge ai franchi , e grida : O cavalierì , 
Questa sanguigna spada è quella stessa , 
Che '1 Signor vostro mi donò pur jeri : 
Ditegli come in uso oggi 1' ho messa ; 
.Gh' udirà la no-^ffella ei volentieri : 
E caro esser gli dee che ' 1 suo hel dono 
Sia conosciiito al paragon sì buono. 

Ditegli che vederne ornai s' aspetti 
IVeUe viscere sue più certa prova : 
E quando d' assalirne ei non s* affretti ^ 
Verrò , non aspettato , ov ' ei si trova. 
Irritati i Cristiani ai ferì detti, 
Tutti ver lui già si moveano a prova ; 
Ma con gli altrì esso è già corso in sicuro 
Sotto la guardia dell' amico muro. 

I difensori a grandinar le pietre 
Dall ' alte mura in guisa incominciaro , 
E quasi innumerabili faretre 
Tante saette agti archi ministrare , 
Che fona è pur , che '1 Franco stuol s' arretre : 
E i Saracin nella cittade entraro. 
Ma già Kinaldo , avendo U pie sottratto 
Al giacente destrìer , s ' era qui tratto. 

Venia per far nel barbaro omicida 
Dell' estinto Dudone aspra vendetta ; 
E fra ' suoi giunto , alteramente grìda : , 
Or qua! indugio è questo ? e che s' aspetta ? 
Poich' è morto il signor che ne fu guida , 
Che non corriamo a vendicarlo in fretttt i 
Dunque in s\ grave occasion di sdegno 
Esser può fragil muro a noi ritegno ì 



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CABTa TERZO. 85 

Non , se di fei^o doppio , o- d ' adamante 
Questa muraglia impenetrabil fosse , 
Cola dentro sicuro il fero Argante 
S ' appiatteria dalle vostr' alte posse. 
Andiam pure ali ' assalto : ed egli innante 
A tutti gli alt4l in questo dir si mosse ; 
Che nulla teme la sicura t^sta 
O di sassi o dv strai nembo o tempesta. 

£i crollando il gran capo , alxa la feiccia 
Piena di sì terribile ardimento , 
Che fin dentro alle mura i cori aggbiaccia 
Ai difensor d' insolito spavento. 
Mentre egli altri rincora , altri minaccia , 
Sopravvien cbi reprime il suo talento : 
Cbè Goffiredo lor manda il buon Sigiero , 
De * gravi imperj suoi nunsio severo. 

Questi sgrida , in suo nome , il troppo ardire , 
E incontinente il ritornar impone. 
Tornatene , dicca , cb ' alle vostr' ire 
IVon è il loco opportuno , o la stagione. ^ 

Goffredo il vi comanda. A questo dire 
Rinaldo se frenò , eh' altrui fu sprone : 
Benché dentro ne frema , e in più d ' un segno 
Dimostri fuore il mal celato sdegno. 

Tornar le schiere indietro , e dai nemici 
Non fu il ritorno lor punto turbato : 
Né in parte idcuna degli estremi uffici 
n corpo di Dudon restò fraudato. 
Su le pietose- braccia i fidi amici 
Portarlo , caro peso ed onorato. 
Mira intanto il fiuglion d' eccelsa parte 
Della forte cittade il sito e 1' arte. 

8. 

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90 GERUSALEMME LIBERATA. 

Gernsaleni sovra due colli h posta 
D' impari aliena , e -volti fronte a fronle : 
Va per lo messo tao -valle mterposta 
Che lei distingue , e 1' «i dall' altro monte. 
Fuor da trt lati ha malage-rol costa : 
Per r altro Tassi , • non par ^e si monte. 
Ma d' altissime mura è più difesa 
La parte piana , e 'ncontra Borea stesa. 

La cìttk dentro kk lochi, in coi si serba 
L' acqua che piove , e laghi e Conti viri ; 
Ma fuor la terra intomo è nuda d' erba, 
£ di fontane sterile , e di rivi. 
Né si vede fiorir lieta • superba 
D' alberi, e &re schermò ai raggi estivi ; 
Se non se in quanto oltra sei miglia un bosco 
Sorge d' ombi« nocenti orride e fosco. 

Hk da quel lato donde il giorno appare , 
Del felice Giordan le nobil' onde ; 
E dalla parte Occidental , del mure 
Mediterraneo le arenose sponde. 
Verso Borea è Betel , di' alce i' altare 
Al bue dell * oro , e la Samaria ; • donde 
Austro portar le suol piovoso nembo , 
Betelem che '1 gran parto accolse in grembo. 

Or mentre guarda e 1' alte mura e '1 sita 
Della città , Goffredo , e del paese ; 
£ pensa ove s ' accampi , onde assaUto 
Sia il muro ostil pità facile ali ' offese ; 
Erminia il vide , e dimostrollo a dito 
Al rh pagano , e cosi ji dir riprese : 
Goffredo è quel che nel purpureo mante 
Ha di regio e d' angusto in se cotanto. 



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CINTO TERZO. 9i 

Teramente è costui nato all' impero ^ - 
Sì del regnar , del comandar sa 1' arti : 
£ non minor clie duce è caTaliero ; 
Ma del doppio valor tutte lià le parti* 
JVè fra tofba s) grande, aom più guerriero, 
O più saggio dì lui potrei. mostranti. 
Sol Raimondo in conùgUo , ed in battaglia 
Sol Rinaldo e Tancredi a lui s' agguagKa. 

Risponde tA rè pagan : l>en ho di lui 
Contessa , e 1 -vidi aDa gran corte in Francia, * 
Quand' io d' Egitto measaggier tì fui: 
£ 1 vidi ìé nobil giostra oprar la lancia. 
E sebben gli anni giovinetti sui 
Non gli veStian di piume ancor la guancia , 
Pur dava ai detti, all' opre, «Uè sembianse, 
Presagio ornai d* altisnme speranse. 

Presagio alii troppo vero ! e tpù le ciglia 
Turbate inchina , e poi le innaka , e chiede ; 
Dimmi chi sia colui eh' ha pur vermiglia 
La sopravvesta , e seco a par » vede. 
O quanto di sembianti a lui somiglia, 
Sebhen alquanto di statura cede. 
£ Baldovin , risponde , « ben si scopre 
Nel volto a lui fratel, ma più n^ opre. 

Or rimira colui, che quasi in modo 
D' uom che consigli , stk dall' altro fianco : 
Quegli è Raimondo , il qnal tanto ti lodo' 
D' accorgimento, uom già canuto e bianco. 
Non è chi tesser me' beflico frodo 
Di lui sapesse , o sia Latino o Franco.- 
Ma quell' altro più in là , eh' orato ha l' elmo , 
Del rè Britanno è il b«on figlinol Guglielmo. 



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9» GERUSALEMME LIBERATA. 

V h Guelfo seco , e gli è d' opre leggiadre 
Emulo , e d' alto sangue , e d' alto stato. 
Ben il conosco alle sue spalle quadre, 
Ed a quel petto colmo e rBevato. 
Ma '1 gran nemico mio tra queste squadre 
Già riveder, non posso , e pur vi guato. 
Jo dico Boemondo il micidiale, 
Distruggitor del sangue mio reale. 

Cosìparlavan questi; e '1 Capitano , 
Poi eh' intomo ha mirato , ai suoi discende. 
E perchè crede che la terra in vano 
S' oppugneria, dove il più erto ascende; 
Contra la porta aquilonar , nel piano 
Che con lei si congiunge , alxa le tende ; 
E quinci procedendo , infra la torre 
Che chiamano Angolar, gli altri Ta porre. . 

Da quel giro del campo è contenuto 
Della cittade il terso , o poco meno : 
Che d' ogni intorno non avrìa potuto 
( Cotanto ella volgea ) cingerla appieno. 
Ma le vie tutte, ond' aver puote ajuto , 
Tenta Goffredo d* impedirle almeno : 
Ed occupar fa gli opportuni passi, 
Onde da lei si viene ^ ed a lei vassi. 

Impon che sian le tende indi munite 
E di fosse profonde , e di trinciere : 
Che d' una parte a ciUadine uscite. 
Dall' altra oppone a correrie straniere. 
Ma poi che fur queste opere fomite. 
Voli' egli il corpo di Dudon vedere : 
E colà trasse, ove il huon duce estinto 
Da mesta turba e lagrimosa è cinto. 



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CAUTO TERZO, 95' 

Di nol>ìl pompa t fidi amici oi^iaf o 
Il gran feretro , ove sublime ei giac«. 
Quando Goffredo entrò ,. le turbe alzaro • 
La voce assai più flebile e loquace. ' 
Ma con volto né torbido , ne chiaro 
Frena il suo affetto il pio Buglione, e tace. 
E poi che 'n lui, pensando , alquanto fisse 
Le luci ebbe tenute , alfin sì disse. 

Già no9 si deve a te doglia né pianto ; 
Che se muori nel mondo, in ciel rinasci: 
E qui dove ti spogli il mortai manto, 
Di gloria impresse alte vestigia lasci. 
Vivesti qual guerrier cristiano e santo ; 
K come tal sei morto : or godi , e pasci 
In Dio gli occhi bramosi , o felice alma , 
Ed hai del ben oprar corona e palma. 

Vivi beata pur; che nostra sorte , 
P^on tua sventura a lagrimar n' invita : ' 
Poscia eh' al tuo partir , sì degna e forte 
Parte di noi fa col tho pie partita. 
Ma se questa, che '1 volgo appella morte. 
Privati ha noi d' una terrena aita; 
Celeste aita ora impetrar ne puoi , 
Che i ciel t' accoglie infra gli eletti suoi. 

E come , a nostro prò , veduto a)>biamo 
Ch'usavi, uom già mortai, 1' arme mortali ^ 
' Così vederti oprare anco speriamo, 
Spirto divin , 1' arme del ciel fatah. , 
Impara i voti omai , eh' a te porgiamo , . 
Raccorre, e dar soccorso ai nostri mali j 
"Tu vittoria ci impetra : a te devoti 
SoKerem trionfando al tempio i voti. 



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$4 GERUSALEMME LIBERATA. 

Così diss' egli : e fpik la notte oscura 
Avea tatti del giorno i raggi spenti; 
E con ]' obblio d' ogni nojosa cura y ' 
Ponea tregua alle lagrime , ai lamenti. 
Ma il Capitan di' eqmgnar mai le mura 
INon crede senaa i bellici stromenti, 
Pensa ond' abbia k travi, ed in quai forme 
Le macbine componga , e poco dorme. 

Sorse a poi O0Ì sole, «d cgK «Hi* 
Seguir la pompa funeral.poi roBe. 
A Dudon d' odorifero cipresso 
Composto hanno il sepolcro appiè d' un colle ^ 
^on lunge agli steccati; e sovra ad esso 
Un' altissima palma i rami estolle, 
Or qui fu posto ; e i sacerdoti intanto 
Quiete all' alma gU pregar col canto. 

Quinci e quindi fra i rami erano $ipptu 
Insegne, e prigioniere axvw diverse, 
Cik da lui tolte in più felici imprese 
Alle genti di Siria , ed alle Perse. 
Della corassa sua, dell' altro arnese 
In messo il grosso tronco si coperse. 
Qui ( vi fu scritto poi) giace Dudone: 
Onorate V altissimo campione. 

Ma il pietoso Buglion , poi che da questa 
Opra si tolse dolorosa e pia , 
Tutti i fabbri del campo alla foresta 
Con buona scorta di soldati invia. 
Ella è tra vaOi ascosa , e manifesta 
L' avea fatta ai Francesi uom di Soria. 
Qui per troncar le macbine n' andaro, 
A cui non abbia la citta riparo. 



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CAlfTO TEBZO. 95 

L* un r altro esorta , clie le f>iante atterri, 
H faccia al bosco inusitati oltraggi. 
Caggion recise da' taglienti ferri 
Le sacre palme, e i frassini seWaggi: 
I funebri cipressi, e i pini,' e i ccrri, 
L* elei frondose, e gli alti abéti, e i faggi: 
Oli olmi mariti , a cui talor s'appoggia 

La vite 5 e con pie torto al ciel sen poggia. 
Altri i tassi , e le querce altri percote , 

Cile mille volte rinnovar le chiome; 

IS, mille volte ad ogni incontro immote 

L' ire d^ ' venti han rintuzzate e dome : 

Ed altri impone alle stridenti rote 

D* omi« di cedri 1* odorate some. 

Lasciano alsuon dell' arme, al vario grido, 

£ le fere e gli tugei, la tana e 'l nido. 



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CERUSALEIIME iAbERATA. 



CANTO QUARTO. 



ARGOMENTO. 



Tutti i anmi d' Inferno a se raccoglie 
L' Imperador del tenebrpso regno-, 
£ per dare a ' Cristiani acerbe doglie 
Vuol , eh' Ufi ognun di lor soo iniquo ingegno. 
Per lor opra Idraote a crude voglie 
Si volge y e vuol eh' Armida al suo disegno 
Spiani la via , parlando in dolci modi , 
£ sue machine sian beUetze , e frodi. 

IVI EN TRE fan questi i bellici stromenti, 
Perchè debbano tosto in uso porse, 
Il gran nemico dell' umane genti 
Contra i Cristiani i lividi occhi torse; 
£ scorgendogli ornai lieti, e contenti, 
Ambo le labbra per furor si morse, 
E qual tauro ferito , il suo dolore 
Versò, mugghiando e sospirando, fuore. 

Quinci, avendo pur tutto il pensier volto 
A recar ne' Cristiani ultima doglia, . 
Che sia , comanda , U popol suo raccolto 
( Concilio orrendo ! ) entro la regia soglia : 
Come sia pur leggiera impresa ( ahi stólto ! ) 
11 tepngnare alla divina voglia : 
Stolto, eh' al ciel s' agguaglia , e in obblio pone, 
Come di Dio la destra irata tuoue. 



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CAUTO QUARTO. - «7 

Chiama gli abitator deli' ombre eteme 
n rauco suon deHa tartarea tromba: 
Treman le spaziose atre caverne , • 

£ r aer cieco a qnd rumor rimbomba. 
Pf è si stridendo mai dalle superne 
Regioni del cielo il folgor piomba , 
iNè sì scossa giammai trema la terra , 
Quando i vapori in sen gravida serra. 

Tosto gli Dei d* abisso in varie torme 
Concorron d' ogn' intomo all' alte porte. 
O come strane, o come orribil forme ! 
Quant' è negli occhi lor terrore , e morte ! 
Stampano alcuni il suol di ferine orme, 
£ 'n fronte umana han chioma d' angui attortf , 
£ lor s' aggira dietro immensa coda, 
Che ^asi sferza si ripiega, e snoda. 

Qui mille immonde Arpie vedresti, e miVe 
Centauri, e Sfingi, e pallide Gorgoni, 
Molte e molte latrar voraci SciUe, 
£ fischiar Idre, e sibilar pitoni, 
E vomitar Chimere atre faville, 
£ Polifemi orrendi, e Gerioni, 
E in novi mostri, e non più intesi o visti, 
Diversi aspetti in un confusi, e misti. 

D' essi parte a sinistra, e parte a destra 
À seder vanno al crudo rè davante. 
Siede Pluton nel mezzo, e con la destra 
Sostienlo scettro ruvido e pesante : 
Né tanto scoglio in mar, né rupe alpestra, 
Pfè pur Calpe s' innalza , o '1 magno Atlante, 
Ch' a^zi lui non paresse un picciol colle ; 
Si la granfronte, e le gran coma eslolle. 
I. 9 

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§8 OBRUSÀLEMME LIBERATA. 

Orrida maestà nel fero aspetto 
Terrore accreàcè, e più superbo il rende: 
R<MMggian gli occhi, e di veneno infetto. 
Come infausta cometa , il guardo splende: 
Gr involve il mento , e su l' iirsuto petto 
Ispida e folta la gran barba scende: 
£ in guisa di voragine profonda, 
S' apre la bocca d' atro sangue immonda. 

Quali i fumi sulfurei ed infiammati 
Escon di MongibeUo , e '1 puxso e '1 tuono ; 
Tal della fera bocca i negri fiati, 
Tale il fetore e le faville sono. 
Mentre ei parlava , Cerbero i btrati 
Rijuresse, e l' Idra si fé' muta al suono: 
Restò Cocito , e ne tremar gli abissi ; 
£ in questi detti il gran rimbombo udissi: 

Tartarei numi, di seder più degni 
La sovra il sole, ond' è 1' origin vostra, 
Che meco già dai più felici regni 
Spinse il gran caso in questa orribil chiostra ; 
Gli antiqui altrui sospetti , e i fieri sdegni 
Pfoti son troppo , e 1' alta impresa nostra. 
Or colui regge a suo voler le stelle, 
E noi siam giudicate alme rubeUe. 

Ed in vece del di sereno e puro, - 
Dell' aureo sol , degli stellati giri , 
N' bà qui rìiicbiasi in ^lesto abisso oscuro , 
Né vuol eh' al prìmo onor per noi s' aspiri. 
E poscia ( ahi quanto a ricordarlo è duro! 
Quest' è quel che più inaspra i miei martiri ) 
Ne ' bei seggi celesti ha l' uom chiamato ; 
L' uom vile) e di vii fango i» terra nato. 



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Ckfiro QUIKTO. 99 

Tie ci& gli parve assai ; ma m preda a morte ^ 
Sol per fame più danno , il FigUo diede. 
K i venn e , e ruppe le tartaree porte , ^j 

K porre osò ne' regni nostri il piede , 
E trame V alme a noi dovute in sorte , 
£ riportarne al ciel sì ricche prede, 
Tincitor trionfando ; è in nostro scherno 
Le insegne ivi spiegar del vinto inferno. 

Ma che rinnòvo i miei dolor parlando ? 
Chi non ha già le ingiurie nostre intese ? 
Ed in qual parte si trovi» , né quando 
Ch' egli cessasse dalle usate imprese ì 
IVon più dessi alle antiche andar pensando ; 
Pensar dobbiamo alle presenti offese. 
Deh non vedete ornai come egli tenti 
Tutte al suo culto richiamar le genti? 

Noi trarrem neghittosi i giorni, e l'ore, 
fie degna cura fia che *1 corn' accenda ì 
E soffrirém che fona ognor maggiore 
11 suo popòl fedele in Asia prenda ? 
£ che Giudea soggioghi, e che Ì suo onore. 
Che 'I nome suo più si dilati e stenda ? 
Che suon in altre lingue, e in altri carmi 
Si scriva , e incida in nuovi bronxi, e marmi ì 

Che sian gì' ìdoli nostri a terra sparsi ? < 
Che i nostri altari il mondo à lui converta } 
Ch' a lui sospesi i voti , a lui sol arsi 
Siano gì' incensi,* ed auro e mirra offerta ? 
Ch' ove a noi tempio non solea serrarsi , 
Or via non resti aÙ' arti nostre aperta ? 
Che di tant' alme il soUto tributo 
Ne manchi , e in voto regno alberghi Plulo i 



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100 GERUSALEMME LIBERATA. 

Ah non fia ver , che non sono anco estinti; 
Gli spirti in noi di quel valor primiero , 
Quando di ferro e d' alte fiamme cinti 
Pugnammo già contra il celeste impero. 
Fummo , io noi nego , in quei conflitto vinti ; 
Pur non mancò virtute al gran pensiero : 
Ebbero i più felici allor vittoria ; 
Rimase a noi d' invitto ardirla gloria. 

Ma perchè più v' indugio ? Itene ,'o miei 
Fidi consorti , o mia potenza e forse : 
Ite veloci , ed opprimete i rei , 
Prima che '1 lor poter più si rinforze ; , 

Pria che tutt' arda il regno* degli Ehrei, 
Questa fiamma crescente omai s' ammorze z. 
Fra loro entrate , e in ultimo lor danno 
Or la forza s'adopri , ed or l'inganno. 

Sia destin ciò eh' io voglio ; ahri dfsperso 
Sen vada errando : altri rimanga ucciso : 
Altri in cure d' amor lascive immerso , 
Idol si faccia un dolce sguardo e un riso : 
Sia '1 ferro incontro al suo rettor converso 
Dallo stuol ribellante e in se diviso : 
Pera il campo e ruini , e resti in tutto 
Ogni vestìgio sdo con lui distrutto. 

Non aspettar già 1' alme a Dio rubeUe 
Che fosser queste voci al fin condotte ; 
Ma fuor volando , a riveder le stelle 
Già se n' uscian dàlia profonda notte ; 
Come sonanti e torbide procelle , 
^ Che vengan fuor delle natie lor grotte 
Ad oscurar il cielo , a portar guerra 
Ai gran regni del mare e della terra^ 



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CANTO QUARTO^ 10 

Tosto spiegand o in vai^ lati i vanni ,. 
Si faron questi per lo mondo sparti ; 
£ inconiinciaro a fabbricar inganìii 
Diversi e nuovi , ed ad usar lor arti. 
Ma di tu , Mìisa , come i primi danni 
Mandassero ai Cristiani , e di quai parti : 
Tu'I sai ; iba di tant* opra a noi sì Lunge 
D^bil «nura di fama appena giunge. 

Reggea Damasco e le citta vicine 
^draote famoso e nobil mago , 
Che fin da' suoi,prim' anni all' indovine 
Arti si diede , e ne fu ogn* or più vago^ 
Ma che giovar , se non potè del fine 
Di quella incerta guerra esser presago ? 
Ned aspetto di stelle erranti o fisse , 
Né riposta d* inferno il ver predisse ? 

Giudicò questi (ahi cieca umana mente ^ 
Come i giudicj tuoi son vani e torti ! ) 
Ch' all' esercito invitto d* occidente 
Apparecchiasse il ciel mine e morti : 
Però credendo che 1* Egicia gente 
Jia palma dell' impresa alfin riporti , 
Desia che '1 popol silo nella vittoria 
Sia dell' acquisto a parte , e della ^orla. 

Ma perchè il valor Franco ha in grande stima , 
Di sanguigna vittoria i danni teme j 
E va pensando con qual' arte in prima 
Il poter de' Cristiani in parte sceme : 
Sicché più agevolmente indi s' opprima 
Dalle sue genti , e dall' Egizie insieme. 
In questo suo pensier il sovraggiunge 
li* Angelo iniquo , e più l' instiga e punge. 

9- 

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lOa GERUSALEMME LIBERATA. 

Esso il consìgHa , e gli minbtra i modi 
Onde l' impresa a^To1«r si puote. 
Donna y a cui di beltà le prime Iodi 
Concedea Y oriente , è sna nipote. 
Gli accorgimenti e le più occnlte frodi y 
Cb' usi o Dsmroina o maga , a lei son note. 
Questa a se cbiama , séco i suoi consigU 
Coroparte , e vuol cbe cura ella ne pigli* 

Dice : O diletta mia , cbe sotto biondi 
Capelli , e fra sì tenere sembiante j 
Canuto senbo e cor virile ascondi , 
£ già nell' arti mie me stesso a-vanse ; 
Gran pensier volgo -, e se tu lui secondi , 
Seguiteran gli effetti aBe sperante : 
Tessi la tela eh' io ti mostro ordita y 
Di cauto vecchio esecutrice ardita. 

Vanne al campo nemico < ivi s' impieghi 
Ogn' arte femminil , eh' amore aletti : 
Ba^a di pianto , e fa melati i preghi 
Tronca , e confondi co* sospiri i detti : 
Beltà dolente e miserabil pieghi 
Al tuo volere i più ostinati petti : 
Vela il soverchio ardir Con la vergogna , 
£ fa manto del vero alla mentogna. 

Prendi , s' esser potrk , Goffredo ali* esca 
' De' dolci sguardi , e de' bei detti adorni ; 
Sicch' all' uomo invaghito ornai tinx:resca 
L'incominciata guerra , e la ^storni. 
Se ciò non puoi , gli altri più grandi adesca : 
Menagli in parte , ond' alcun mai non torni. 
Poi distingue i consigli : aKìn le dice : 
Per la fé , per la patria il tutto lice. 

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CANTO QUARTO. 103 

La bella Armida di sua forma altera , 
K de' doni del sesso e deli' etate , 
L'impresa prende ; e in su la prima sera 
Parte , e tiene sol Tie chiuse e celate : 
£ 'n treccia , e 'n gonna femminile spera 
Vincer popoli invitti , e schiere armate. 
Ma son del smo partir tra '1 volgo , ad arte, 
Diverse voci poi diffiise e ^arte. 

Dopo ^on molti dì vien la donxella , 
Dove spiegate i Franchi avean le tende. 
All' apparir deOa beltà novella 
Nasce un bisbiglio , e '1 guardo ogn'on v' intende , 
Siccome la dove cometa o stella , 
JVon più vista di giorno , in ciel rìsplende : 
£ traggon tutti per udir chi sia 
Sì bella peregrina , e chi V invia. 

Argo non mai , non vide Cipro o Delo , \ 
D' abito o di beltà forme sV care. 
D' aura h^ la chioma ; ed or dal bianco velo 
Traluce involta^ t>r discoperta appare. 
Cosi qualor si^rasserena il cielo , 
Or da candida nube il sol traspare ; 
Or dalla nube uscendo , i raggi intomo 
Più chiarì spiega , e ne raddoppia il giorno. 

Fa nuove crespe 1 ' aura al cnn disciolto y 
Che natura per se rincrespa in onde : 
Stassi 1 ' avaro sguardo in se raccolto , 
£ i tesorì d ' amore , e i suoi nasconde. 
Dolce color di rose in quel bel volto 
Fra r avorìo si sparge e si confonde : 
Ma nella bocca , ond ' esce aura amorosa y 
Sola rosieggia, e sempliM la rosa. 



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lo4 GERUSA.LEMME LIBEIATA- 

Mostra il bel petto le sue nevi ignuJe y 
Onde il foco d* amor si nutre e desta : 
Parte appar delle mamme acerbe e crude , 
Parte altrui ne ricopre invida vesta : 
Invida , ma s * agli occhi il varco cbiude y 
L' amoroso pensier già non arresta ; 
Che non ben pago di bellezza esterna , 
Plegli occulti secreti anco s' intema. 

Come per acqua o per cristallo , intero 
Trapassa il raggio , e noi divide o parie ; 
Per dentro il chiuso manto osa il pensiero 
Sì' penetrar nella vietata parte : 
Ivi si spazia, ivi contempla il vero 
Di tante maraviglie a parte a parte : 
Poscia al desio le narra e le descrive , 
E ne fa le sue fiamme in lui più vive. 

Lodata passa , e vagheggiato Armida, 
Fra le cupide turbe , e se n ' avvede. 
Noi mostra già, benché in suo cor ne rida^ 
E ne disegni alle vittorie e prede. 
Mentre sospesa al({uanto alcuna guida, 
Che la conduca al Capitan, richiede ; 
Eustosio occorse a lei , che del sovrano 
Principe delle squadre era germano. 

Come al lume farfalla , ei si rivolse 
Allo splendor della bella divina ; 
E rimirar dappresso i lumi volse , 
Che dolcemente atto modesto inchina : 
£ ne trasse gran fiamma, e la raccolse, 
Come da foco suole esca vicina: 
E disse verso lei , eh ' audace e baldo 
U fea degli anni e dell' amore il caldo : 



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CAUTO QUARTO. ' Jo5 

Donna y (se pur tal nome a te conviensi^ 
Cbè non somigli tu cosa terrena , 
IVè y' è figlia d'Adamo in cui dispensi 
Cotanto il ciel di sua luce serena ) : 
Cile da te si ricerca? e donde yiensi ì 
Qual tua ventura o nostra or qui ti mena ì 
Fa eh' io sappia chi sei; fa eh' io non erri 
A^ell' onorarti, e s' è ragion, m' atterri. 

Risponde : il tuo lodar troppo alto sale ; 
JSh tanto in suso il raerto nostro arriva: 
Cosa vedi, signor, non pur mortale , 
Ma già morta ai diletti , al duol sol viva : 
Mia sciagura mi spinge in loco tale , 
Tergine peregrina e fuggitiva : 
Hiconro al pio Goffredo , e in lui confido ; . 
Tal yòi di sua boutade in tomo il grido. - 

T» r adito m' impetra al Capitano , 
8' hai, come pare, alma cortese e pia. 
£d egli : è be^ ragion eh' ali ' un germano 
L'altro ti guidi , e intercessor ti sia. 
Vergine bella , non ricorri invano : 
iNon è vile appo lui la graxia mia : 
Spender tutto potrai, come t' aggrada, 
Ciò che vagUa il suo scettro , o la mia spada. 

Tace , e la guida ove tra i grandi eroi 
AUor dal volgo il pio Buglion s' invola. 
Essa inehmollo riverente , e poi 
Vergognosetta non iacea parola. 
Ma quel rossor, ma quei timori suoi 
Rassicura il guerriero , e riconsola ; 
Sicché i pensati inganni alfine spiega 
In suon che di dolcesza i sensi lega. 



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I06 GERUSALEMME LIBERATA. 

Principe invitto , disce , il cai gran nome 
Ben voìm adorno di sk chiari fregi , 
Che r esser da te vinte , e in guerra dom* 
Kecansi a gloria le provincie e i regi : 
JNoto per tutto è il tuo valore , e come 
Fin dai netoici avvien che a' ami e pregi ; 
Così anco i tuoi nemici affida, e invita 
Di ricercarti, e d' impetrarne aita. 

Ed io che nac<prì in sì diversa fede , 
Che tu abbassasti, e*ch' or d ' opprimer tenti > 
Per te spero acquistar la nobil sede , < 
£ lo scettro re^ de ' miei parenti : 
£ s ' altri aita ai suoi congiunti chiede 
Contra il furor delle straniere genti ; 
Io , poiché ' n lor non ha pietà più loco, 
Contra il mio sangue il ferro ostile invoco. 

Te chiamo, ed in te spero ; e in quell' aketaa 
Puoi tu sol pormi , onde sospinta io fui. 
J\è la tua destra esser dee meno avveita 
Di sollevar, che d' atterrare altrui: 
IV è meno il vanto di pietà si pressa, 
Che '1 trionfar degli avversar] sui; 
£ s' hai potato a molti il regno torre , 
Fia gloria egoal nel regno or me riporre. 

Ma se la nostra fé varia ti move 
A dispressar forse i miei preghi onesti , 
La fé, eh' ho certa in tua pietà mi giove : 
IVé dritto par eh' eUa dekisa resti; 
Testimon é quel Dio eh ' a tutti é Giove , 
Ch' altrui più giusta aita unqua non desti. 
Ma perché il tutto appieno intenda, or odi 
Le mie sventare insieme, e le aitnù (rodi. 



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CANTO QUARTO. 107 

Figlia io son d' Arbilan, che '1 regno tenne 
Del bel Damasco , e in minor sorte naccjue : 
Ma la bella Cariclia in sposa ottenne, 
Cui farlo erede del suo imperio piac^e. 
Costei col suo morir quasi prevenne 
Il nascer mio ; cbè in tempo estinta giacque, 
eh' io fuori nscia dell' alvo : e fu il fatale 
Giorno eh' a lei die morte > a nie natale. 

Ma il primo lustro appena era varcato 
Dal dì eh' ella spogliossi il mortai velo, 
Quando il mio genitor , cedendo al fato , 
Forse con lei si ricongiunse in cielo : 
Di me cura lasciando e dello stato 
Al fratel eh' egli amò con tanto zelo , 
Che se in petto mortai pietà risiede , 
£sser certe dovea della sua fede. 

Preso dunque di nie questi il governo , 
Vago d' ogni mio ben si mostrò tanto , 
Che d' incorrotta fé, d' amor paterno^ 
E d' immensa pietade ottenne il vanto. 
O che '1 maligno suo pensiero intemo 
Celasse allor sotto contrario manto ; 
O cbe sincero avesse ancor le voglie, 
Perch' al figUuol mi destinava in mogKe. 

Io crebbi , e crebbe il figlio ; e mai né stile 
Di cavalier , né nobil' artle apprese ; 
Nulla di peUegrino o di gentile 
OU piacque mai, né mai troppo alto intese : 
Sotto deforme aspetto animo vile , 
E in cor superbo avare voglie accese: 
Ruvido in atti , ed in costumi è tale , 
€h' è sol ne' visf a «e medetmo eguale» 



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Jo8 GERUSALEtfME LIBEKÀTA. 

Ora il mio buon custode ad uom ù degno 
Unirmi in matrimonio in se prefisse ; 
£ farlo del mio letto e del mio ^egno 
Consorte; f chiaro a me più volte il disse. 
Usò la lingua e 1' arte, usò l' ingegno , 
Perchè '1 Bramato effetto indi seguisse : 
]\Ia promessa da me non trasse mai ;. 
Ansi ritrosa ogn'or tacqui, o negai. 

Partissi alfin con un sembiante oscure , 
Onde r empio suo cor chiaro trasparve. 
£ ben 1' istoria del mio mal futuro 
Leggergli scritta in fronte allor mi parve i 
Quinci i notturni miei riposi furo 
Turbati ogn'or da strani sogni e larve : 
Ed un fatale error nelV alma impresso , 
M' era presagio de' miei danni espresso. 

8pe8S0 r ombra materna a me s' offria , 
Pallida imago , e dolorosa in atto ; 
Quanto diversa , oimè ! da quel che pria 
Visto altrove il suo volto avca ritratto. 
Fuggi, figlia, dicea, morte sì ria 
Che ti sovrasta omai, partiti ratto. 
Già veggio il tosco e '1 ferro in tuo sol danno 
Apparecchiar dal perfido tiranno. 

Ma che giovava , oimè ! che del periglio 
Ticino omai fosse presago il coi-e , 
Se irresoluta in ritrovar consiglio * 

La mia tepera età rendea il timore ì 
Prender fuggendo volontario esigho , 
£ ignuda uscii' del patrio regno fuore 
Grave era sì , eh' io fea minore stima 
Di chiader gU occhi, ove gli apersi in prima. 



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' CAlf'rO QtlAllTO, 

C r^n""' r' ' '* '"^'^*' « «^««^ avea ' ^ 

CCh, lcreder.a?)poi di fi,ggirla ardire; 

E scoprir la mia tema anco temea, ' 

Per non affrettar J'ore al mio morie 

C.osnnquieta e torbida traea 

La vita in un continuo martire 

Quale uom eh' aspetti, che snl'coHo ignudo 

Ad or ad or gli caggia il ferro crudo. 

In tal mio stato, o fosse amica sorte, 
O eh a peggio mi serbi il mio destino , 
Un de mmistri della reggia corte, . 
Che 1 rè m,o padre s' aUevò bambino , / • 

^al tiranno pi^escritto, era vicino; 

E eh egli a quel crudele avea promesso 

Di porgermi ,1 velen quel giorno stesso. 

E mi soggiunse poi , eh' alla ,nia vita, 
Sol fuggendo , allungar poteva il corso ; 
E poich altronde io non sperava aita, 
Pronto offri se medesmo al mio soccorso ; 
*. confortando mi rendè sì ardita , 
Che del timor non mi ritenne il morso • 
Sicch' 10 non disponessi , ali* aer cieco , a 
I^a patria e '1 zio fuggendo, andarne seco! 

Sorse la notte oltra l'usato oscura, 
Che sotto V ombre amiche ne coperse : 
Tal che con due donielle uscii sicura. 
Compagne elette alle fortune avverse. > 
Ma pure indietro afle mie patrie mura 
Le luci io rivolgea di pianto asperse : 
^è deUa vista del natio terreno 
Potea, partendo^ tasiarle appiana 



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no GERUSALEMME LIBERATA. 

Fca r istesftso canunin V occhio , e *ì pensiero ; 
E mal suo grado U piede innanxi giva : 
Siccome nave eh' improvrìso e fero 
Turbine sciogUa dall' amata riva. 
La notte andammo , e '1 dì seguente intero 
Per lochi ov' orma akrui non appariva. 
Ci ricov^ammo in un castello alfine , 
Che siede del mio regno in sul confine. 

È d' Aronte il caste! ( eh' Aronte fue 
Quel che mi trasse di periglio, e scorse ) 
Ma poiché me fuggito aver le sue 
Mortali insidie U traditor s' accorse , 
Acceso di furor contr' amhidue, 
Le sue colpe medesme in noi ritorse ; , 
Ed ambo fece rei di (jnell' eccesso , 
Che commetter in me volle egli stesso. 

Disse eh' Aronte i' avea con doni ^iato 
Fra sue bevande a mescolar veneno ; 
Per non aver , poich' egli fosse estinto , 
Chi legge mi prescriva , o tenga a freno : 
E eh' io seguendo un mio lascivo instinto., 
Tolea raccormi a mille amanti in seno. 
Ahi , che fiamma dal cielo anci in me scenda . 
Santa on^a^ ch'io le tue leggi ofienda 1 

Ch' avara fame d' oro , e sete insieme 
Del mio sangue innocente il crudo avesse^ 
Grave m' è sì ; ma via più il cor mi preme , 
Che '1 mio candido onor macchiar volesse. 
L' empio , che i popolari impeti teme > 
Così le sue menzogne adoma e tesse , 
Che la città , del ver dubbia e sospesa , 
Sollevata noa i* «rmi a mia difesa. 



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ÒAKTO QUARTO. JU 

N^ percli* or sieda nel mio seggio , e 'n fronte 
Già gli risplenda la regal corona, 
Pone alcun fine a' mi^i gran danni , all' ónte ; 
Si la sua ferìute okra lo sprona. 
Arder minaccia entro '1 castella Aronte, 
Se di proprio voler non s' imprigiona ; 
£d a me , lassa ! e insieme ai miei consorti 
Guerra annuncia non pnr, ma strasj , e morti. 

Ciò dice egli di far, perchè dal volto 

Cosi lavarsi la vergogna crede ; 

E ritornar nel grado, ond' io V ho tolto , 

L' onor del sangue, e defla regia sede. 

Ma il timor n' è cagion, che non ritolto 

Gli jia lo scettro , ond' io son vera erede ; 

Che sol, s' io caggio, por fermo sostegno y 

Con le mine mie , puote al sno regno. 

• E hen quel fine avrà V empio d^sire , 

Che già il tiranno hh stabilito in mente ; 

K saran nel mio sangue estinte l' ire, 

Che dal mio lagrimar non fiano spente ^ 

Se tu noi vieti. A te rifuggo , o Sire, 

10 misera fanciulla , orba , innocente : 

E questo pianto , ond' ho i tuoi piedi aspersi. 
Tagliami sì, che '1 sangue io poi non versi. 

Per questi piedi , onde i superbi e gli empi 
Calchi : per questa man che '1 dritto aita j 
Per r alte tue vittorie , e per que' tempi 
Sacri , cui desti ^ e cui dar cerchi aita ; 

11 mio desir, tu che puoi solo , adempi ; 
E in un col regno a me serbi la vita 

La tua pietk ; ma pietà nuDa giove , 

S' anco te il dritto e la ragion non move. 

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US GERUSALEMME LlBKftÀTA. 

Tu y cui concesse il cielo y e dielti in fato 
Voleril giusto, e poter ciò che vuoi; 
A me salvar Iq vita , a te lo ^tato 
( Che tuo iia , s* io '1 ricovro ) acquistar puoi* 
Fra numero sì grande a me sia dato 
Dieci condiir de' tuoi più forti eroi : 
Ch' avendo i padri amici, e '1 popol fido, 
Bastan questi a ripormi entro al mio nido. 

Anzi un de' primi, alla cui fé commessa 
£ la custodia di secreta porta , 
Promette aprirla , e neUa reggia stessa 
Porci di nòtte tempo ; e sol m* esorta 
Ch' io da te cerchi alcuna aita ; e in essa. 
Per picciola che sia , si riconforta 
Più che s^ altronde avesse un grande stuòlo : 
Tanto r insegne estima , e '1 nome solo. 
Ciò detto tace , e la risposta attende 
Con atto che , in silenzio , ha voce e preghi, 
Gofi&edo il dubbio cor volve e sospende 
Fra pensier varj , e non sa dove il pieghi. 
Teme i barbari inganni, e ben comprende 
Che non è fede in uom eh' a Dio la ne^hi. 
Ma d' altra parte in lui pietoso affetto 
Si desta, che non dorme in nobil petto. 

Nh pur 1' usata sua pietà natia 
Tuoi che costei della sua grazia degni ; 
Ma il move utile ancor ; ch* util gli fi« 
Che nell ' imperio di Damasco regni 
Chi , da lui dipendendo , apra la via 
'E^à agevoli il corso ai suoi disegni ; 
£ genti , ed arme gli ministri ^ ed oro 
Contra gli £gizj , e chi sarà con lorOk 



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CAVTO QUARTO |l3 

Mentre eì , così dubbioso , a terra volto 
LiO sguardo tiene, e '1 pensier voUe e gira; 
La donna in luì s' affissa, e dal suo volto 
Intenta pende, e gli atti osserva e mira : 
£ perchè tarda, oltra ' 1 suo creder, molto 
La risposta , ne teme e ne sospira. 
Quegli la chiesta grazia àlfin negolle : 
Ma die risposta assai cortese e molle. 

Se in servigio di Dio , cb' a ciò n' elesse y 
Non s' impiegasser qui le nostre spade > 
Ben tua speme fondar potresti in esse , 
£ soccorso trovar , non che pietade : . 
Ma se queste sue greggie, e queste oppresse 
Mura non tomiani prima in libertade , 
Giusto non è^ con iscemar le genti ,^ 
Che di nostra vittoria il corso aQenti* 

Ben ti prpmetto , e tu per nobil pegno 
Mia fh ne prendi , e vivi in lei sicura ; 
. Che se mai sottrarremo* al giogo indegno 
Queste sacre , ed al ciel dilette mura ; 
Di ritornarti al tuo perduto regno , 
Come pietà n' esorta , avrem poi cura. 
Or mi farebbe la pietà men pio , 
8' ansi il suo dritto io non rendessi a Dio. 

A qu^l parlar chinò la donna , e fisse 
Le luci a terra , e stette immota alquanto : 
Poi sollevolle rugiadose , e disse , 
Accompagnando i flebil ' atti al pianto : 
Misera ! ed a qual ' ahra il ciel prescrisse 
Vita mai grave , ed immntabil tanto ; 
Che li cangia in altrui romte e natura ^ 
Pria che si cang^ in me sorte sì dura ì 
io; 

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]l4 GERUSALEMME LIBERATA. 

NuUa Speme più resta : rnvaii mi doglio : 

Non han più fona in uman petto i preghi. 

Forse lece sperar che '1 mio cordoglio, 

Che te non mosse , il reo tiranno pieghi ? 

Né già te il ' inclemenza accusar vogHo , 

Perchè * 1 picciol soccorso a me si neghi ; 

Ma il cielo accuso, onde il mio mal discende , 

Che * n te pietade inesorahil rende. 
Non tn , signor , né tua boutade è tale ; 

Ma '1 mio destino è che mi nega aita ; 

Crudo destino, empio destin fatale. 

Uccidi omai questa odiosa vita. 

L' avermi priva, oimè ! fu picciol male 

De* dolci padri in loro età fiorita ; 

Se non mi vedi ancor del regno priva , 

Qual vittima al coltello andar cattiva. 

Che , poiché legge d' onestate, e «elo 
Non vuol che qui sì lungamente indugi , 
A cui ricorro intanto ? ove mi celo ì 
O quai contra il tiranno avrò rifugi ? 
Nessun loco sì chiuso è sotto il cielo , 
Ch' a lor non s* apra : or perchè tanti indugi? 
Veggio la morte, e se '1 fuggirla è vano , 
Incontro a lei n' andrò con questa mano. 

Qui tacque ; e parve eh' un regale sdegno 
E generoso 1' accendesse in vista : 
£ ' I pie volgendo , di partir fea segno , 
Tutta negli atti dispettosa e trista. 
Il pianto sì ipargea $enxa ritegno , 
Com' ira suol produrlo a dolor mista : 
E le nascenti lagrime , a vederle , 
Erano a' rai del sol cristalli e perle. 

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CAUTO QUARTO. Il5 

IjC gtiance asperse di ^e' vi-vi umori, 

Che giù cadean fin della veste al lembo , 

Parean vermigli insieme , e biancbi fiori ; f 

Se pur gì' irriga Un rugiadoso nembo , 

Quando su 1* apparir de' primi albóri 

Spiegano all' aure liete il chiuso grembo : 

E r alba cbe gli mira , e se n' appaga , 

D' adomarsene il crin diventa vaga. 

Ma il chiaro umor, cbe di sì spesse stille 

Le belle gcfte e '1 seno adomo rende. 

Opra efietto di foco , il qual in miHe 

Petti serpe celato , e vi s' apprende. 

O miracol d' amor, che le faville 

Tragge del pianto , e i cor nell* acqua accende ì 

Sempre sovra natura egli hk possanxa ; 

Ma in virtù di costei se stesso ava usa. 

Questo finto dolor da molti ehce 
Lagrime vere , e i cor più duri spetra. 
Ciascun con lei s' affligge, e fra se dice : 
Se mercè da Goffredo or non impetra , 
Ben fu rabbiosa tigre a lui nutrice, 
E '1 produsse in aspr' alpe orrida pietra, 
O r onda che nel mar si frange e spuma : 
Cradel, che tal bel^ turba e consuma. 

Ma il giovinetto Eustaùo , m cui la fae^ 
Di pietade e d' amore è più fervente , 
Mentre bisbiglia ciascun' altro, e tace, 
Si tragge avanti, e parla audacemente: 
O germano e iignor , troppo tenace 
Del suo primo proposto è la tua mente ; 
Se al consenso comun che brama e prega , 
Ancadavola alquanto or non si piega. 

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ilS GERUSALEMME LIBEIATA.. 

IVoQ dico io già , che i principi, che a cor* 
Si stanno qaì de' popoli soggetU , 
Torcano il pie dall' oppugnate mura, 
£ sian gli ufHci lor da lor negletti : 
Ma fra noi che guerrier siam di yeatara. 
Senza alcun proprio peso , e meno astretti 
Alle leggi degli altri, elegger diece 
Difensori del giusto a te ben lece. 

GV al servìgio di Dio già non si togKe 
L' UQm eh* innocente vergine difende ; ♦ 
Ed assai care al ciel son quelle spoglie , 
Che d' ucciso tiiranno altri gH appende. 
Quando dunque all' impresa or non m' inYOglie • 
Qudr util certo, che da lei s' attende , 
Mi ci move il dover, eh' a dar tenuto 
£ r ordin nostro alle donselle ajuto. 

Ah non sia ver, per Dìo, che si ridica 
In Francia, o dove in pregio è cortesia, 
Che si fugga da noi rischio o fatica 
Per cagion così giusta , e così pia. 
Io per me qui depongo elmo e lorica : 
Qui mi scingo la spada, e più non ila 
Ch' adopri indegnamente arme o destriero, ' 
O '1 nome usurpi mai di cavaliero. 

Così favella, e 'sec« in chiaro suono 
Tutto r ordine suo concurde freme ; 
£ chiamando il consigVo utile e buono , 
Co' preghi il Capitan circonda e preme. 
Cedo , egli disse allora , e vinto sono 
Al concorso di tanti uniti insieme. 
Abbia, se parvi, il chiesto don costei, 
Dai vostri sì; non dai consigli miei. . 



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CAUTO QUARTO. |lf 

Ma M Goffredo di credenra alquanto 
I*ur trova in voi, temprate ì vostri affetti. , 

TTanto sol di^se; e basta lor ben tanto , 
"Percbè ciascun quel cb' ei concede , accetti. 
Or cbe non pa6 di bella donna il pianto ^ 
£d in lingua amorosa i dolci detti ? 
!Esce da vagbe labbra aurea catena, 
Cbe r alme a suo voler prende ed affiren». 

Eustazio lei ricbiama , e dice : Ornai 
Cessi , vaga donsetta , il tuo dolore : 
Cbè tal da noi soccorso in breve avrai, 
Qual par cbe più rìcbiegga il tuo timore. 
Serenò allora i nubilosi rai • » . 

Armida , e si ridente apparve fuore , 
Cb' innamorò di sue bellesse il cielo , 
Asciugandosi gli occhi col bel velo. 

Rendè lor poscia in dolci e care note . 
Grazie per l' alte grazie a lei concesse , 
Mostrando cbe sanano al mondo note 
Mai sempre, e sempre nel suo core impresse : 
E ciò cbe lingua esprimer ben non puote , 
Mut^ elotpienza ne' suoi gesti espresse : 
E celò sì sotto mentito aspetto 
U suo pensier, eh' altrui non die sospetto* 

Quinci vedendo cbe fortuna arriso 
Al gran principio di sue frodi avea , 
Prima cbe '1 suo pensier le sia preciso, 
Dispon di trarre al fine opra sì rea ; 
E far con gli atti dolci , e col bej viso , 
Più che con 1 ' arti lor Circe o Medea ; 
£ in voce di Sirena , ai suoi concenti 
Addormentar le più svegliate menti* 

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Ilg GERUSALEVlfS LIBERATA. 

Usa ogni«rte la donna, onde sia colto 
Nella sua rete alcun novello amante : 
IVè con«utti, né sempre un stesso toHo 
Serba ; ma cangia a tempo atti e sembiante. 
Or tien pudica il guardo in se raccolto ; 
Or lo rivolge cupido e vagante. 
La sferta in quegli, il freno adopra in «]QCStì> 
Come lor vede in amar lenti o presti. 

Se scorge alcun die dal suo amor ritiri 
L' alma , e i pensier per diflidensa afl&ene , 
OH apre un benigno riso , e in dolci giri 
Volge le luci in lui liete e serene : 
C così i pigri e timidi desiri 
Sprona , ed affida la dubbiosa ^ne : 
Ed infiammando V amorose vo^ie, 
Sgombra quel gel che la paura accoglie. 

Ad altri poi, cb' audace il segno varca y 
Scorto da cieco e temerario duce , 
De' cari detti , e de' begli ocdii k parca , 
£ in li|i timore e riverensa induce : 
Ma fra lo sdegno, onde la fronte è carca, 
Piir anco un raggio di pietà riluce ; 
Siccb' altri teme ben , ma non dispera : 
£ più s' invoglia , quanto appar più altera. 

Stassi talvolta ella in disparte alquanto, 
£ '1 volto e gli atti suoi compone e finge 
Quasi dogliosa ; e infin su ^ occbi il pianto 
Tragge sovente , e poi dentro il respinge. 
£ con quest' arti a lagrimar intanto 
Seco mill' alme semplicette astringe; 
E in fuoco di pietà strali d' amore 
Tempra, onde pera a si fort' arme il cort. 



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CAWTO (QUARTO. • 11^ 

Poi , siccome ella a cpei pensier s' invole , 
E novella ^peransa in lei si deste, 
Ver gli amanti il pie drisxa, e le parole, 
£ {li giojp la fronte adorna e veste : 
£ l&mpeggiar fa quasi un doppio sole, 
n chiaro sguardo, e '1 bel riso celeste 
Su le nebbie del duolo oscure e folte , 
Ob' avea lor prima intomo al petto accolte. 

Ma mentre d<^e parla, e dolce ride, 
£ di doppia dolcfssa inebbria i sensi; 
Quasi dal petto lor 1' alma divide, 
^on prima usata a quei diletti immensi. 
Abi crudo Amor, eh' egualmente n' ancide 
Ij' assensio e '1 mei, clie tu fra noi dispensi : 
E d' ogni tempo egualmente mortaU 
Tengon da te le medicine e i mah. 

Fra sì contrarie tempre , in ghiaccio e in foco , 
In riso e in pianto, e fra paura e spene , 
Inforca ogn'uta suo stato ; e di lor gioco , 
L' ingannatrice donna a prender viene. 
E s' alcun mai con suon tremante e fioco 
Osa, parlando, d' accennar sue pene ; 
Finge, quasi in amor rossa e inebria , 
Kon veder V alma ne' suoi detti aperta. 
O pur le luci vergognose e chine 
I Tenendo, d' onestà s' orna e colora ; 
Sicché viene a celar le fresche brine 
Sotto le rose , onde il bel viso infiora. 
<^al nell' ore più fresche mattutine 
Del primo nascer suo veggiam 1 ' aurora ; 
£ 'l rossor dello sdegno insieme n* esce 
Con U vergognai e si confonde e mesce* 



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Ito GERUSALEMME LIBERATA. 

Ma se prima negli atti ella s' accorge 
D' uom che; tenti scoprir le accese TOgHe, 
Or gli s' invola e fogge, ed or gli porge 
Modo onde parli , e in un tempo il ritogUe< 
Cos\ il dì tutto in yano error lo scorge, 
Stanco e deluso poi di spème il toglie. 
Ei si riman , qual cacciator , eh' a sera 
Perda alfin V orma di seguita /era. 

Queste fnr V arti, onde mill' alme e 
Prender furtivamente ella poteo ; 
Ami pur furon l' arme, onde rapille, 
Ed a forsa d' Amor serve le feo. 
Qual maraviglia or fia, se 'Vfèro Achille 
D* Amor fu preda, ed Ercole, e Teseo ; 
S' ancor chi per Gesù la spada cinge 
L' empio ne' Ucci tuoi talora ttrìoge ì 



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GERUSALEMME LIBERATA. 



CANTO, QUINTO. 



ARGOMENTO. 



Sdegna G«mando che Rinaldo «spire 
Al grado ov * egli esser assunto agogna : 
Perciò I ministro a se del suo morire » 
Lai , che 1 * uccide poi , forte rampogna. 
Va r nccisoi'e in bando : né patire 
Vuol che catena , o ceppi altri gli pogna. 
Parte Armida contenta; ma dal mare 
Vengono al gran BngUon novelle amare. 

JNfd E ir TRE in tal guisa i caTalieri alletta 
^ell' amor suo l' insidiosa Armida , 
Uh solo i dieci a lei promessi aspetta, 
Ma di furto menarne altri confida : 
Tolge tra se Goffredo a cui commetta 
La dubbia impresa , ov ' ella esser dee guida ; 
Che degli arventurier la copia e '1 ukerto, 
£ '1 desir di ciascuno il fanno incerto. 

)ffia con provvido avviso alfin dispone , 
Ch' essi un di loro scelgano a sua voglia , 
Che succeda al magnanimo Dudone , 
E quella elesion sovra se toglie. 
Così non avverrk eh' eì dia cagione 
Ad alcun d' essi che di lui si doglia : 
E insieme mostrerà d' aver nel pregio , 
In cui debbe « ragion « lo Muoio egregio. 

I. n 

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laft GERUSALEMME LIBERATA. 

A se dunque gli cbiama , e lor favella : 
Stata è da voi la mia sentenxa ucUta , 
Ch' era non di negare alla donxella. 
Ma di darle in stagion matura aita : 
Di novo or la propongo, e ben pnote ella 
Esser dal parer vostro anco seguita ; 
Che nel mondo mutabile e leggiero , 
Costansa è spesso il variar pensiero. 

Ma se stimate ancor , che mal convegna 
Al vdstro grado il rifiutar perigHo : 
E se pur generoso ardire sdegna 
Quel che troppo gli par cauto consiglio ; 
Non fia eh' involo ntar} io vi ritegna, 
Né quel , che già vi diedi ,* or mi ripiglio ; 
Ma sia con esso voi , com' esser deve , 
Il fren del nostro imperio lento e lieve. 

Dunque lo stame e *1 girne io son contento 
Che dal vostro piacer libera penda. 
Ben yuò che pria facciate al duce spento 
Sttccessor nuova, e di voi cura ei prenda, 
E tra voi scelga i diece a sno talento. 
Non gi^ di diece il numero trascenda , 
Ch' in questo il sommo imperio a me riservo: 
Non fia r arbitrio suo per altro servo. 

Così disse Goffiredo ; e '1 suo germano, • 
Consentendo ciascun, risposta diede: 
Siccome a te conviensi, o Capitano, 
Questa lenU virtù che lunge vede ; 
Cosi il vigor del core e della mano , 
Quasi debito a noi, da .noi si chiede : 
E saria la matura tarditate , 
CU' in «Uri è provvidenta, ia noivHtatf« 



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CAlfTO QUIlfTO. 1«S 

C poiché '1 rischio è di si lieve danno 
Posto in lance col prò , che '1 contrapesa; 
Te permettente, i dieci eletti andranno 
Con la donzella all' onprata impresa. 
Così conclude ; e con si adomo inganno 
Cerca di ricoprir la mente accesa 
Sotto altro zelo : e gli altri anco d' onore '' 

Fingon desio , ^el eh' è desio d ' amore. 

Ma il più gi<^vin BugUone , il qaal rimira 
Con geloso occhio il figlio di Sofia , -, 

La cui virtute inYÌdiaiido ammira , 
Che ' n si bel corpo più cara venia ; i 

^ol vorehhe compagno , e al cor gì' ins{Àrà 
Cauti pensier 1' astuta gelosia ; 
Onde , tratto il rivale a se, in disparttt 
Ragiona a lui con losin^evol' arte. 

O di gran genitor maggior figlinolo , 
Che '1 sommo pregio in arme hai giovinetto : 
Or chi sarà dei valoroso stuolo , 
Di cui parte noi siamo , in duce eletto ? " 

lo , eh' a Dudon famoso appena, e solo 
Per 1 * onor dell* età , vivea soggetto : 
Io , (ratei d» Oofiredo , a chi più deggio 
Ceder omai , se tu non sei , noi veggio. 

Te , la cui nobiltà tntt* altre agguaglia , 
Gloria e merito d' opre a me prepone : 
Né sdegnerebbe , in pregio di battaglia j 
Minor chiamarsi anco il maggior BngUone ; 
Te dimque in duce bramo, ove non cagU» 
'K te di (piesta Sira esser campione : 
Né già cred' io che <{ue11' onor tu curi. 
Che da' fatti v^rrà Bottarm e scari. 



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ja4 GEltUSllElilME LIBEKATA» 

JNh mancherk qui loco , ore s ' impieghi 
Con più Incida fama il tuo Talore. 
"Dr io procurerò , se tu noi nieghi , 
Ch' a te concedan gli altri il sommo onore* 
Ma perchè non so ben cloYe si pieghi 
L' irresoluto mio dubbioso core, 
Impetro or io da te , cb' a voglia mia , 
O segua poscia Armida , o teco stia. 

Qui tacque Eustaaio , e questi estremi acòents 
?9on proferì sensa arrossirsi in viso^ 
E i mal celati suoi pensieri ardenti 
L' altro ben vide , e mosse ad un sorriso. 
Ma petcb' a lui colpi d' amor più lenti 
Non banno il petto oltre la scoria incìso ^ 
Né' molto impaiiente è di rivale , 
Tih la donsella.di seguir gli cale. 

Ben altamente ba nel pensier tenace 
L' acerba morte di Dudon scolpita : 
£ si reca a disnor, cb' Argante audace 
Gli soprastia lunga stagione in vita : 
E parte di sentire anco gli piace 
Quel parlar , cb' al dovuto onor 1 ' invita : 
£ 'l giovinetto cor s' appaga, e gode 
Del dolce snon ddla verace lode. 

Onde cos) rispose : i gradi primi 
Più meritar , cbc conseguir desio ; 
Né , purché me la mia virtù sublimi , 
Di scettri «Itessa invidiar degg' io. 
Ma 8 ' all' onor mi chiami, e cbe.lo stimi 
Debito a me , non ci verrò restio : 
£ caro esser mi dee , che mi sia mostro 
Sì bel segnx) da voi del valor nostro. 



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CllfTO QUIHTO. is^ 

Dnnqne io noi chiedo, e noi rifiuto : « quando 
Duce io pur sia , sarai tu degK eletti. 
Allora il lascia Eustaxio , e vk piegando 
De ' suoi compagni , al suo voler , gU affetti. 
Ma chiede a prova il principe Gemando 
<^uel grado , e hcnch' Armida in hii saetti , 
Mcn può nel cor superho amor di donna , 
Ch' avidità d' onor che sen * indonna. 

Sceso Gemando è da' gran rè Norvegi, 
Che di molte provincie ebher V impero ; 
E le tante corone, e scettri regi 
E del padre e degli avi il fanno altero. 
Altero è 1 ' altro de ' suoi proprj pregi 
Pm che deU ' opre che i passati fero ; 
Ancorché gli avi suoi cento e più lustri 
Stati sian chiari in pace, e 'n guerra ilhistri. 

Ma il barbaro Signor, che sol misura 
Quanto r oro, e *1 dominio oltre si stenda, 
E per se stima ogni virtute oscura , 
Cui titolo regal chiara non renda ; 
IVon può soffrir, che in ciò eh* egli procura , 
Seco di merto il cavalier. contenda : 
E se ne cruccia sì , eh' ohra ogni segno 
Di ragione , il trasporU ira e disdegno. 

Tal che '1 maligno spirito d* Avemo , 
Ch' in lui strada sì larga aprir si vede , 
Tacito in sen gU serpe, ed al governo 
De ' suoi pensieri lusingando siede : 
E qui più sempre T ira , e T odio intemo 
Inacerbisce, e '1 cor stimola e fiede : 
E fa che 'n mezso all' alma ogn'or risnoni 
Dna voce eh' t lui coti ragioni 



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jaff GERUSALEMME LIBERATA. 

Tcco giostra Rinaldo ; or Unto vale 
Quel suo numero "van d * anùchi eroi ? 
iVarrì costui, eh' a te tuoI farsi e^ale , 
Le genti aenre , e i tributari suoi : 
Mostri gli scettri, e in dignità regale 
Paragoni i suoi morti ai vivi tuoi. 
Ah quanto osa un signor d' indegno stato ; 
Signor, che neBa serra Italia è nato ! 

Tinca egli ,- o perda ornai ; fò vincitore 
Sin da quel di eh' emulo tuo divenne : 
Che dirà il mondo (e ciò fia sommo 'onore ) 
Questi già con Gemando in gara venne. 
Poteva a te recar gloria e splendore 
n nobil grado , che Dudon pria tenne : 
Ma già non meno esso da te n' attese ; 
Costui scemò suo pregio attor che ' 1 chiese. 

E se , poich* altri più non parla o spira , 
De' nostri affari alcuna cosa sente ; 
Come crede che in eie! , di nobil' ira , 
n buon vecchio Dudon si mostri ardente ? 
Mentre in questo superbo i lumi gira , 
Ed al suo temerario ardir ]^m mente , 
Che seco anoor , 1' età spresxando e '1 merto , 
Fanciullo osa agguagliarsi ed inesperto. 

^ r osa pure , e ' 1 tenta , e ne riporta 
In vece di castigo onore e lande : 
£ v' è chi ne '1 consiglia, e ne 1' esorta, 
( O vergogna comune ! ) e chi gli applaude. 
Ma se Goffredo il vede , e gli comporta 
Che di ciò eh' a te dessi , egli ti fraude ; 
Noi soffrir tu : né già soffrir lo dei , 
Ma ciò che puoi dimostra , e ciò che sei. 



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CANTO QUIlfTO. la/ 

Al saon di queste tocì arde lo sdegno ) 
£ cresce in lui , quasi commossa face : 
Né capendo nel cor gonfiato e pregno , 
Per gli occhi n' eSce, e per la lingua audace. 
Ciò che di riprensibile e d' indegno 
Crede in Rinaldo , a suo disnor non tace : 
Superbo e vano il finge , e '1 suo Tslore 
Chiama temerità passa e furore. 

E quanto di magnanimo , e d' altero , 
E d' eccelso , e d' illustre in lui rispiende , 
Tutto ( adombrando con mal' arti il vero ) 
Pur y come visio sia , biasma e riprende : 
E ne ragiona sì , che *1 cavaUero 
Emulo suo, pubblico il suon n' intende. 
Non però sfoga l' ira ) o si raffirena 
Quel cieco impeto in lt^ , eh' a morte il mena. 

Che '1 reo demon, che la sua lingmi pio-ve 
Di spirto in Tece , e forma ogni suo detto, 
Fa che gì' ingiusti oltraggi ogn'or rinnove , 
Esca aggiungendo aXL* infiammato petto. ■ 
Loco è nel campo assai capace , dove 
S' aduna sempre un bel drappeHo eletto ; 
E quivi insieme., in tomeaméntt e in lotte, 
Kendon le membra vigorose e dotte. 

Or quivi, allor che v' è turba più foha , 
I^ur , com' è suo destin , Rinaldo accusa : 
^ E quasi acuto strale in kii rivolta 
La lingua del veben d' Avemo infosa : 
E Ticino è Rinaldo , e i detti ascolta ; 
Né pnote l' ira omai tener più chiusa , 
IVta grida : Menti ; e addosso a hii si spinge , 
h nudo nella destra il ferro stringo. 

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Is8 ' CEIUSALEMHE LIBEKAT^A. 

Parwe im tuono la tocc , e '1 ferro un ìamKpo , 
Che <iì folgor cadente annimaio apporie. 
Tremò colni , né ride foga , o scampo 
Della presente irreparaHl morte : 
Pnr, tatto essendo testdiumio il campo. 
Fa sembiante d' intrepido e di forte ; 
£ '1 gran nemico attende > « '1 ferro tratto , 
Fermo si reca di difesa in atto. 

Qoasi in quel pònto mille spade ardenti 
Fnron vedute fiammeggiar insieme ; 
Che varia torba di mal cante genti 
D' ogn' intorno v' accorre , e s' urta e fveme. 
D ' incerte voci , e di confusi accenti 
Un suon per 1' aria si raggira e freme, 
Qual s ' ode in riva al mare , ove confonda 
n venato i suoi co' mormorii dell' onda. 

Ma per le voci altrui già non s' allanta 
Neil' offeso guerrier l' impeto e 1' ira. • 
Sprezsa i gridi , e i ripari , e ciò che tenta 
Chiudergli il varco , ed a vendetta aspira ; 
£ fra gli uomini , e 1' arme oltre s' avventa y 
£ la fìilminefi spada in cerchio gira 
Sì , che le vie si sgombra ; e^solo , ad onta 
Di mille difensor , Gemando affronta. 

£ con ja man, nell' ira anco maestra , 
Mille colpi ver lui driasa e comparte. 
Or al petto , or al capo , or alla destra * 

Tenta ferirlo^, ora alla manca parte ; 
£ impetuosa , e rapida la destra 
È in guisa tal , che gli occhi inganna e I' arte^ 
Tal eh' improvvisa , e inaspettata giunge 
Ove manco si teme j e iere e punge. 



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CANTO QUIHTO. ìi^ 

ISh cessò mai , fìncliè nel seno immersa 
Oli ebbe una volta e due la fera spada. 

Cade il meschin su la ferita, e versa 

Oli spirti , ^ r alma fuor per doppia strada. 

li' arftia ripone Micor di «angue aspersa 

n vincitor, ne sovra lui più bada; 

IVI a si rivolge altrove , e insieme spoglia 

L' animo crudq, e 1' adirata voglia. 

Tratto al tumulto il pio Goffredo intanto 

"Vede fero spettacolo improvviso : 

Sleso Cremando, il crin di sangue e '1 manto 
Sordido e molle , e pien di morte il viso. 
Ode i sospiri , e le querele e ' 1 pianto 
Che molti fan sovra il guerriero ucciso. 
Stupido chiede : or qui , dove men lece , 
Chi fa eh' ardì cotanto , e tanto fece ì 

Arnaldo , un de' più cari al prence estinto , 
P^arra , (e '1 caso in narrando aggrava molto ) 
Che Rinaldo I* uccise , e che fu spinto ^ 

Da leggiera cagion d' impeto stolto : 
£ che quel ferro , che per Cristo è cinto y 
Ne' campioni di Cristo avea rivolto ; 
£ spreisato il suo impero , e quel divieto 
Che fé' pur diansi , e che non è secreto. 

E che per legge e reo di morte , e deve^ 
Come r editto impone , esser punito : 
Sì perchè '1 fallo in se medesmo è greve ^ 
Si perchè 'n loco tale egli è seguito. 
Che se dell' error suo perdon riceve , 
Fia ciascun' altro per 1* esempio ardito 5 
E che ^ offesi poi quella vendétta 
Vorranno far , eh' ai giudici s* aspetta. 



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ito GERUSALEMME LIBEIATA. 

Oode per ulcagìon , discordie e risse 
GermogUeran fra quella parte e questa. 
Rammentò i merli dell' estinto , e disse 
TnUo ciò , eh' o pietate , o sdegno desta. 
Ma s' oppose Tancredi , e contradisse , 
E la causa del reo dipinse onesta. 
Goffredo ascolta , e in rigida sembianaa 
Porge più di timor , che di sperania. 

Soggiunse allor Tancredi. Or ti sovregna , 
Saggio Signor , chi sia Rinaldo , e quale : 
Qual per se stesso onor gli si con-vegna , 
£ per la stirpe sua chiara e regale , 
£ per Guelfo suo sio : non dee chi regna y 
Nel castigo con tutti esser eguale ; 
Vario è 1' istesso error ne* gradi vari : 
£ soli' eguaUta giusta è co' pi^ri. 

Risponde il Capitan : Da i più suhlimi 
Ad ubbidire imparino i più bassi. 
Mal , Trancredi , consigli , e male stimi , 
Se Tuoi che i ^andi in sua licensa io lassi. 
Qual fora imperio il mio ^ s ' a ' tìH ed imi , 
Sol duce della piede io comandassi ? 
Scettro impotente , e vergognoso impero ; 
Se con tal legge è dato , io più noi chero. 

Ma libero fu dato, e venerando; 
Né vuo' eh* alcun d' autorità lo scemi. 
£ so ben io come si deggia , e quando 
Ora diverse irapor le pene e i premi , 
Ora , tenor d' eguahtk serbando, 
Non separar dagl' infimi i supremi. 
Così dicea , né rispondea colui , 
Tinto da riverensa , ai detti sui. 



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CIUTO QUINTO. l3l 

Raimondo , imiutor della severa 
Hlgida antìcbità , lodava i detti. 
Con quest' arti , dicea , cbi bene impera 
Si rende venerabile ai soggetti,; 
Che i^a non è la disciplina intera y 
Ov' nom perdono, e non castigo aspetti. 
Cade ogni regno , e minosa è sensa 
La base del timor ogni clemensa. 

Tale ei parlava : e le parole accolse 
Tancredi, e più fra lor non si ritenne ; 
Ma ver Rinaldo immantinente volse 
Un sliò destrier, cbe parve aver le penne. 
Kinaldo poi cb' al fier nemico tolse 
L' orgoglio e 1' alma , al padiglion sen venne. 
Qui Tancredi trovollo , e deUe cose 
Dette e risposte appien la somma espose. 

Soggiunse poi : bencb' io sembianza estema 
Del cor non stimi testimon verace ^ 
Cb^ ' n parte troppo cupa , e troppo interna 
Il pensier de ' mortali occnho giace : 
Por ardisco alEennar , a quel cb' io scema 
Nel Capitan , cbe ' n tutto anco noi tace , 
CV egli ti vof^ aU' obbligo soggetto 
De' rei comune , e in suo poter ristretto. 
Sorrise allor Rinaldo , e con «n volto 
In cui tra 'I rìso lampeggiò lo sdegno : 
Difenda sua ragion ne' ceppi involto 
Chi servo i , disoe , o d' esser serv<9 è degno ; 
Libero io nacqui e vissi , e morrò sciolto , 
Pria cbe man porga o piede a laccio indegno : 
Usa alla spada è questa destra ed usa 
ÀUe palme., e vii nodo ella ricusa. 



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«3a GERUSALEMME tlBERATA- 

Ma, s* ai meriti miei questa mercede 
Goffredo rende , e vuole imprìgionamie 
Pur com ' io fossi un uQm del Tolgo , e crede 
A carcere plebeo legato trarrne ; 
Tenga egli , o mandi , io terrò fermo il piede - 
Gmdici fian tra noi la sorte , e 1 ' arme : 
Fera tragedia vuol che s ' appreseoti , 
Per lor diporto , alle nemiche genti ? 

Ciò detto , V armi chiede , e '1 capo e 'I husU 
Ui fanissimo acciajo adomo rende , 
E fa del grande scudo il braccio onusto , 
E la fatale spada al fianco appende : 
E in sembiante magnanimo ed augusto 
Come folgore suol , neU* armi splende/ 
Marte , ei rassembra te , qualor dal quinto 
Cielo, di ferro scendi e d' orror cinto. 

Tancredi intanto i feri spirti, e '1 core 
Insuperbito d* ammollir procura. 
Giovane invitto , dice , al tuo valore 
So che fia piana ogni erta impresa e dura - 
5ò che fra 1* armi sempre, e fra '1 terronr 
La tua eccelsa virtute è più sicura. 
Ma non consenta Dio , eh* eUa si mostri 
Oggi sì crudehnente a* danni nostri. 

Dimmi , che pensi far * vorrai e mani 
Del civil sangue tuo dunque bruttarle ? 
E con le piaghe indegne de ' Cristiani 
1 rafagger Cristo , ond' ei son membra e pirte > 
Di transitorio onor rispetti vani , ' 

Che , qual onda di mar sen viene e parte 
Potranno m te più che la fede, e '1 «elo 
Di qucfla gloria, che n' etema ia cielo? 



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CAirxO QUINTO. ,53 

Ah non per Dio : vinci te stesso , e spoglia 
«^esta feroce tua mente superba. *^ ® " 

C«di : non fia tfmor , ma santa vòglia , 
^h a questo ceder tuo palma si serLa. 
g sc'pnr degna , ond' altri esempio toglìa, 
E la mia giovmetta etade acerba ; 
Anch' io fili provocato, e pur non venni 
Co ' fedeli in contesa , e mi contenni. 

Ch* avendo io preso di CUicia il regno, 
E V insegne spiegatevi di Cristo ; 
Baldovin sopraggiunse, e con indegno 
Modo occupoUo , e ne fé ' vile acquisto ; 
Che , mostrandosi amico ad ogni segno , 
Del suo avaro pensier non m' era avvisto ; 
Ma con V arme però di ricovrarlo 
Non tentai poscia , e forse io potea farlo. 

E se pur anco la prigion ricusi , 
E i lacci schivi quasi ignobil ppndo : 

E seguir vuoi le opinioni e gli usi. 

Che per leggi d' onore approva il mondo ; 

Lascia qui me eh' al Capitan ti scusi ; 

Tu in Antiochia vanne a Boemondo : 

Che né sopporti , in questo impeto primo, 

A ' suoi giudicj assai sicuro stimo. 

Ben tosto fia ( se pur qui contra avremo 

L' arme <l' Egitto o d' alloro stuol pagano ) 

Ch' assai più chiaro il tuo valor estremo 

N' apparirà , mentre starai lontano : 

E senza te parranne il campo scemo , 

Quasi corpo, cui tronco è braccio o roano. 

Qui Guelfo sopraggiunge , e i detti approva : 

£ Tuol che lenia iadagio indi si mova. 

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|S4 CEKUSALEMME LIBERATA. 

Ai lor consigli la sdegnosa mente 
Dell' audace ganon si volge e piega : 
Tal eh' egli di partirsi immantinente 
Fuor di qaell' oste ai fidi suoi non nega. 
Molta intanto è concorsa amica gente : 
£ seco andarne ogn 'un procura e prega. 
£gti tutti ringrazia , e seco prende 
Sol due scudieri , e su '1 cavaDo ascende. 

Parte y e porta un desio d' etema ed alma 
Gloria, eh' a nohil core è sferxa e sprone : 
A magnanime imprese intenta ha V alma, 
fld insolite cose oprar dispone : 
Gir fra ' nemici ; ivi o cipresso o palm% 
Acquistar per la fede ond' è campione : 
Scorrer V Egitto , e penetrar sin dove 
FuQr d' incognito fonte il !Nilo move. 

Ma Guelfo , poi che i giovine feroce, 
Affrettato al partir preso ha congedo ; 
Quivi non hada , e se ne va veloce 
Ove egli stima ritrovar Go£Bredo. 
Il qual , come lui Vede , alza la voce ; 
Guelfo, dicendo, appunto or te richiedo: 
E mandato ho pur ora in varie parti 
Alcun de ' nostri araldi a ricercarti. 

Poi fa ritrarre ogn' ahro , e in basse note 
Ricomincia con lui grave sermone : 
Veracemente , o Guelfo , U tuo nipote 
Troppo trascorre, ov' ira il cor gli sprone; 
E male addursi, a mia credeiua, or puote 
Di questo fatto suo giusta cagione. 
Ben caro avr<^, che la ci rechi tale ; 
Ma GoUredo con tutu è duce eguale. 



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CÀKTO QtlBTTO. lS5 

£ sarà del legittimo e del dritto 

Custode in ogni caso e difensore ; 

Serbando sempre al giudicare invitto 

Dalle tiranne passioni il core. 

Or se Rinaldo a violar 1' editto, 

£ della disciplina il sacro onore 

Costretto fu, come a)cun dice ; ai nostri 

Giudici venga ad inchinarsi , e *1 mostri. 
A sua ritenxion libero vegna ; 

Q«esto eh' io posso, avmerti suoi consento. 
Ma s' egli sta ritroso , e se ne sdegna , 
( Conósco quel suo indomito ardimento ) 
Tu di condurlo , e provveder t' ingegna 
Ch' ei non isforzi uom mansueto e lento 
Ad esser delle leggi, e dell' impero 
Tendicator , quanto è ragion , severo. 

Cosi disse egli ; e Guelfo a lui rispose : 
Anima non potea d' infiamia schiva 
Voci sentir di scorno ingiuriose , 
E non fame repulsa ove T udiva. 
E se r oltraggiatore a morte ei pose , 
Chi h che meta a giust' ira prescriva ? 
Chi conta i colpi , o la dovuta offesa , 
Mentre arde la tenson , misura e pesa } 

Ma quel che chiedi tu , eh' al tuo soprano 
Arhitrìo il garzon venga a sottoporse , 
Ducimi eh' esser non può ^ eh' egli lontano 
Dall' oste immantinente il passo torse. 
Ben m' offro io di provar con questa mano 
A lai, eh' a torto in falsa accusa il morse, 
O s' altri v' è di s) maligno dente , 
CU' ei punì r onta ingiusta ginstameute. 

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156 GERUSALEMME LIBERATA^ 

A ragion , dico, al tumido Gemando 
Fiaccò le coma del superbo orgoglio. 
Sol, s'egli errÀ, fò nell' obblio del bando r 
Ciò ben mi pesa , ed a lodar noi loglio. 
Tacque e disse Goffredo : Or Tada errando^ 
E porti risse altrove : io qui non Toglie 
Che sparga seme tu di nuore liti: 
Deh , per Dio , siau gli sdegni anco finitL 

Di procurare il suo soccorso intanto 
iVon cessò mai V ingannatrice rea. 
Pregava il giorno , e ponea in uso quanto 
L' arte , e l' ingegno , e la beltà potea. 
Ma poi, quando stendendo il fosco manto, 
làé notte in occidente il dì chiudea , 
Fra due vuoi cavalieri e du^ matrone , 
Ricovrava in disparte al padiglione. 

Ma benché sia 'mastra d' inganni , e i suoi 
Modi gentifi , e le parole accorte , 
E bella sì , che 'l ciel prima nh poi 
Altrui non die maggior bellezza in sorte ; 
Tal che del campo i più famosi eroi 
Ha presi d' un piacer tenace e forte ; 
Non è però, cK' all' esca de ' diletti 
Il pio Goffredo lusingando alletti. 

Invan cerca invaghirlo , e con mortali 
Dolcezze attrarlo all' amorosa vita: 
Che qual saturo augel, che non si cali 
Ove , il cibo mostrando , altri V invita ; 
Tal ei , sazio del mondo , i piacer frali 
Sprezza , e sen poggia al ciel per via romita :. 
E quante insidie al suojbel volto tende 
L' infido amor, tutte fallaci^ rende. 



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CANTO QUINTO. 1Z7 

f^e impedimento alcuntorcer dal? onne 
Puote , che Dio ne segna i pensier santi. 
Tentò ella mill' arti , e in mille forme , 
Quasi Proteo novel , gli apparve innanti t 
E desto Amor, doyepiù freddo ci dorme, 
Avrian gli atti dolcissimi , e i sembianti ; 
Ma qni ( grazie divine ) ogni sua prova 
Vana riesce , e ritentar non giova. 

La bella donna , cb' ogni cor più casto 
Arder credeva ad un girar di ciglia , 
O come perde or V alterezza, e *1 fasto, 
£ quale ha di ciò sdegno , e maraviglia ! 
Rivolger le sue forze , ove contrasto 
Men duro trovi , alfin si riconsiglìa : 
Qual capitan eh' inespugnabil terra 
Stanco abbandoni , e porti altrove guerra. 

Ma contra ì* arme di costei non meno 
Si mostrò di Tancredi invitto il core ; 
Però eh' altro desio gì' ingombra il seno, ' 
Né vi può loco aver noveUo ardore : 
Che siccome dall' un l' altro veleno 
Guardar ne sitol, tali' un dall' altro amore. 
Questi soli non vinse : o molto , o poco 
Avvampò ciascun' altro al suo bel fòco. 
Ella , sebben si duol che non succeda 
S\ pienamente il suo disegno e 1' arte : 
Par, fatto avendo cosi nobil preda 
Di tanti eroi , si riconsola in parte. 
E pria che <U sue frodi altri s' avveda , 
Pensa condurgli in più sicura parte , 
Ove gli stringa poi d' altre catene , 
Che non son queste ond' or presi gli tiene. 

19* 

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l33 GEKUSAI.EMME LIBERATA. 

Essendo giunlo il termine che fisse 
_J} espilano a darle alcun soccorso, 
A lui sen venne riverente e disse : 
Sire , il dì stabilito è già trascorso : 
£ se per sorte il reo tiranno udisse 
Ch' io abbia fatto all' arme tue ricorso , 
Prepareria sue forze alla difesa: 
fih così agevol poi fora V impresa. 

Dunque , prima eh' alni tal nova apporti 
Voce incerta di fama , o certa spia , 
Scelga la tua pietà fra' tuoi più forti 
Alcuni pochi, e meco or or gì' invia : 
Che , se non mira il ciel con occhi torti 
L' opre mortali , o l' innocensa obbha, 
Sarò riposta in regno , e la mia terra 
Sempre avrai tributaria in pace , e in guerra. 

Così diceva ; e '1 Capitano ai detti 
Quel che negar non si po|(ea concede : 
Sebben , ov' ella il feuo partir affretti , 
In se tornar 1' elesion ne vede : 
Ma nel numero ogn"nn de' (]^ece eletti 
Con insolita insUnza esser richiede : 
£ r emulaziòn che 'n lor si desta , 
Più importuni gh fa nella richiesta. 

Ella , che ' n essi mira aperto il core , 
Prende, vedendo ciò, novo argomento: 
£ sul lor fianco adopra il rio timore 
Di gelosia per ferza e per tormento ; 
Sapendo ben , eh' aUin s*^ invecchia amore 
Senza quest' arti , e divien pigro e lento j 
Quasi destrier che men veloce corra , 
Se non ha chi lui segua , g chi '1 precorca 

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CAHTO QUllfTO. l59 

E in tal modo cotnparte ì detti sui , 
£ 1 guardo lusinghiero , e '1 dolce riso ^ 
Ch' alcun non è che non invi^ altrui : 
Né il timor dalla speme è in.lor 4ìvùm>* 
La folle turba degli amanti, a cui 
Stimolo è r arte d' un fallace -viso , 
Senxa firen corre , e non gli tien vergogna; 
£ loro indamo il Capitan rampogna. 
Ci eh' egualmente satisfar desira 

Ciascuna delle parti , e in nulla pende ; 

Sebben alcpianto ^r di vergogna , or d' ira 

Al 'vaneggiar de ' cavalier s' accende ; 

Poich' ostinati in quel desio gli mira , 

Novo consiglio in accordarli prende. 

Scrivansi i vostri nomi , ed in un vaso 

Pongansi y disse , e sia gjiudice il caso. 
Subito il nome dì ciascun si scrisse , 

£ in ^icciol' urna posti e scossi foro , 

E tratti a sorte : e '1 primo che n' uscisae 

Fu il conte di Pembrosia Artemidoro. 

Legger poi di Gherardo il nome udisse: 

Ed usci Yincilao dopo costoro: ' 

Yincilao , che sì grave e saggio innante, 

- Canuto or pargoleggia e vecchio amante. 

O cpme il volto han lièto , e gli occhi pregni 
Di quel piacer che dal cor pieno inonda , 
Questi tre primi eletti, i cui disegni 
La fortuna in amor destra seconda. 
D' incerto cor, di gelosia dan segni 
CU altri , il cui nome avvien che l' urna asconda: 
E daDa bocca pendon di colui 
Che spiega i brevi, « légge i nomi altrui.^ 

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l4o GERUSALEMME LIBERATA. 

Cnasco quarto faor yenne , a cni successe 
Ridolfo, ,ed a Ridolfo indi Olderico; 
Quinci Guglielmo Ronciglion si lesse ,^ 
E '1 Bavaro Eberardo, e '1 Franco Enrico; 
Rambaldo ultimo fii , che farsi elesse 
Poi y fé cangiando , di Gesù nemico ; 
Tanto puote Amor dunque ? e questi dùus* 
H numerò de' diece , e gli altri escluse. 
D' ira , di gelosia , d' invidia ardenti 
Ghiaman gli altri Fortuna ingiusta e ria: 
E te accusano , Amor, clie le conienti 
Ghe nell' imperio tuo giudice sia. 
Ma perchè instinto è delle umane menti, 
Ghe ciò che più si vieta, uom più desia , 
Dispongon molti, ad onta di Fortuna, 
Seguir la donna , come il ciel i' imbruna. 

Toglion sempre seguirla all' ombra, al sole, 
E per lei combattendo espor la vita. 
Ella fanne alcun motto , e con parole 
Tronche , e dolci sospiri a ciò gli invita : 
Ed or con questo , ed or con quel si duole , 
Ghe far convienle senza hii partita. 
S' erano armati intanto , e da Goffredo 
Toglieano i diece cavalier congedo. 

Oli ammonisce quel saggio a parte a parte , 
Gome la fé Pagana è incerta e leve , 
E mal sicuro pegno : e con quaV arte 
L' insidie, e i casi avversi uom fuggir' deve. 
Ma son le sue parole al vento sparte : 
Né consiglio d' uom saggio Amor riceve» 
Lor dà commiato al6ne , e la donzella 
INon aspeU» al partir 1' alba novella. 



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CAHTO QUIlfTO. l4« 

Parte la "vincitrice , e quei riValì / 
Quasi pri^oni, al SQO trionfo innantt 
Seco n' adduce y e tra infiniti mali 
Lascia la turba poi degli altri amanti. 
Ma come osci la notte, e sotto 1' ali 
Menò il silensio, e i lievi sogni erranti; 

Secretamente, com' Amor gì' informa. 

Molti d' Armida seguitaron 1' orma. 

Segue Eustasio il primiero, e puote appena 

Aspettar V ombre che la notte adduce. 

Vassene frettoloso, ove ne '1 mena 

Per le tenebre cieche un cieco duce. 

£rrò la notte tepida e serena ; 

Ma poi, nell' apparir dell' alma luce , 

Oli apparse insieme Armida e '1 suo drappello , 
Dove un borgo lor fu notturno ostello. 

Ratta ei ver lei si muove, ed all' insegna 
Tosto Rambaldo il riconosce, e grida 
Che ricerchi fra loro , e perchè vegna. 
Vengo, risponde, a seguitarne Armida , 
IVed ella avrk da me, se non la sdegna , 
Men pronta aita , o servitù men fida. 
Replica r altro : Ed a cotanto onore, 
D) , chi t' elesse ? egli soggiunge : Amore. 
Me scelse Amor , te la Fortuna : or cpiale 

Da più giusto elettore eletto parti ì 

Dice Rambaldo allor: Nulla ti vale 

Titolo falso , ed usi inutil' arti : 

Tik potrai della vergine regale 

Fra i campioni legittimi mischiarti, 

Illegittimo servo : E chi , riprende 

Cruccioso il giovinetto, a me il conteùdc ? 

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J4ft GERUSALEMME LIBERATA. 

Io tei difenderò , colui rispose ; 
E feglìsi air incootro in <{u«8to dire : 
E con voglie egualmente in lui sdegnose 
L' altro si mosse } e con eguale ardire. 
Ma qui stese la mano , e si frappose 
La tiranna dell' alme in messo all' ire ; 
£d all', uno dicea : Deh non t' incresea 
Cb' a te compagno , a me campion s' accresca. 

S ' fmi che salva io sia , perchè mi privi 
In sì grand' uopo deQa nova aita ì 
Dice all' altro : Opportuno , e grato arrivi 
Difensor di mi^ fama , e di mia vita. 
"JSh vuol ragion, ne sarà mai eh' io schivi 
Compagnia nobil tanto , e sì gradita. 
Così parlando , ad or ad or tra via 
Alcun novo campiou le sorvenia. 

Chi di là giunge , e chi di qua : ne T uno 
Sapea dell' altro , e '1 mira hieco e torto. 
Essa lieta gli accoglie , ed a ciascuno 
Montra del suo venir gioja e conformo. 
Ma già nello schiarir dell* aer hruno 
S' era del lor partir Goffredo accorto : 
E la mente, iudovina de' lor danni, 
D' alcun futuro mal par che s' affanni. 

Mentre a ciò pur ripensa , un messo apparo 
Polveroso , anelante , in vista afflitto , 
In atto d ' uom , eh' altrui novelle amare 
Porti , e mostri il dolore in fronte scritto. 
Disse costui : Signor', tosto nel mare 
La grande armata apparirà d ' Egitto : 
E 1' avviso , GugUelnio il qual comanda 
Ai Liguri navigli, a te ne manda. 



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<ÌAl*TÒ QtTIHTd. t4S 

Soggitiuse a questo poi , che dalle na-vi 
Seuflo condotta vettovaglia al campo , 
I cavalli , e i cammelli onusti t gravi 
Trovato aveano a metca strada inciampo : 
"E cbe i lor difensori uccisi , o schiavi 
Restar pugnando , e nessun fece scampo ; 
Da ' ladroni d' Arabia , in una valle , ' 

Assaliti alla fronte ed alle spalle* 

E che r insano ardile, e la licenza 
Di que' barbari erranti è ornai si grande ^ 
Che 'n guisa d' un diluyìo intomo, senza 
Alcun contrasto , si dilata e spande : 
Onde convien eh' a porre in lor temenca 
Alcuna squadra di guerrier si mande , 
Gh' assicuri la via che dalle arene 
Del mar di Palestina al campo viene. 

D' una in un' altra lingua in un momento 
Ne trapassa la fama e si distende : 
£ '1 volgo de' soldati alto spavento 
Ha della fame che vicina attende, 
n saggio Capitan , che V ardimento 
SoUto loro in essi or non comprende , 
Cerca con lieto volto , e con parole , 
Come li rassicuri e rìconsole. 

O per mille perigti, e miUe alTanni 
Meco passati in quvHe parti , e in queste y 
Campion di Dio , eh' a ristorare i danni 
Della cristiana sua fede nasceste ;' 
Voi , che r armi di Persia e i Greci inganni , 
£ i monti e i mari , e '1 vento e le tempeste ^ 
Della fame i disagi e della sete 
Soperaf t« ', voi dunque ora temete ì 



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j44 GERrSALEMMB LIBERATA. 

Dunque il Signor, che n' indirissa y e mOTe^ 
Già conosciuto in caso assai più rio, 
^on T ' assicura , quasi or volga altrove . 
La man della demensa , e '1 guardo pio ? 
Tosto UQ dì fia , che rimembrar vi giove 
Gli scorsi affanni , e sciorre i voti a Dio. 
Or dorate magnanimi , e voi stessi 
Serbate , prego , ai prosperi successi. 
Con questi -detti le smarrite menti 
Consola , e con sereno e lieto aspetto ; 
Ma preme mille cure egre e dolenti, 
Altamente riposte in messo al petto. 
Come possa nutrir sì varie genti 
Pensa , fra la penuria e fra '1 difetto : 
Come all' armata in mar s' opponga , e come 
Gli Arabi predatori affireni y e dome. 



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GfiAUSALEHHE I.IBERATA. 14B 



\ 

CANTO SESTO, 



ARGOMENTO. 

Argante ogni Cristiano a giottr» appeU|i 1 
Indi Otton , non eletto , a lui s' oppone 
Audace troppo , e tolto vien di sella ; 
Onde «en va nella città prigione. 
Tancredi pur con Ini pugna novella 
Comincia ; ma a lei tregua il bujo impóa*. 
Erminia che del suo Signor si crede 
Curare il mal, muove notturna il piede. 

JVl A à* altra parte le assediate genti 
Speme miglior conforta e rassicura : 
Ch' oltre il cibo raccolto , altri alimenti 
8on lor dentro portati a notte oscura : 
Ed han munite d' arme e d' instruraenti 
Di guerra , Terso 1' aqnUon , le mura , 
Che d' altezza accresciute , e sode , e grosse , 
Mostran di non temer d' urti odi scosse. 

E '1 rè por sempre queste parti, e quelle 
Lor fa innalzare , e rinforzare i fianchi , 
O r aureo sol ri^lénda , od alle stelle 
Ed alla luna il fosco ciel s' imbianchi : 
E in (ar continuamente arme novelle 
Sudano i fabbri affaticati e stanchi. 
In s\ fatto apparecchio , intollerante 
A lai sen venne , e ragiouogU Argante. . 
1. >% 

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t4C eERtrSALBMME LIBERATA, 

E ìdsìdo a quando ci terrai prigiozù . 
Fra queste mura in vile assedio , e lento ? 
Odo bf n io strìdere incudi 5 e snoni 
D' elmi e di scudi, e di corazie io sento; 
Ma non veggio a qaal uso : e quei ladroni 
Scorrono i campi, e i borghi a lox' talento :. 
JNè t' è di tkoi chi mai lor passò arresti, 
Kè tromba che dal sonno a)men gli desti. 

A lor uh i prandi mai turbati e rotti', 
lìh molestate son le cene liete ; 
Ansi egualmente i dì lunghi , e le notti 
Traggon cOn sicareiza e con quiete. 
Voi diu disagi , e dalla fame indotti 
A darvi vinti a lungo andar sarete^ 
Od a morìrae qui come codardi, 
Quando d' Egitto pur V ajuto tardi. 

Io per me non vo' già eh' ignobil morte 
I giorni miei d' oscuro obbUó ricopra : 
Tih vo' eh' al novo dà fra queste porte 
L' alma luce del Sol chiuso mi 8c<^n-«. 
Di questo viver mio faccia la sorte 
Quel che già stabihto è là di sopra : 
Non Cark gik die, sensa oj^rar k spada. 
Inglorioso e invendicato io cada. 

Ma quando pur del valor vostro uAate 
Così non fosse in voi spento ogni seme> 
Plon di morir pugnando ed onorato, . 
Ma di vita, e di palma anco avrei ^tetbe. 
A incontrare i nemici e '1 nostro fato 
Andianne pur deliberati insieme ; 
Che spesso avvien che ne' maggior perigU 
Sono i più audaci ^li ottimi opAsigli. 
• 

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CANTO SVESTO. l47 

Ma se nel troppo osar tu non ùiperi, 
Jih sei d' uscir con ogni squadra ardito; 
Procura aknen, che sia per due guerrieri 
Questo tuo gran litigio ot difinito. 
E perchè accetti ancor piii -volentieri 
Il Capitan de' Franchi il nostro invito ; 
L' arme egli scelga, e '1 suo vantaggio toglia : 
£ le conduion formi a tua voglia. 

Che se '1 nemico avrk duejnani, ed una 
Anima sola, ancorch' audace e fera; 
Temer non dei per isciagara alcuna , 
Che la ragion da me difesa pera. 
Puote , in vece di fato e di fortuna, 
Darti la destra mia vittoria intera : 
Ed a te se medesma or porge in pegno; 

Che, se '1 confidi in lei, salvo è il tuo regno. 
Tacque; e rispose il rè : Giovane ardente ^ 

Behhen me vedi in grave età tienile, 

IVon sono al ferro queste maU sì lente ^ 

IVè sì quest* «Ima è neghittosa e vile, 

Ch' anzi morir volesse ignobilmente. 

Che di morte magnanima e gentile ; 

Quand' io temensa avessi, o dnhhio alcuno 

De' disagi eh' annnnsii, e del digiuno. 

Cessi Dio tanta infamia. Or quel eh* ad arte 

Tf ascondo altrui, vo' eh' a te sia palese. 

6oliman di Nicea, che In-ama in parte 

Di vendicar le ricevute offese. 

Degli Arabi le schiere erranti e spatfte 

Raccolte hk fin dal Libico paese : 

£ i nemici assalendo all' aria nera. 

Dame soccorso, e tettovaglia spere. 



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l48 GERUSALEMME LIBERATA, 

Tosto fia che qui gianga^ or se frattanto 
8on le nostre castella oppresse e serve , 
JVon cene caglia, purché '1 regal manto 
£ la mìa nobil reggia io mi conserve. 
Tu r ardimento, e <juesto ardore alquanto 
Tempra, ^er Dio, <ie *n te soverchio ferve z 
£d opportuna la stagione aspetta 
Alla tua gloria, ed alla mia vendetta. 
Forte sdegnossi il Saracino audace, 
Ch' era di Solimano emulo antico ; 
8ì amaramente ora d* udir gli spiace 
Che tanto sen prometta il rege amico. , 
A tao senno, risponde, e guerra e paca 
Farai, Signor, nuUa di ciò piv dico. 
$' indugi pure, e Soliman s' attenda; 
Bi} ch^ perde il suo regno, il tuo difenda. 

Vengane a te, quasi celeste messo, 
Liberator del popolo Pagano : 
Ch* io, quanto a me,l>astar credo a me stesso,^ 
E sol vo' liberta da questa mano. 
Or , nel riposo altrui siami concesso 
Ch' io ne discenda a guerreggiar nel piano t 
Privato cavalier, non tuo campione. 
Verrò co* Franchi a sìngolar tenxone. 

Replica il rè : Sebben T ira e la spada 
Dovresti riserbare a miglior uso ; 
Cl^e tu sfidi però, se ciò t' aggrada, 
Alcun guerrier nemico, io non ricuso. 
Così gli disse jed ei punto non bada. 
Va, ice ad un araldo, or colà giuso, 
Ed al duce de' Franchi, udendo 1' oste, 
fk queste mie non picciole proposte^ 



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CANTO SESTO. ìJ^ 

Ck' nn cavalier, che d' appiattarsi in questo 
Forte cinto di muri a sdegno prende, 
Crama di far con 1 ' anxii or manifesto 
Quanto la sna possansa oltre si stende : 
"E, eh' a duello di venirne è presto, 
IV el pian eh' è fra le mura e 1' alte tende. 
Per prova di valore : e che disfida 
Qual più de' Franchi in sua virtù si fida. 

£ che non solo è di pugnare accinto 
£ con uno, e con due del campo ostUe; 
IVfa dopo il terso, il quarto accetta, e '1 quinto, ' 
Sia di volgare stirpe, o di gentile : 
Dia , se vuol , la franchigia , e serva il vinto 
Al vincitor, come di guerra è stile. 
Cos) gì' impone : ed ei vestissi allotta 
La purpurea dell' arme aurata cotta. 

£ poiché giunse alla regal presensa 
Del principe Goffredo, e de' haroni, 
Chiese : O Signore, ai messaggìer licenaa 
Dassi tr4 voi di liheri sermoni ? 
Dassi, rispose il Capitano, e sensa 
JLlcun timor la tua proposta esponi. 
Biprese quegli : Or si parrà , se grata 
Q fonnidabil sia 1' alta ambasciata. 
A E seguì poscia, e la dislida espose 
Con parole magnifiche , ed altere. 
Fremer s' udirò, e si mostrar s<legnoso 
Al suo parlar quelle feroci schiere : 
£ srasa indugio il pio BugUon rispose : 
Dtira impresa intraprende il cavaliere : 
£ tosto io creder yo' , che gliene incresca 
, Sì) che d' uopo non fia «he '1 quinto n' esca., 

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iSo GERUSALEMME tlBEmÀTl.. 

Ma Tenga ìm prova par, che d' ogni oltraggio 
Gli ofiero campo libero e licuro; 
E seco pugnerà senza Tantaggìo 
Alcun de' miei camf^oni : e coù ghiro. 
Tac<jue ; e tornò il rè d ' arme ài suo -viaggio 
Per r orme, eh* al Tenir calcate foro : 
E non ritenne il frettoloso passo, 
Finché non die riposta al fier Circasso* 

Armati, dice, alto Signor, che tardi? 
La disfida accettata hanno i Cristiani : 
£ d' affrontarsi teco i men gagliardi 
Mostran desio, non che i guerrier soprani. 
E mille io yidì minacciosi sguardi, 
E mille al ferro apparecchiate mani : 
Loco sicuro il duce a te concede. 
Così gh dice ; 1' arme esso richiede. 

£ sene cinge intomo , e impasiente 
Di scenderne s' affretta alla Campagna. 
Disse a Clorinda il rè, eh' era presente ; 
Giusto non è eh' éi vada, e tu rimagna. 
Mille dunque con te di nostra gente 
Prendi in sua sicuretia, e 1* accompagna; 
Ma vada ìnnaDxi a giusta pngna ei solo : 
Tu lunge alquanto a lai ritien lo stuolo. 

Tacque ciò detto : e poi che faro armati» 
<Juei del chiuso n' uscivano ali ' aperto l 
£ giva innanzi' Argante, e dagH osati . 
Arnesi in su '1 cavaOo era coperto. 
Loco fu tra le mura e gli steccati 
Che nulla avea di disegnale, o d' eito^ 
Ampio e capace : e parea fatto ad arte, 
Perch' egli fosse al^ canipo>|i Malte. 



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CÀUTO SESTO. i5j 

Ivi solo discese , hi fermosse 
In -vista de* nemici il fero Argante : 
Per gra^ cor, per gran corpo, e per gran posse 
Superbo , e minaccievole in sembiante : 
Qual Encelado in Flegra ,. o cpal mostrosse 
Neil' ima valle il Filisteo gigante. 
Ma pur molti di lui tema non hanno , 
Ch* anco quanto sia forte appÌCTi non sanno. 

Alcun però dal pio Goffreddo eletto" 
Conie il migliore ancor non è fra molti. 
Ben si vedean con desioso affetto 
Tutti gli occhi in Trancredi esser rivolti : 
E dichiarato infra i miglior perfetto 
Dal favor manifesto era de' volti : 
E s* udia non oscuro anco il bishiglio : . , 

E 1* approvava il Capitan col ciglio. 

Gi{^ cedea ciascun' altro , e non secreto 
Era il volere ornai del pio Buglione ; 
Vanne , a lui disse , a te l'uscir non vieto , 
E reprimi il furor di qnel fellone. 
£i tutto in volto baldanzoso e lieto , 
Poiché d' impresa tal fatto è campione , 
Allo scndier chiedea 1' elmo e '1 cavallo : 
Poi seguito da molti uscia del vaBo. 
Ed a quel largo pian fatto yicino , 
Ove Argante 1' attende, anco bon era ; 
Quando in leggiadro aspetto e peHegrino 
6' offerse agli ocdii suoi T alta Guerriera. 
Bianche via più che neve in giogo Alpino y 
Avea le sopravvesti, e la viùera 
Alta tenea dal volto, e sovra un' erta, 
Tutta, quinto ella k grande, era scoperta. 



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|5a GERUSALEMME LIBERATA^ 

Già uon mira Tancredi ove il Circassa 
La spaventosa fronte al cielo estoDe ; 
Ma move il suo destrier con lento passo , 
Volgendo gli occhi ov' è colei sol colle. 
Poscia immobil si ferma , e pare un sasso ; 
Gelido tutto fuor , ma dentro bolle : 
Sol di mirar s' appaga , e di battaglia 
Sembiante fa cbe poco or più gli caglia. 

Argante, cbe non vede alcun cbe in atto 
Dia segno an.cor d' apparecébiarsi in. giostra^ 
Da desir dì contesa io qui fui tratto , 
Grida ; or fbi viene innanzi , e meco giostra ì 
li* altro attonito quasi e stupefatto 
Pur la s' affissa , e nulla udir ben mostra « 
Ottone innanzi allor spinse il destriero , 
£ nell' arringo voto entrò primiero. 

Questi up fu di color, cui dianzi accesa 
Di gir contra il Pagano alto desio : 
Pur cedette a Tancredi , e 'n sella ascese 
Fra gli altri, cbe ' 1 seguirò ; e seco uscio .^ 
Or veggendo sue voglie altrove intese , 
£ stame lui quasi al pugnar restio ; 
Prende, giovine audace e impaziente > 
li* occasione oiOferta avidamente. 

E veloce così , cbe tigre o parda 
Vh men ratto talor per la foresta , 
Corre a ferir il Saracin gagliardo , 
Cbe d ' al^a parte la gr«n lancia arresta. 
Si scuote ^h>r Tancredi , e dal suo tardo 
Pensier, qu^si da un sonno, alfin si desta } 
£ grida ei |)en : La pugna è mia ; rimanti. 
Ma troppa Ottone è già trascorso iimantÌA^ 



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CAWTO SESTO. |5S 

Onde 81 ferma , e d ' ira e di dispetto t 

A^^ampa dentro, e fuor qual fiamma è rosso) 
PercK' ad onta si reca , ed a difettò , 
Gh* altri si sia primiero in giostra mosso. 
Ma intanto a meszo il corso in su 1 ' elmetto 
Dal gioyin forte è il Saracin percosso. 
£gU all' incontro a lui col ferro acuto 
Fende l ' usbergo , e pria rompe lo sento. 

Cade il Cristiano ; e ben è il colpo acerbo, 
Posciach' avvien che dall' arcion lo svella. ^ 
Ma il Pagan di più forza , e di più nerbo 
Non cade già , né pur si torce in sella. 
Indi con dispettoso atto superbo 
Sovra il caduto ca-f alìer favella : 
Renditi vinto , e per tua gloria basti 
Cbe dir potrai , cbe contra me pugnasti. 

Nò , gli risponde Otton , fra noi non s' usa 
Così tosto depor 1' arme , e 1' ardire. 
AUri del mio cader farà la scusa ; 
Io vo' far la vendetta , o" qui morire. 
In sembianza d' Aletto , e di Medusa 
Freme il Circasso, e par che fiamma spire. 
Conosci or, dice, il mio valore a prova, 
Poiché la cortesia sprezzar ti giova. 

Spìnge il destrier in questo , e tutto obblia 
Quanto virtù cavalleresca chiede. 
Fugge il Franco l' incontro, e si desvia, 
£ '1 destro fianco nel passar gli fiede : 
Ed è sì grave la percossa e ria , 
Che 'l ferro sanguinoso indi ne riede. 
Ma che prò , se la piaga al vincitore 
f^ona non toglie, e giunge ira e furore I 



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j54 GERUSALEMME LIBERATA. 

Argunte il corrìdor dal corso affroia, 
É indietro Q -volge ; e così tosto è volto , 
Che se n' accorge il suo nemico a{^na y 
£ d' un grand' urto all' improTYÌso è coko. 
Tremar le gambe, indebolir la lena, 
Sbigottir 1 * alma , e impallidire il voko , 
Gli fé' l'aspra percossa; e frale e stanco 
Sovra il duro terren battere il fianco. 

Neir ira Argante infellonisce, e strada 
Sovra il petto del vinto al destrier face. 
E Cosi, grida, ogni superbo vada 
Come costui cbe sotto i pie mi giace. 
Ma 1 ' invitto Tancredi allor non bada ; 
Che 1 ' atto crudelissimo gli spiace : 
E vuol che '1 suo valor con chiara emenda 
Copra il suo fallo, e, come suol, ri^lenda. 

Passi innanxi gridando : Anima vilei 
, Che ancor nelle vittorie infame sei : 
Qual titolo di lande alto, e gentile 
I)a modi attendi sì scortesi e rei ? 
Fra i ladroni d ' Arabia , o fra simik 
Barbara turba avvesso esser tu dei. 
Fuggi la luce, e va con 1* altre belva 
A incrudelir ne* monti, t tra le selve. 

Tacque : e '1 Pagano al sofferir poco ns» 
Morde le labbra , e di foror si strugge. 
Risponder vuol, ma '1 suono esce confuso. 
Siccome strido d' anpaal che rugge : 
O come apre le liubi , oiad' egli è chÌBsay 
Im^tuoso il fulmine , e sen fbgge ; 
Cosi pareva a forza ogni suo detto , 
Tuonando uscir daU' infiammato petto. 



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CAlfTO 'SESTO. l5S 

Hf a poi cte in aml>ó il minacciar feroce 
A vicenda irritò 1' orgoglio e 1' ira ; 
L* un come l'altro rapido e yeloce, 
Spazio al corso prendendo, il destrier girt> 
Or <in\y Musa, rinfona in me la voce, 
K furor pari a quel faror m' inspira : 
Sì che non sian dell' opre indegni i carmi. 
Ed esprima il mio canto il saon dell' armi. 

Posero in resta , e dirizzaro in alto 
I due guerrier le noderose antenne : 
Né fu di corso mai , né fu di salto, 
Wè fu mai tal velocità di penne, 
Né furia eguale a quella, ond' all' assaltd 
Quinci Tancredi, e quindi Argante venne. 
Rupper 1* aste su gli elmi, e volar mille 
Tronconi e schegge , e lucide faville. 

Sol de' colpi il rinil>oml>o intorno mossa 
U imm9bil terra , e risonarne i monti ; 
Ma r impeto, e '1 fttt-or delle percosse 
r^ulla piegò delle superbe fronti. 
L' uno e 1' altro cavallo in guisa nrtosse, 
Che non (or poi, cadendo, a sorger pronti. 
Tratte le spade , i gran mastri di guerra 
Lasciar le staffe , e i pie fermaro ih terra. 

Cautamente ciascuno ai colpi move 
La destra, ai guardi 1' occhio, ai passi il piede : 
Si reca in atti varj , e *n guardie nove. 
Or giri intorno, or cresce innanzi, or cede: 
Or qui ferire accenna , e poscia altrove^ 
Dove non minacciò, ferir si vede : » 

Or di se discoprire alcuna parte , 
£ tentar di ichOTaif r arte con r art*. / 



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l£$ C^BUSÀLEIIME LIBERATA. 

Della spada Tancredi, e dello scado 
Mal guardato al Pagan dimostra il fianco^ 
Gorre egli per ferirlo , e intanto lindo 
Di riparo si lascia il lato manco. 
Tancredi con nn colpo il ferro crudo 
Del nemico ribatte, e kii fere anco : 
fih poi, ciò fatto, in ritirarsi tarda, 
Ma si raccoglie , e si ristringe in guarda* 

n fero Argante , che se stesso mira 
Del proprio sangue suo maccliiato e moOcj 
Con insolito orror freme , e sospira , 
Di cruccio e di dolor turbato e folle : 
E portato dall' impeto e dall' ira. 
Con la -voce la spada insieme estolle : 
E tomq^ per ferire , ed è di punta 
Piagato , ot' è la spalla al braccio giunta. 

Qual nelle alpestri selve orsa , che sentA 
Duro spiedo nel fianco , in rabbia monta : 
E contra 1' arme se medesma irventa, 
E i perigli, e la morte audace affronta; 
Tale il Circasso indomito diventa , 
Giunta or piaga alla piaga, ed onta all' onta : 
E la -vendetta far tanto desia. 
Che spreasa i rischi, e le difese obUia. 

E , congiungendo a temerario ardire 
Estrema forsa, e infaUcabillena, 
Tien che ^^ impetuoso il ferro gire , 
Che ne trema la terra, e '1 ciel balena : 
T^h tempo ha 1' altro ond' un sol colpo tire. 
Onde si copra , onde respiri appena : 
ISh schermo v' è eh' assicurare il possa 
Dalla fretta d'Argante e dalla possa. 



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CAJTTO SESTO. j57 

Tancredi > «» se raccolto , attende invano 
Che de* gran colpi la tempesta passi. 
Or V • oppon le difese , ed or lontano 
Sen va co' gira, e co' maestri passi. 
Ma poiché non s' allenta il fier Pagano, 
E forza alfin che trasportar si lassi : 
K cruccioso egli ancor con quanta puote 
Violenza maggior la spada rote. 

Vinto dall' ira è la ragione e 1' arte , 
E le forae il furor ministra , e cresce. 
Sempre che scende il ferro , o fora o parte , 
O piastra o magh'a : e colpo invan non esce. 
Sparsa è d' arme la terra ^'e 1' arme sparte 
,Di sangue, e '1 sangue col sudor si mesce. 
Lampo nel fiammeggiar , nel romor tuono , 
Fulmini nel ferir le spade sono. 

Questo popolo e quello incerto pende 
Do b\ nuovo spettacolo ed atroce ; 
E fra tema , e speransa il fin n ' attende , 
Mirando or ciò che giova , or ciò che nuoce : 
E non si vede pur , né pur s' intende 
Picciol cenno fra tanti, o bassa voce ; 
Ma sene sta ciascun tacito e immoto. 
Se non se inquanto ha il cor tremante in moto. 

Già lassi erano entrambi , e giunti forse 
8arìan pugnando ad immaturo fine ; 
Ma sì oscura la notte intanto sorse , 
Che nascondea le cose anco vicine. 
Quinci un araldo , e quindi un altro accori* 
Per dipartirgli , e gli partirò alfine. 
L' uno il Franco Arideo , Pindofo é 1' altro, 
Che portò la disfida , aom saggio e scaltro. 
J. ,4 

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iSg GERUSALIMMB LlBBHiTA.» 

I pacifici scettri osar costoro 
Fra le spade interpor de' combattenti f 
Con queDa sicurtà che porgea loro 
h' antichissima legge delle genti. 
Siete , o guerrieri , incominciò Pindoro p 
Con pari onor, di pari ambo possenti. 
Dunque cessi la pugna ) e non sian rott* 
he ragioni ^ e '1 riposo della notte. 

Tempo è da travagliar mentre il sol dora ^ 
Ma nella notte ogni animale hk pace : 
E generoso cor non molto cura 
Plottumo pregio , che s' asconde e tace* 
Risponde Argante : A me per ombra oscorf 
La mia battaglia abbandonar non piace : 
Ben avrei caro il testimen del giorno : 
Ma che giuri costui di far ritomo. 

Soggiunse 1' altro allora : £ tu prometti 
Di tornar , rimenando il tuo prigione ; 
Perch' altrimenti non fia mù eh' aspetti 
Per la nostra contesa altra stagione. 
Così giuraro : e poi gli araldi eletti 
A prescriver il tempo alla tcnsone ^ 
Per dare spasio alle lor piaghe onesto ^ 
Stabilirò il mattin del giorno sesto. 

Lasciò la pugna orribile noi core 
De' Saracini e de' Fedeli impressa 
Un' alta maraviglia , ed un orrore 
/ Che per lunga stagione in lor non cetsf. 
Sol dell' ardir si parla , e del valore 
Che r un guerriero e 1' altro ha mostro in ciu. 
Ma qual si debba di lor due prepone , 
Tario e discorde, il volgq in se disa>ixe. 



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CAUTO StSYÓ. 
■ E «ik sospeso in aspettando qaal« 
Avrà la fera lite avrenimento : 
E se '1 furore alla Tirtù prevale , 
O se cede 1 ' audacia aU» ardimento. 
Ma pm 4i ciascun ahro , a cui ne cale , 
La beDa Erminia n' hk cura e tormentot , 
^Hè da 1 giudici àeìì' incerto Marte 
Vede pender di se la mi^or parte. 

Costei , che figUa fa del rè Gassane 
Che d' Antiochia già l' imperio tenne , 
Freso li suo regno, al vincitor Cristiano 
Fra 1 altre prede anch^elk in ^pcter venne. 
Ma fufle m guisa aDor Tancredi umano , 

C|he nnU. ingiuria in sua balia sostenne : 

tsd onorata fu nella mina 

DeU* alta patria sua, come Reina. 

L' onorò , la servì , di Ubertate 
Dono le fece il cavaKero egregio ? 
E le furo da lui tutte lasciate 
Le gemme e gli ori , e ciò eh' avea di pregio. 
tiUa vedendo in giovinetta etate , 
E in leggiadri sembianti animo regio , 
Restò presa d* Amor, che mai non strinse 
Laccio di quel più fermo onde lei cinse. 

Cosi se '1 éorpo Kbertk riebbe , 
Fu r alma sempre in servitnte astretta. 
Ben molto a lei d' abbandonar increbhe 
II signor caro , e la prigìon diletta ; 
Ma l' onestà regal , che mai non debb« 
Dt msgnanima donna esser negletta , 
Li costrinse a partirsi , e con ì' antica 
Madre a ricovettrsi ia terra amica. 



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IS9 



l(lO GEBUSALCMME LTBEtlTA. 

Teline a Gerustlemme , e quivi accoUa 
Fu dal tiranno del paese Ebreo ; 
Ma tosto pianse , in nere spoglie aTToHa , 
Della sua genitrice il fato reo. 
Pur , né '1 duol che le sia per nròrte tolta , . 
Kè 1' esilio infelice unqua poteo 
L' amoroso desio sveller dal core , 
Né favilla ammorsar di tanto ardore. 

Ama ed arde la misera , e sì poco 
In tale stato che sperar le avanza , 
Che nudrisce nel sen 1' occulto foco , 
Di memoria via più f che di speranza : 
E quanto è chiuso in più secreto loco , 
Tanto ha 1 ' incendio suo maggior possanza. 
Tancredi alfine , a risvegliar sua spene , 
Sovra Gerusalemme ad oste viene. - 

Sbigottir gli altri all' apparir di tante 
Nazioni e si indomite , e sì fere ; 
Fcr' sereno elìk il torbido sembiante , 
£ lieta vagheggiò le squadre altere : 
E con avidi sguardi il caro amante 
Cercando gìo fra quelle armate schiere. 
Cercollo invan sovente , ed ànpo spesso 
RaffiguroUo ; e disse : Egli e pur desso. 

Nel palagio regal sublime sorge 
Antica torre assai presso alle mura : 
Dalla cui sommità tutta si scorge 
L' oste Cristiana , e '1 monte , e la pianura. 
Quivi , dacché il suo lume il sol ne porge , 
Infin che poi la notte il mondo oscura , 
S ' asside , e gli occhi verso il campo gira , 
E co ' pensieri suoi parla , e sospira, 

DigitizedbyGoOgle , 



CANTO 8E6T^. iSi 

Quinci viòle la pugna > e ' 1 cor ndi petto 
Seutì tremarsi in quel punto sì forte , 
Che parea che dicesse : H tuo diletto 
£ quegU là , che in rischio h della morte. 
Così , d ' angoscia piena e di sospetto y 
Mirò i successi della dubhia sorte : 
£ sempre che la spada il Pagan mosse y 
Sentì nell' alma il ferro e le percosse. 

Ma poiché '1 vero intese , e intese ancora 
Che dee 1' aspra tenson rinnovellarsi ; 
InsoUto timor così 1' accora , 
Che sente Ìl sangue suo di ghiaccio farsi. 
Talor scerete lagrime , e talora 
Sono occulti da lei gemiti sparsi : 
Pallida , esangue , e sbigottita in atto ^ 
Lo' spavento e '1 dolor v' avea ritratto* 

Con orrìbile imago il suo pensiero 
Ad or ad or la turba e la sgomenta : 
£ via più che la morte il sonno è fiero ; 
Sì strane larve Ìl sogno le appiresenta. 
Parie veder 1' amato cavahero 
Lacero e sanguinoso : e par che senta 
Ch' egli aita le chieda : e desta intanto y 
Si trova gU occhi e ' 1 sen molle di pianto. 

Uh sol la tema di futuro danno 
Con sollecito moto il cor le scuote ; 
.Ma delle piaghe , eh' egli avea , V affanno 
£ cagion che qnetar 1' alma non puete. 
£ i fallaci romor , eh' intorno vanno y 
Crescon le cose incognite e remote : 
Siccli' ella avvisa , che vicino a morto 
Giaccia oppresso laoguendo il guerrler forte. 

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l9s CERUSÀLEMMC tTSERATA. 

£ perocch' ella dalla madre apprese 
Qual più secreta sìa ¥Ìrtù dell' erbe , 
E con qnai carrai nelle membra offese 
Sani ogni piaga , e '1 duol si disacerbe : 
Arte , che per usanza in quel paese 
IVelle figlie de * rè par che si serbe ; 
y onda y di sua man propria , alle £erat« 
Del suo caro signor recar salute. 

EQa r amato medicar desia, 
£ curar il nemico a lei conviene. 
Pensa talor d' erba nocente e ria 
Succo sparger in lui che 1' avvelene, 
Ma schiva poi la man vergine e pia 
Trattar 1' arti maligne , é sen' astiene. 
Brama ella ahnen che in uso tal sia vota 
Di sua virtude ogn' erba , ed ogni nota. 

Né gik d' andar fra la nemica gente 
Teinenca avria , che peregrina era ita , 
E viste guert-e e stragi avea sovente , 
£ scorsa dubbia e faticosa vita : 
Sicché per 1 ' uso la femminea men^ 
Sovra la sua natura è fatta ar(fita : 
Né così di leggier si turba , o pavé 
Ad ogni immagin di terror men grave.' 

Ma più eh' altra cagion , dal molle seno 
Sgombra Amor temerario ogni paura : 
E crederia fra 1' ugne , e fra '1 veleno 
Delle Africane belve andar sicura. 
Pur , se non della vita , avere almeno 
Della sua fama dee temenza e cura. 
E fan dubbia contesa entro al suo core 
Due poCenti nemici Onore > e Amore. 



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CAHTa SESTO. J63 

"Li* un cos) le ramosa : O -verginella ,' 
Oh« le mìe leggi insino ad or serbasti , 
Io mentre eh' eri de' nemici ancella , ,• 

Ti conservai la aiente , e i membri casti: 
£ tu , libera , or -vuoi perder la befia 
Verginità che in prigionia guardasti ^ 
Ahi nel tenero cor «jaesti pensieri 
Chi sveghar pnò ! <^ pensi ì oimè, che speri? 

Dan<]Re il tìtolo tu d' esser pudica 
S\ poco stimi, e d' onestate il pregio ; 
Che te n' andrai fra nasion nemica , 
Notturna amante, a ricercar dispregio f 
Onde il superbo viacitor ti dica : 
Perdesti il regno , e in un 1' animo regio : 
Non sei di me tu degna ; e ti conceda 
Yulgare agli altri e mal gradita preda ì 

Dall' altra parte il consiglier fallace 
Con tai lusinghe al suo piacer 1' alletta ; 
Nata non sei tu gik d' orsa Torace , 
Né d' aspro e freddo scoglio, o gioTÌueKa ; 
Ch' abbia a «pressar d' Amor 1' arco e la face , 
Ed a fuggir ogn'or «pel che diletta , 
Né petto hai tu di ferro , o di diamante y 
Che vergogna ti sia l' esser amante. 
Deh vanne ornai dove il desio t' invoglia. 

Ma ({ual ti fingi vincitor crudele ì 

?}pn sai com ' egK al tuo dolor si doglia , 

Come compianga al pianto, alle querele ? 

Cnidel sei to , che con sì pigra voglA 

Mnovi a portar salute al tuo fedele. 

Langne , • fera ed ingrata , il pio Tancredi : 

E ta deU' altrui titfi t atra iiedi. 



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]64 GERUSALEMME LIBERATA. 

Sana tn pur Argante , acciocché poi 
n tuo Uberator sia spinto a morte. 
" Così disciolti avrai gli obblighi tuoi , 
£ sì bel prenaio fià eh' ei ne riporte. 
£ possibil però che non t' annoi 
Quest' empio ministero or cosi forte , 
Che la noja non basti e 1' orror solo 
A far che tu di qua ten fugga a volo ì 

Deh ben fora all' incontro ufficio umano ^ 
E ben n' avresti tu gioja e diletto , 
Se la pietosa tua medica roano 
Avvicinassi al valoroso petto ; 
C he per te fatto il tuo signor poi sano 
Colorirebbe il suo smarrito aspetto : 
E le bellezze sue , che spente or sono , ~ 
Tagheggieresti in lui , qua6i tuo dono. 

Parte ancor poi nelle sue lodi avresti ., 
E nell* opre eh' ei fiesse alte e famo4 ; 
Ond^ egli te d' abbracciamenti onesti 
Faria lieta, e di nozze avventurose. 
Poi mostra a dito , ed onorata andresti 
Frale madri Latine , e fra le spose 
La nella bella Italia , ov' è la sede 
Del valor vero , e della vera fede. 

Da tai speranze lusingata ( ahi stolta ! ) 
Somma felicitate a se figura. 
Ma pur si trova, in mille dubbj avvolta , 
Come partir si possa indi sicura : 
Perchè vegghhìn le guardie, e sempre io Tolta 
Van di fuori al palagio , e su le mura ; 
Né porta alcuna , in tal rischio di guerra ^ 
Senza grave cagion mai si disserra. 



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CANTO SESTO. l55 

Soleva Erminia in compagnia soTente . 
Della Guerriera far l^nga dimora. 
Seco la ride il sol dall* occidente : 
Seco la -vide la noTella aurora. 
£ quando son del dì le luci spente , 
Un sol letto le accolse ambe talora : 
E nuli' altro pensi^v , che V amoroso , 
Ij' una vergine all' altra avrebbe ascoso. 
. Questo sol tiene Erminia a lei secreto > 
£ se udita da lei talor si lagna , 
Reca ad altra cagion del cor non lieto 
Oli affetti , e par cbe di sua sorte piagna. 
Or in tanta amistà , sen«a divieto , 
Venir sempre ne puote alla compagna : 
Ne stanca al giunger suo giamma^si serra , 
Siavi Clorinda, o sia in consiglio, o 'n guerra. 

Tennevi un giorno eh' ella in altra parte 
8i ritrovava , e si fermò pensosa , 
Pur tra se rivolgendo i modi e 1' arte 
Della bramata sua partenza ascosa. 
. Mentre in vari pensier divide e parte 
Jj incerto animo suo cbe non bà posa ; 
Sospese di Clorinda in alto. mira 
L' arme , e le sopravveste : aUor sospirwt 

E tra se dice sospirando : O ({uanto 
Beata è la fortissima donzella ì 
Quant' io la invidio ! e non le invidio il vanto y 
O 1 femminil onor dell' esser bella. 
A lei non tarda i passi il lungo manto : 
Jih 1 suo valor rinchiude invida cella ; 
Ma vest^ V armi, e se d' uscirne agogna, 
Tasiene , e non la tien tema o vergo^jna. 



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iKff GERUSALEMMI ZìIBEKÀTÀ. 

Ali perchè forti a me natura, e '1 cielo 
Altrettanto non fer le membra, e '1 petto ^ 
Onde potessi anch' io la gonna , e *1 velo 
Cangiar nella coracta , e neU* elmetto ì 
Che SI non riterrebbe arsura, o gelo, 
P^on turbo , o pioggia il mio infiammato «fletto ; 
Gh' al sol non fossi ed al notturno lampo y 
Accompagpata o sola j armata in campo. 

Già non agresti , 6 dbpietato Argante, 
Col mio signor pugnato tu primiero ; 
Ch' io sarei eor»a ad incontrarlo innante , 
E forse or fora qui mio prigioniero : 
E sosterria dalla nemica amante 
Giogo di serritù dolce e leggiero. 
E già per li suoi nodi io sentirei 
Fatti soaifi, e alleggeriti i miei. 

Ovvero a me, daUa sua destra in fianco 
Sendo percosso, e riaperto il core; 
Pur risanata in cotal guisa almanco 
Colpo di ferro avria piaga d* amore. 
Ed or la mente in pace , e '1 corpo stanco 
Kiposerianù : e forse il vincitore 
Degnato avrebbe il mio cenere e l' ossa 
D' alcun ottor di lagrime , e di fossa. 

Ma lassa ! io bramo non possibil cosi , 
E tra folli pensier invan ni* avvolgo. 
Dun/^ io starò qui timida e dogliosa , 
Com' una pur del vii femmineo volgo ? 
Ab non starò; cor mio confida', ed osa. 
Perchè 1' arme pna volta anch' io non tolgo ? 
Perchè per breve spazio non potroUe. 
Sostener, benché sia debile « molle } 



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CAWTo SESTO. , iQy 

S\ potrò, a\; che lùi farà possente 
A.mor , end' alta forsa i men forti hanno ; 
Da' cui spronati ancor s' arman sovente 
D' ardire i cervi imbelli, e guerra fanno, 
lo guerreggiar non gik, to' solamente 
Far con queat' armi un ingegnoso inganno : 
Finger mi vo' Clorinda , e , rìc<^rta 
Sotto r immagin sua, d' uscir son certa. 

Non ardirieno a lei fare i custodi 
Dell' alte porte resistenaa alcuna. 
Io pur ripenso, e non veggio altri modi : 
Aperta è, credo, questa via sol' una. 
Or favorisca le innocenti frodi 
Amor, che le m' inspira, e la Fortuna. 
E ben al mio partir comraoda h V ora ^ 
Mentre col rè Clorinda anco dimora. 

Cosi risolve , e stimolata e ponta 
Dalle furie d' amor pia non aspetta ; 
Ma da quella alla sua stanza congiontft 
L* arme involate di portar »* aAretta. 
£ far lo pui, che quando ivi tà ginntft 
Die loco ogni altro , e si restò soletta : 
^ £ la notte i suoi furti ancor copria , 
Ch' ai ladri amica ed agli amanti uscia. 

Essa , veggendo il ciel , d' alcuna steHii 
Gi'a sparso intorno , divenir più nero ; 
Sénsa frapporvi alcun indugio , appella 
SecreUmente un suo fedel scudiero, 
Ed una sua Ical diletta ancella : 
E parte scopre lor del suo pensiero ; 
Scopre il disegno della fuga, e finge 
Ch' tUra cagione « dipartir Y astrìnge. 



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jfig CERUSALEMME LIBERATA. 

Lo scudiero fedel subito appresta 
Ciò eh' al bisogno necessario crede. 
Erminia intanto la pomposa vesta 
Si spoglia , che le scende infìno al {>iede : 
£ in ischietto vestir leggiadra resta 
£ snella s) , eh' ogni credensa eccede : 
fih , trattane colei eh' aQa partita 
Scelta s' area compagna, altra 1' aita. 

Col durissimo acciar preme ed offende 
n delicato collo, e l' aurea chioma ; 
£ la tenera man lo scudo prende , 
Pur troppo grave , e insopportabil soma. 
Così tutta di ferro intorno splende , 
E in atto militar se stessa doma. 
Gode Amor , eh' è presente e tra se ride , 
Come allor già eh' avvolse in gonna Alcide. 

O con quanta fatica ella sostiene 
L' inegual peso , e muove lenti i passi ! 
Ed alla fida compagnia s' attiene , 
Che per appoggio andar dinanzi fassi. 
Ma rinforzan gti spirti Amore , e spene » 
£ ministran vigore ai membri lassi : 
Sicché giungono al loco ove le aspetta 
Lo scudiero , e in arcion sagliono in fretta. 

Travestiti ne vanno , e la più ascosa 
E più riposta via prendono ad arte. 
Pur s' avvengono in molti , e l' aria ombros» 
Yeggion lucer di ferro in ogni parte : 
Ma impedir lor viaggio alcun non osa , 
E cedendo il sentier ne va in disparte ; 
Che quel candido ammanto , e la temuta 
Insegna anco nell' ombra è conosciuta. 



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CiKTO SESTO. 169 

Krmiuia, bencliè quivi alquanto sceme 
I>el dubbio suo , non va però sicura) 
Che d' essere scoperta alla fin teme , 
C del suo troppo ardir sente or paura. 
Ma pur giunta alla porta il timor preme ^ 
£d inganna colui che n' ba la cara. 
Io son Clorinda, disse, apri la porta; 
Che '1 rè m' invia dove l' andare importa* 

La voce fenuninil sembiante a quella 
* Della guerriera , agevola 1- inganno. 
( Chi crederla veder armata in sella 
Una dell' altre eh' arme oprar non sanno ? ) 
SiccHi '1 portier tosto ubbidisce , ed ella 
W esce veloce , e i due che seco vanno. 
£ per lor sicuresaa , entro le vaili 
Calando , prendon lunghi obliqui calli. 

Ma poich' Erminia in solitaria ed ima 
Parte si vede, alquanto il corso allenta; 
Che i primi rischi aver passati estima , 
Kè d' esser ritenuta omai paventa. 
Or pensa a quello a che pensato in prima 
Nou bene aveva , ed or le s' apprese nta 
DiificiI più , eh' a lei non fu mostrata 
Dal frettoloso suo desir , l' entraU. 

Teda or che sotto il mihtar sembiante 
Ir tra fieri nemici è gran follia : 
Né d' altra parte palesarsi, innante 
Ch' al suo signor giungesse, altrui vorria. 
A lui secreta ed improvvisa amante 
Con sicura onestà giunger desia. 
Onde si ferma , e da miglior pensiero 
Fatta più cauta , parla al suo scudiero : 

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1^0 GERUSAlSMIlE LIBERATA* 

Estera , anno fedele , a te conviene 
Mio precnrsor ; ma sii pronto e sagace. 
Vattene al campo , e (à eh' akim ti men< 
E t' introduca ote Tancredi giace: 
A cui dirai , che donna a kii ne TÌea« 
Che gli apporta s«^bite , e chiede ^c« : 
Pace , posctacb' Amor guerra mi move) 
Ond' el salute, io refrigerio trore* 

E eh' essa ha in faù si certar e viva fede ,' 
Che 'n suo poter non teme o^ta né sconM. 
Dì sol questo a lui Maio ; e s' ahro ei chkds^ 
DI non saperlo, e affretta il tao ritorno. ' 
Io ( che questa mi par aiciva sede ) 
In questo messo qui Cari soggkmio. 
Così disse la donna : e quel lealo 
Già veloce così, come avesse ale. 

É seppe in guisa oprar, eh' amicanentf 
Entro ai chiusi r^ari ti fu raccolto : 
E poi condotto al cavalier giacente 
Che r ambasciata udì con Ueto voko. 
E già , lasciando ei hd ohe nella i 
Mille duhhj pensieri avea rivolto, 
Ne riportava a lei dolce risposU; 
Ch' entrar potrà, quanto più lice, i 

Ma ella intanto impastente , a cui 
Troppo ogni induco par nojoao e greve, 
Numera fra se sUasa i passi akmi, 
E pensa : Or giunge , or entré, or torwv d«V0« 
E già le sembra, e sene dnol , echti 
Men del solito assai spedito e leve. 
Spingesi alfine innanai , e 'n parte i 
Onde comincia a discoprir le tendo 



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CAVTO 8E8TO. Ifl 

Era la notte, e 1 suo tteUato -velo 
Chiaro spiegava e senta nube alcuna 8 
£ già spargea rai lumiDOfli , e gelo 
Di vive perle la sorgente hina. 
Li' innamorata donna ira col cielo 
Le sue fiamme sfogando ad una ad ma : 
£ secretar) del suo amore antico 
Fea i muti campi , e quel silensio amico. 
Poi, rimirando il campo, ella dicea : 

O Belle agli occbi miei tende Latine, 

Aura spira da voi che mi ricrea 

E mi conforta pur che m' arvicine. 

Così a mia -vita combattuta e rea 

Qualche onesto riposo il ciel destine ; 

Come in -voi solo il cerco : e solo parme 

Che trovar pa«e io possa in messo all' arme. 

Raccogliete me dunque , e in -voi si trovo 
Quella pietà che mi premise Amore; 
E eh' io già vidi prigioniera altro-ve 
Nel mansueto mio dolce signore: 
fih già desio di racquistar mi move, 
Col fa-vpr vostro , il mìo regale onore. 
Quando ciò non a-rvenga, assai felic* 
Io mi terrò , se in voi servir mi lice. 

Cosi parìa costei , che non prevedo 
Qual dolente fortuna a lei s' appresta. j^ 

Ella era in parte, ove per dritto fiede 
L' armi sue terse bel raggio celeste: 
Sicché da luoge il lanqm lor si vede 
Col bel candor che le circonda e veste : 
E U ì^^^ ^^^ ^^^* argento impressa 
Fianune|;gia si, eh' ognun dirchha; £ dessa« 

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171 GERUSALEMME LIBERATA.* 

Come voUe sua sorte , assai tìcìdì 
Molti guerrìer disposti a-vean gli agguati! 
£ n' eran duci due fratei Latini 
Alcandro, e Poliferno : e fur mandati 
Per impedir clie dentro ai Saracini 
^^gS^iion siano e non sian buoi menati t 
E se 'l servo passò, fu perchè torse 
Più lunge il passo , e rapido trascorse. 

Al giovin Poliferno , a cui fò il padre 
8ù gli occhi suoi già da Clorinda ucciso y 
Viste le spoglie candide e leggiadre , 
Fu di veder 1' alta guerriera avviso , 
£ contra 1 ' irritò le occulte scpiadre : 
Né frenando del cor moto improvviso 
( Com' era in suo furor subito e folle ) 
Gridò ; Sei morta, e V asta invan lanctoH^ 

Siccome cerva eh' assetata il passo 
Mova a cercar d' acque lucenti e vive , 
Ove un bel fonte distillar da un sasso, 
O vide un fiume tra frondose rive ; 
Se incontra i cani allor che '1 corpo lasso 
Ristorar crede all' onde, all' ombre estive y^ 
Tolge indietro fuggendo , e la paura 
La stanchecza obbliar face , e 1' arsura. 

Così costei che dell' amor la sete, 
Onde r infermo- core è sempre u*dente , 
Spegner nelle accoglienxe oneste e lieto 
Credeva, e riposar la stanca mente; 
Or che contra le vien chi gUel diviete» 
E 1 suon del ferro e le minaccie sente ; 
Se stessa e 'I suo desir primo abbandona » 
£ '1 veloce destrier timida s[wonn . 

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CÀ.WTO SESTO. ^ lyi 

Fagge Erminia infelice , e '1 suo destriero 

Oon prontissimo piede il suol.calpesta. * 

Fugge ancor I' altra donna , e lor quel fero 

Con molti armati di seguir non resta. 

Ecco che dalle tende il buon scudiero 

Con la tarda noveUa arriva in questa : 

£ r altrui fuga ancor dubbio accompagna: 

£ gli^sparge il timor per la campagna. 

Ma il più saggio fratello, il quale ancb' esso 

La non vera Clorinda avea veduto , 

Pfon la voUe seguir, eh' era men presso,. 

Ma nelle insidie sne s' è ritenuto : 

£ mandò con 1' avviso al campo un messo , 

Che non armento, od animai lanuto, 

IVè preda altra simil ; ma cb' è seguita 

Dal suo german ^lorinda impaurita. 

E cb' ei non crede gik, né 1 vuol ragione, 
Cb' ella cb' è duce, e non è sol guerriera ,^ 
Elegga all' uscir suo tale stagione 
Per opportunità cbe sia leggiera.. 
Ma giudichi , e comandi il pio Buglione %^ 
Egli farà ciò cbe da lui s' impera. 
Giunge al cfunpo tal nova, e se n' intenda 
U primo suon nelle Latine tende. 

Tancredi , cui dianzi il cor sospese 
Qnell' avviso primiero, udendo or questo y 
Pensa: Deb forse a me venia cortese, 
E in perigUo è per me ; né pensa al resto. 
£ parte prende sol del grave arnese; 
Monta a cavi^^o, e tacito- esce e presto: 
£ seguendo gV indisj e 1' i>rme nove, 
Rapidamente a tutto corso il move.. . 



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ìfS CERVSAIKMME LIBERATA. 



CANTO SETTIMO. 



MiOOMENTO. 

Fogge Erminia , e uh pastori' accoglie ; intatttft 
Tancredi , invan di lei cereando, il pi«d« 
Fon ne' lacci d*. Alauda ; il fero vanto 
D' Argante riprovar Raimondo ha fede * 
Però difeso da custode santo 
Seco entra in campo : Belzebii che vede 
Ch* al Pagan male il folle ardir riesce , 
Per lui salvar guerra e procelle mesce. 

Xntané^ ErmiBÌa iafra V enibrose piani» 
D' antica sehra cM cavalle è scorta : 
Né più goTema il firoi la bmb trinante ;^ 
' £ meisa quasi par tra TÌva e morta. 
Per tante stf ade si raggira e tante 
Il corridor che in soa kiAa la porta ; 
Ch' alfin dagli éeihi attrai pur si dilegua^ 
Ed h soTerchio ornai eh' altri la segoa^ '^ 

Qual dopo lunga e ftitìcofia caccia 
Tomansi metti ed aneleati i cani 
Che la fera perduta abbian di traccia , 
Nascosa in sd^a dagU aprili piani; 
Tal pieni d' ira e dì vergogna in faccia 
Riedono standbi i cavaHer Cris^ni» 
Ella pur fugge , e timida e smarrita 
P(ou si volge a nùvap a' aooo è aeguitai^ 



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CAKTO SETTIMO. ift 

Ftiggk tutta la notte , e tutto il ^orno 
£itÀ senza consiglio e senza guida , 
Tion udendo o -vedendo akro d' intomo 
Chele lagrime sue, che le tue strida. 
Hf a nell' ora che '1 sol dal carro adorno 
Scioglie i corsieri, e in grembo al mar s' annida, 
Giunse del I>el Giordano alle chiare acque : 
£ scese in riva al fiume , e quV si giacque. 
Cibo non prende già , che de' suoi maU 
Solo si pasce, e sol di pianto hk sete : 
Ma 1 sonno, che de' miseri mortali 
£ col suo dolce obblio posa e quiete, 
Sopì co' sensi i suoi dolori, e V ali 
Dispiegò sovra lei placide e chete : 
Né però cessa Amor, con varie forme, 
La sua pace turbar mentre eRa dorme. 
Non si destò fincK^ garrir gh augelli 
Non sentì lieti e sabttar gK albóri , 
£ mormorare il fiume e gli arboscelli , 
£ con r onda scherzar 1' a«ira « co' fiori: 
Apre i languidi lumi, « guarda quelli 
Alberghi solitarj de' pastori: 
£ parie voce udir, tra f acqua e i rami, 
Ch' ai sospiri ed al pianto la richiami. 

Ma son , mcntr» eia piange, i suoi lamenti 
Rotti da un chiaro suon eh' a lei ne -viene, 
Che sembra ed è di pastorali accenti 
Misto , e di boscareceie intuite arene. 
Risorge , e là s' indrikza a passi lenti , 
£ vede un uom canuto alf ombre ameno 
Tesser fiscelle alla sna greggia a canto , 
Ed aKoUar di tre fanciutti Ù canto. 



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lf$ GERUSALEMME LIBERATA. 

Vedendo quivi comparir repente 

he insolite amie , sbigottir costoro ; 

Ma gli saluta Erminia , e dolcemente 

Gli alfida , e gli occhi scopre e i bei crin d* orow 

Seguite , dice , avventurosa gente 

Al cicl diletta , il bel vostro lavoro ; 

Che non portano già guerra «juest' armi 

AU' opre vostre , ai vostri dolci carmi. 
' Soggiunse poscia : O padre, or che d' intomo- 

D' alto incendio di guerra arde il paese, . 

Come qaì state in placido soggiorno 

Sensa temer le militari ofiese^ 

Figlio, ei rispose, d' ogni oltraggio e scorno 

La mia famiglia e la mia greggia illese 

Sempre qui fur ; né strepito di Marte 

Ancor turbò questa remota parte. 
O sia grazia del ciel che 1' umiltade 

D' innocente pastor salvi, e sublime; 

O che , siccome il folgore non cade 

In basso pian ma sulle eccelse cime; 

Cosi il fiiror di peregrine spade 

Sol de' gran rè le altere teste opprime; 

IVè gli avidi soldati a preda alletta 

La nostra povertà vile e negletta. / 

Altrui vile e negletta, a me si cara, 
Che non bramo tesor né regal verga ; 
JVè cura o voglia arabixiosa o avara 
Mai nel tranquillo del mio petto alberga. 
Spengo la sete mia neU' acqua chiara , 
Che non tem' io che di venen s' asperga t 
E questa greggia e 1' orticel dispensa 
Cibi non compri alla mia parca men$a.. 

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^ CAWtO SETTIMO. 177 

Cli^ poco è il destderio , e poco è il nostro 
bisogno , onde la vita si conservi. 
Son figli miei questi eh' addito e mostro 
Custodi della mandra, e non ho servi. 
Così men vivo in soHtario chiostro , 
Saltar veggendo i capri snelli e i cervi, 
£d i pesci guixxar di questo fiume, 
£ spiegar gli augelletti al ciel le piume. 

Tempo già fu, quando più l' nom vaneggia 
Neil' età prima , eh' ehhi altro desio, 
£ disdegnai di pasturarla greggia, 
£ fuggii dal paese a me natio: 
E vissi in Meufi un tempo , e nella reggia 
Fra i ministri del rè fui posto anch' io : 
£ benché fossi guardian degli orti, 
Tidi, e ponohhi pur le inique corti. 

Pur lusingato da sperania ardita 
Soffrii lunga stagion ciò che più spiace* 
Ma poi eh' insieme con 1' età fiorita 
Mancò la speme , e la haldanxa audace ; 
Piansi i riposi di quest' umil vita , 
£ sospirai la mia perduta pace : 
£ dissi : O corte, addio. Così agli amici 
Boschi tornando , ho tratto i dì felici. 

Mentre ei così ragiona , Erminia penda 
Dalla soave bocca intenta e cheta : 
E quel saggio parlar, eh' al cor le scende, 
De' sensi in parte le procelle acqueta. 
Dopo molto pensar , consiglio prende 
In quella sohtudine secreta 
Insino a tanto almen fame soggiorno, 
Ch* agevoli fortuna il suo ritomo. 



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1^1 GERVCALZMMB LIBERATA. 

Onde d hmm tcccUo dice: O fortonat»» 
Ch' un tempo conoAcesti il male a pro^a ^ 
Se non t* invi^ il ciel si dolce ttato^ 
Delle miserie ime pietk ti meya : 
£ me teco raccogU in questo fs;nét» 
Albergo ; eh' abitar taco mi giova. 
Forse fia cbe 1 mio cor, infira qnest* «whre. 
Del suo peso mortai parte ^sgombre. 

Cbè ae 41 gcmsM e d' or , die 1 vdgd ftdor» 
Siccome idoli suoi, tu fossi vago; 
Potresti ben , tante n' hh meco aneora, 
Renderne il tuo desio contento e pago. 
Quinci versando da' begli occbi foorm 
Umor di doglia cristaUino e vago , 
Parte narrò di sue fortuBe : e intanto 
Il pietoso pastor pianse al suo pianto. 

Poi dolce la cousola , e sU' accoglie» * 
Come tutt' arda di paterno velo ; 
£ la conduce ov* h 1* antica moglie 
Cbe di confonM cor gli ha data il cielo. 
La fanciulla regal di roue spoghe 
S' ammanta, e cinge al crln ruvido v^o ; 
Ma nel pioto degli occhi e delle memlvt ' - 
Non già di boschi abitatrice sembra. 

Non copre abito vii la nobil luce 
£ quanto è in lei d' aHero e di gentile < 
£ fuor la regia maastk trahice 
Per gli atti aneor deH' esercisio mnfle. 
Guida la greggia ai paschi , e k riduco 
Con la povera verga al chiuso ovile ; 
£ dall' irsute mamme il latte preme , 
£ 'n giro accolto poi lo stringe i 



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CAST» «STTtMO. ty9 

SoTetìte , allor che rà gU esUvi ar<len 
Oiacean le pecorelle all' ombra assise, 
^ella scorsa de' faggi e degli allori 
8egnò r amato nome in mille gnàsca 
£ de' suoi strani ed infelici amori 
Oli aspri successi in mille f»ante incÌMs 
£ in rileggendo poi le proprie note 
Rigò di belle lagrime le gote. 

Poscia dicea piangendo : In Toi serbate 
Questa dolente istoria , amiche piante : 
Perchè se fia eh' aUe Tostr' ombre grata 
Giammai soggiorni akan fedele amante. 
Senta svegliarsi al cor dolce pietata ^ 

Delle sventure mie sì varie e tante: 
£ dica : Ah troppo ingiusta empia meroeda 
Die Fortuna ed Amore a s^ gran fede ì 

Forse avverrà, se 1 del benigno ssoolta 
Affettuoso qlcun prego mortale, 
Che venga in queste selve anco tal v<^a 
QuegH, a cui cU me forse or nuUa ealea 
£ rivolgendo gli occhi ove sepolta ^ 

Giacerà questa soglia inferma e frals^ 
Tardo premio conceda a' miei martiri 
Di poche lagrimette, e dà sospiri. 

Onde, se in vita il co» misero fa«| 
Sia lo spirito in morte ahnen f eìice : 
£ 1 cener freddo deMe fiamase sa« 
Goda quel eh' or go^re a me non Km» 
Così ragiona ai sordi tronchi , e dm 
Fonti di pianto da' begli occhi eKeé. 
Tancredi intanto, ov^ fiottana il tira 
LuDg9 d« lei yp«cÌ€t Hfoir 9 s' aggira* 



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igo GERUSALEMME LIBERATA, 

Egli ,. seguendo le vestigia impresse ^- 
Bivolse il corso alU selva vicina. 
Ma quivi dalle piante orride e spesse 
IVera e folta cosi 1' ombra dechina ; 
Che più non può raffigurar tra esse 
L' orme novelle, e 'n dubbio oltre cammina , 
Porgendo intomo pur l' orecchie intente, 
8e calpestio , se romor d' armi sente. * 

E se pur la notturna aura percote 
Tenera fronde mai d' olmo o di faggio : 
O se fera od augello un ramo scote ; 
Tosto a quel picciol suon drizxa il viaggiò. 
Esce alfin della selva , e per ignote 
Strade il conduce ddla luna il raggio 
"Verso un romor che di lontano u(hva, 
Infin che giunse al loco ond' egli usciva». 

Giunse dove sorgean da vivo sasso 
In molta copa chiare e lucide onde : 
£ fattosene un rio volgeva abbasso 
liO strepitoso pie tra verdi sponde. 
Quivi egti ferma addolorato il passo , f 

E chiama , e solo ai gridi Eco risponde: 
£ vede intanto con serene cigUa 
Sorger l' aurora candida e vermiglia. 

Geme cruccioso, e incontra il ciel si sdegna, 
Che sperata gli neghi alta ventura : 
Ma della donna sua , quand' ella vegna» 
Oflesa pur, far la vendetta giura. 
Di rivolgersi al campo alfin disegna. 
Benché la via trovar non s' assicura ; 
Che ^U sovvien che presso è il dì preserie» 
Che pugnar dee col cavalier d' Egitto. 



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J-artcsi, e, mentre va pet dubbio calle, 
Ode „n corso appressar eh' ogn'or s' avanza : 
^d alfine spuntar d' angusta vaHe 
Vede uom che di cornerò avea sembianza 
fecotea mobile sferza, e daUe spalle 
Pendea il corno siVl fianco a nostra usanza. 
Chiede Tancredi a lui, ^er quale strada 
Al campo de' Cristiani indi sr vada. 

QuegU Italico parla : Or Ik m' invio 
Dove m' ha Boemondo in fretta spinto. 
Segu^ Tancredi lui che del gran zio 
Messaggio stima , e crede al parlar finto. 
Oiungono alfin là dove un sozzo e rio 
Lago impaluda, «d un castel n' è cinto, 
^ella stagion che '1 sol par ches' immerga 
IVell' ampio nido ove la notte alberga. 

Suona il corriero in arrivando il corno, 
E tosto giù calar si vede un ponte. 
Quando Latin sia tu , qui far soggiorno 
Potrai, gli dice, infin che '1 sol rimonte; 
Che questo loco, (e' non è il terzo giorno). 
Tolse ai Pagani di Cosenza il Conte. 
Mira il loco il guerrier, che d* ogni parto 
Inespugnabil fanno il sito , e V sate^ 

Dubita alquanto poi eh' entro s\ forte 
Magione alcuno inganno occulto giaccia; 
Ma come avvezzo ai rischi della morte. 
Motto non fanne, e noi dimostra in faccia : 
Ch' ovunque il guidi elezione o sorte. 
Vuol che sicuro la sua destra il faccia. 
Por l' obbligo eh' egli hk d' altra battaglia , 
Fa che di nova impresa or non gli cagha. 
I, iS 

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l8* CERUSALEMME LIfiCRÀTA. 

' Sicché incontro al castello, OTe in un prato 
n curro ponte »i distende e posa^ 
Kitiene alquanto il passo , eà iaTÌt)ito 
JVon segue la tua scerta insidiosa: 
Su i ponte mtanlo un cayalicro armata 
Con semJbiMMa apparia fera esdegnoM; 
Ch' adendo «eUa destra il ferro ignudo, 
In suon parlava minaccioso e erodo. 

O tu, che ( nasi tua fortuna, o foglia ) 
Ài paese fat^l d ' Armida arriye , 
Pensi indamo al fuggire : or 1' arme spa^a, 
£ porgi ai Ucci suoi le man cattive; 
£d entra pur nella guardata soglia. 
Con queste leggi eh' ella dltrui pMscrivt : 
ffh più sperar di riveder il cielo 
Per volger d' anni, o per cangiar di pel»; 

Se non givi d' andar eon gH akrai sui 
Contra ciascun, che da Gesù s' appella. 
S' affisa a quel parlar Tancredi in lui, 
E riconosce V arme, e la favella. 
Ramhal()o di Guascogna era oostui^ 
Che partì con Armida , e sol per eBa 
Pagan si fece , e difeasor divenne 
Di quell' usanza rea eh' ivi si tena*» 

Di santo sdegno il {mo guerrier ù. linse 
INel volto, e gli rispose : Empio iellone, 
Quel Tancredi son io che '1 feiro oiase 
Per Cristo sempre , e fiÀ cJU lui campione : 
E in sua virtute i suoi mh^ vinse, 
Come vo' che tu vegga al paragone; 
Cbè dell' ira del ciel ministra eletta 
È questa destra a fare in te vendetta. 



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CAlfTO SETtltfO. 4?5 

Turbossi, udendo il glorioso nome, 
Xà* empio guerriero , e scolorirsi in tìso. 
Pur celando il timor, gli disse : Or coktte. 
Misero , vieni ove rimanga ucciso ì 
Qui saran le tue forze oppresse e dome, 
£ questo altero tuo capo reciso : x ' 

£ manderoUo ai duci Franclìi in doiìo, 
S' altro da quel che soglio oggi lìbn sono. 

Cosi dicea il Pagano ; e perchè il giorno 
Spento era ornai, A che vedeasi appena; 
Apparir tante lampade d' intorno, 
Che ne fu r aria lucida e serena. 
Splende il caste!, come in teatro adomo 
Suol fra notturne pompe altera ^ena : 
Ed in eccelsa parte Armida siede , 
Onde , sens* esser vista , ed ode e vede. 

U magnanimo eroe frattanto appresta ' 

ABa fera tenxon 1 ' arme e 1 ' ardire : ^ 

]\è su '1 dehil cavallo assiso resta. 
Già veggendo il nemico a pie venite. 
Yien chiuso nello scudo, e 1' elmo hk in testa^ 
La spada nuda , e in atto è di ferire. 
Gli move incontra il principe feroce , 
Con occhi torvi, e con terribil voce. 

Quegli con larghe ruote aggira i passi 
Stretto neir armi , e colpi ac<;enna e finge. 
Questi, sehhen hk i membri infermi e lassi ^ 
Yà risoluto, e gli s' appressa, e stringe : 
£ là donde Ramhaldo addietro fassi. 
Velocissimamente egU si spinge: 
E s' avanza, e l' incalza, e fulminando 
Spesso alla vista gli «Urìssa il brando. 

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1^4 GERUSALEMME LIBERATA. 

E più eh' altrove, impetuoso fere 
Ove più di vital formò natura, 
Alle percosse le minacele altere 
Accompagnando, e '1 danno «Ha patir». 
Di qua , di la si volge , e sue leggiera 
Membra il presto Guascone ai colpi fura : 
£ cerca or con lo scudo , or con la spada y 
Che '1 nemico furore indamo cada. 

Ma veloce allo schermo ei non è tanto. 
Che più r altro non sia pronto alle offese. 
Già spezzato lo scudo , e 1' elmo ihfirauto , 
£ forato e sanguigno avea 1' arnese : 
£ colpo alcun de' suoi, che tanto o quanto 
Impiagasse il nemico , anco non scese : 
£ teme', e gli rimorde insieme il core 
Sdegno, vergogna, conscienza, ed amore. 

Disponsi alfin con disperata guerra 
Far prova ornai dell' ultima fprluna. > 
Citta lo scudo, ed a due mani afferra 
La spada, eh' è di sangue ancor digiuna : 
£ col nemico suo si stringe e serra, 
£ cala un colpo , e non v' è piastra alcuna 
Che gli resìsta sì, che grave angoscia 
i^j^on dia pagando alla sinistra coscia. 
£ poi su r ampia fronte il rìpercote, 
Sicché *1 picchio rimhomha in suon di squilla : 
L' elmo non fende già , ma lui ben scote , 
Talch' egli si rannicchia , e ne vacilla. 
Infiamma d' ira il principe le gote , 
E negli occhi di foco arde e sfavilla : 
£ fuor della visiera escono ardenti 
Gli sguardi, e insieme lo stridor de' deoti^ 



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CANTO SETTIMO. l85 

n perficlo Pagan già non sostiene 
La ^ista pur di si feroce aspetto. 
Sente fischiare il ferro , e tra le vene 
Oik gli sembra d* averlo , e in mezzo al petto. 
Fogge dal colpo , e '1 co^po a cader viene 
Dove nn pilastro è contra il ponte eretto : 
W^e van le schegge e le scintille al cielo , 
£ passa al cor del traditore nn gielo. 

Onde al ponte rifugge , e sol nel corso 
Della salute sua pone ogni speme : 
Ma il seguita Tancredi, e già su *1 dorso 
La man gli stende ; e 1 pie col pie gli preme ; 
Quando ecco ( al fuggitivo alto soccorso ) 
Sparir le faci , ed ogni stella insieme : 
Né rimaner all' orba notte alcuna , 
Sotto il povero ciel, luce di luna. 

Fra r ombre della notte e degV incanti 
n vincitor noi, segue più, né *1 vede : 
Nh può cosa vedersi a lato, o ìnnanti, - ■ 
£ move dubbio e mal sicuro il piede. 
Su r entrata d' un uscio i passi erranti 
A caso mette , né d* entrar s* avvede ; 
Ma sente poi che suona a lui di dietro 
La porta , e 'n loco il serra oscuro e tetro. 

Come il pesce coFa dove impaluda 
Ne' seni di Comacchio il nostro mare , 
Fugge dall' onda impetuosa e cruda , 
Cercando in placide acque ove ripare : 
£ Vien che da se stesso ei si rinchiuda 
In palustre prigion , né può tornare ; 
Che quel serraglio é con mirabil uso 
Sempre all' entnur aperto , all' uscir chiuso. 

1$. 

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l86 CEltUSAtEMME LIBERATI. 

Cosi Tancredi «Uor , qual che si fosse 
Dell' estrania prigion 1' ordigno e V arte» * 
Entrò per se medesmo, e ritrovosse 
Poi là rinchiuso , ond' uom per se non parte. 
Ben con robusta man la porta scosse, 
Ma fur le sue fatiche indamo sparte; . 
E Toce intanto udì che , Indarno, grida. 
Uscir procuri , o prigionier d' Armida. 

Qui menerai ( non temer già di morte ) 
]Nel sepolcro de' tìvì i giorni , e gli anni. 
Kon risponde , ma preme ìì gnerrier forte 
Nel cor profondo i gemiti e gli affanni : 
E fra se stesso accusa amor , la sorte , 
La sua sciocchesta, e gU altrui ferì inganni t 
E talor dice, in tacite parole, 

liieve perdita fia perdere il sole : 
Ma di più vago sol più dolce TÌsta 

Misero io perdo , e non so già se mai 

In loco tornerò che 1* alma trista 

Si rassereni agli amorosi rai. 

Poi gli soTTien d' Argante, e più s* attrista? 

E troppo , dice , al mio doTer mancai : 

Ed è ragion eh' ei mi dispreni e schema. 

O mia gran colpa, o mia vergogna eterna ! 

Cosi d' amor , d' onor cura mordace 
Quinci e quindi al guerrìer 1' animo rode. 
Or mentre egli s' affligge. Argante audace 
Le molli piume di calcar non gode ; 
Tanto è nel crudo petto odio .di pace ; 
Cupidigia dì sangue, amor di lode; 
Che delle piaghe sue non sano ancora. 
Bruna ch« 1 sesto di porti 1' aurora. 



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CANTO SETTIMO. 187 

La notte che precede, il Pagan fero 
Appena inchina per dormir la fronte : 
£ sorge poi che '1 cielo anco è sì nero , 
4Dhe non dà luce in sn la cima al monte. 
Ji-ecami 1' armi, giida al suo scndiero, 
£ quegli aveale apparecchiate e pronte : 
^on le soUte sne , ma dal rè sono 
Dategli queste , e presioso è il dono. 
Sema molto mirarle egU le prende , 

P^è dal gran peso è la persona onusta ; 

C la solita spada al fianco appende, 

Ch' è di tempra finissima e vetusta. 

Qual con le chiome sanguinose orrende 

Splender cometa suol per 1' aria adusta , 

Che i regni muta , e i ferì morhi adduce , 

Ai purpurei tiranni infausta luce ; 

Tal neir arme ei fiammeggia , e bieche e torte 
Volge le luci , ehre di sangue e d* ira. 
Spirano gU atti feri orror dì morte , ' 
E minaccie di morte il -volto spira. 
Alma non è così sicura e forte 
Ohe non payenti, ove un sòl guardo gira'. 
Nuda ha la spada , e la solleva , e scote 
Gridando, e 1* aria, e V omhre invan percote. 

Ben tosto , dice J II predator Cristiano , 
Ch' audace è sì eh' a me vuole agguagliarsi y 
Caderà vinto e sanguinosa al piiano. 
Bruttando nella polve i clini sparsi; 
E vedrà vivo ancor da questa mano , 
Ad onta del suo Dio, 1' arme fogliarsi : 
T^hy morendo, impetrar potrà co' preghi 
Che in pasto a' cani le sue membra io neghi. 

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l88 GERUSALEMME LIBERATA- 

JVon altramente il tauro, ove 1' irrUi 
Geloso amor con stimoli pongentì , 
Orrìbilmente mugge, e co' muggiti 
Gli spirti io se risveglia , ,e l' ire ardenti , 
E '1 corno aguzza ai tronchi ; e par eh' inviti 
Con vani colpi alla battaglia i venti : 
Sparge col pie 1* arena, e '1 suo rivale 
Da lunge sfida a guerra aspra e mortale. 

Da sì fatto furor commosso appella 
li* araldo, e con parlar tronco gV impone r 
Vattene al campo, e la battaglia fìsUa 
Nunzia a colui eh' è di Gesù campione. 
Quinci alcun non aspetta , e monta in sella , 
E fa condursi innanzi il suo prigione. 
Esce fuor della Terra , e per lo colle 
In corso vien precipitoso e folle. 

Dà fiato intanto al corno e n' esce il suono 
Che d' ogn' intomo orribile s' intende : 
E in guisa pur di strepitoso tuono 
GU orecchi e '1 cor degli ascoltanti offende. 
Già i principi Cristiani accolti sono 
Nella tenda maggior dell' altre tende. 
Qui fé' r araldo sue disfide, e incluse 
Tancredi pria; ne per^ gli altri escluse. 

Goffredo intomo gU occhi gra^i e tardi 
Volge con mente allor di^bia e sospesa : 
Nh perchè molto pensi e molto guardi, 
Atto gli s' offre alcuno a tanta impresa. 
Vi manca il fior de' suoi guerrier gagliardi : 
Di Tancredi non s' è novella intesa ; 
E lunge è Boemondo , ed ito è in bando 
L* invino eroe eh' uccise il fier Gernando.. 



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Canto settimo. 1S9 

"Ed oltre i diece che fur tratti a sorte 
I migliori del campo e i più famosi 
Seguir d' Armida le fallaci scorte, 
Sotto il silentio della notte ascosi. 
Oli altri , di mano e d' animo men forte , 
Taciti sene stanno e vergognosi : 
Né -v' è chi cefcbi in sì gran rischio onore; 
Ohe "vinta la vergogna è dal timore. 

Al silenzio, all' aspetto, ad ogni segno ^ 
Di lor temenxa il Capitan s' accorse ', 
£ tutto pien di generoso sdegno. 
Dal loco ove sedea repente sorse, 
£ disse : Ah ben sarei di vita indegno. 
Se la vita negassi or porre in forse , 
Lasciando eh' un Pagan cosi vilmente 
Calpestasse l' onor di nostra gente. 

Sieda in pace il mio campo , e da sicura 
Parte miri ozioso il mio periglio. 
8ù su datemi 1' arme : e 1' armatura 
Gli fii recata in un girar di ciglio. 
Ma il hvon Raknondo, che in età matura 
Parimente maturo avea il consiglio , 
E verdi ancor le force a par di quanti 
Erano quivi, allor si trasse avanti. 

E disse a lui rivolto : Ah non sia vero 
Che in un capo s' arrischi il campo tutto. 
Duce sei tu , non semplice guerriero : 
Pubblico fora, e non privato il lutto. 
In te la fé s' appoggia, e Ì santo impero. 
Per te 6a il regno di Babel distrutto : 
Tn il senno sol , lo scettro solo adopra ; 
jUtrì ponga V ardire , e '1 Cerro in opit. 



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igo GERUSALEMME LTBERATA . 

Ed io, benché a gir curvo mi condanni 
La grave età , non fia che ciò ricusi. 
Schivino gli altri i mat^iali affanni ; 
Me non vo' già che la vecchiesca sensi. 
Oh foss' io por 8Ù '1 mio vigot degli anni 
Qual siete or voi , che qui temendo chiusi 
Vi state , e non vi move ira o vergogna 
Contra lui che vi sgrida , e vi rampogna e 
E quale allora fui , quando al cospetto 
Di tutta la Germania , alla gran corte 
Del secondo Corrado , apersi il petto 
Al feroce Leopoldo, e Ì posi a morte. 
£ fu d' alto valor più chiaro effetto 
Le spoglie riportar d' uom così forte , 
Che s' alcuno or fugasse , inerme e solo , 
Di questa ignohil turha un grande stuolo. 

Se fosse in me quella virtù , quel sangue , 
Di questo altier 1' orgoglio avrei già spento. 
Ma qualunque io mi sia , non però langue 
il core in me , né vecchio anco pavento. t 
E s' io pur rimarrò nel campo esangue , 
Né il Pagan di vittoria andrà contento : 
Armarmi io vó' ; sia questo il di eh* illustri , 
Con novo onor tutti i miei scorsi lustri. 

Così parla il gran vecchio ; e sproni acati 
Son le parole onde virtù si desta. 
Quei che fur prima timorosi e muti , 
Hanno la lingua or haldantosa e presta. 
fìh sol non v' é chi la tenzòn rifiuti ; 
Ma ella ornai da molti a gara é chiesta. 
Baldovin la domanda , e con Roggiero 
Guelfo , i due Gnidi, e Stefano , e Gemi«ro } 



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CANTO SETTIMO. J9J 

H Pirro , qnel che fé' il lodato ÌDganno, 
X>aado Antiocbia presa a Boemondo ; 
JEld a pfoya richiesta anco ne fanno 
Xlberardo , Ridolfo, e '1 prò Aosmondo : 
TJn di Scosia, un d' Irlanda) ed un Britanno 9 
"Terre che parte il mar dal nostro mondo : 
£ ne son parimente anco hrameù 
Oildippe ed Qdoardo , amanti e sposi. 

Ma sovra tutti gli altri il fiero yecdkio 
Sene dimostra cupido ed ardente. 
Armato è già ; sol manca 9!^ i^areccbto 
Degli altri arnesi il fino elmo ìnoemàe. 
A cui dict Goffredo : O vivo specchio 
Del valor prisco , in le la nostra gente 
Miri , e virtù n'apprenda : in te di Marto 
Splende 1' onor , la disciptin» , e 1' arte. * 

Oh pur «vessi fra l' etade acerba 
Dieci altri di valore al tuo simile , 
Come ardirei vincer Bahel snpevha , 
£ la Croce spiegar da Battro a Tik. 
IVIa cedi or , prego , e te medesmo serha 
A maggior' opre , e di virtù senile : 
E lascia <ihe degli altri in picciol vaso 
Pongansi i nomi , e sia giudice il caso. 

Ansi giudice Dio , delle cui voglie 
Ministra e serva è la Fortuna, e 1 Fato. 
Ha non però dal suo pensier si toglie 
Kaimondo , e vuol' anch' egli esser notato. 
Neil' ehno suo Goffredo i brevi accoghe : 
E poi che V ebbe scosso ed agitato , 
Nel primo breve che di là traesse , 
Dd ConU di Tolosa il nome lesas. 



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19* CCRVSÀLEMlffi LtBEAÀTA. 

Fn il nome suo con lieto grido accolto i 
Né eli biasmar la sorte alcun arcHsce. 
Et di fresco -vigor la fronte e '1 Tolto 
RierofMe : e così allor ringioTenisce ; 
Qnal serpe fier , che in noye spoglie avvolto , 
D' oro 6animeggi , e incontra il sol si lisce. 
Ma più d' ogn' altro il Capitan gli applaude y f 
£ gli annuniia vittoria , e gli dà laude. 

E la spada togliendosi dal fianco , 
E porgendola a lui , cosi dicea : 
Questa è la spada , che 'n battaglia il Franco 
Kubello di Sassonia oprar solea ; 
Ch' io già gli tolsi a forsa , e gli tolsi anco 
La vita allor di mille colpe rea. 
Questa ) cbe meco ogn' or fu vincitrice « 
Prendi ; e sia così teco ora felice. 

Del loro indugio intanto è «juell* altero 
Impaciente , e gli minaccia , e grida : 
O gente invitta , o popolo guerriero 
D' Europa , un uomo solo è che vi sfida. 
Venga Tancredi ornai che par sì fero , 
Se nella sua virtù tanto si fida ; 
O vuol , giacendo in piume , aspettar forse 
La notte eh' altre volte a lui soccorse ? 

Tenga altri , s' egU teme : a stuolo a stuolo 
Tenile insieme , o cavalieri , o fanti ; 
Poiché di pugnar meco a solo a solo 
Non v' è fra mille schiere uom che, si vanti. 
Vedete là il sepolcro , ove il figliuolo 
Di Maria (giacque ; or che non gite avanti ì 
Che non sciogUete i voti ì ecco la strada- 
A qual serbate uopo maggior la spada ì 



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CAWTO SETTIMO. igS 

Con tali scherni il Saracino atroce, 
f^uasi con dura /ferza , altrui percole • 
M* più eh' altri Raimondo a quella" voce 
S' accende, e 1' onte sofferir non puote. 
I/a virtù stimolata è più feroce, 
E 8* agussa dell' ira all' aspra cote : 
Sicché tronca gV indugj , e preme il dorso 
Del suo AquiUno , a "cui die 'l nome il corso. 

Su '1 Tago il destrier nac(jue, ove talora 
L* avida madre del guerriero armento , 
Quando 1' alma stagion che n' innamora , 
Nel cor le instiga il naturai talento , 
Volta r aperta bocca incontra 1' ora , 
Raccoghe i semi del fecondo vento'; 
E de' tepidi fiati ( o maravigUa ! ) 
Cupidamente ella concepe, e figlia. 

E ben questo AqniUn nato diresti 
Di quale aura del ciel più lieve spiri ; 
O se veloce sì, eh' orma non resti. 
Stendere il corso per 1' arena il miri ; 
O «e 'l vedi addoppiar leggieri e presti , 
A destra ed a sinistra angusti giri. 
Sovra tal corridore il Conte assiso 
Move all' assalto, e volge al cielo il viso. 

Sigior , tu che drizzasti incontra 1' empio 
Colia r armi inesperte in Terebinto : 
Sicch' ei ne fó, che d' Israel fea scempio, 
Al primo sasso d' un garzone estinto ; 
Tu fa eh' or giaccia , e fia pari 1' esempio , 
Questo feUon da me percosso, e vinto : 
E dehil vecchio or la superbia opprima , 
Come debil fanciul 1' oppresse in prima. 
i. ,7 

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194 GER1TSA.LEMIIS LTBEKATA. 

Così pregava il Conte : e le preghiere , 
Moaae dalla spiransa in Dio sicura, 
S' aliar Tolando alle celesti spere , 
Come Ta foco al ciel p«r sua natnra. 
Le accolse il Padre etemo , e fra le scbiere 
Deir esercito sno tolse alla cnra 
Un che 'l difenda : e sano , e yincitore 
Dalle man di (puàV empio U tragga fnore. 

L' Angelo y che fò gik custode eletto 
Dall' alta provvidenaa al bnon Raimondo , 
Insin dal primo di che pargoletto 
Sen Tenne a farsi peregrin del mondo ; 
Or che di novo il rè del ciel gH hk detto y 
Che prenda in se della difesa il pondo , 
^eir alta rocc!a ascende, ove dell' oste 
Divina tutte son 1' arme riposte. 

Qui r asta si conserva , oi^de il serpente 
Percosso giacque , e i gra^ ftdminei strali : 
E quelli eh' invisilnli tàì» gente 
Portan 1' orride pesti e gU altri mali : 
E qui sospeso è in ako il gran tridente ,. 
Primo terror de' miseri mortali, 
Quando egli avvien che i fondamenti seott. 
Dell' ampia terra , e le città percota. 

Si vedea fiammeggiar fra gli altri aratsi 
Scudo di lucidissnno diamante : 
Grande , che può coprir genti e paesi , 
Quanti ven' hk fra il Cracaso, e 1' Athiote: 
£ sogliono da questo esser difesi 
Principi giusti, e città caste e sante. 
Questo r Angelo prende , e vien con esso 
Occultamente al suo Baimondo appresso. 



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CANTO SETTIMO. igS 

Piene intanto le mura eran già tutte 
I>i varia tarbax e 1 barbaro tiranno 
Blanda Clorinda, e moke genti histmtte, 
Cjbe, ferme a messo il coOe, oltre non vanno. 
Dall' altro lato in ordine ridutte \ 
Alcune schiere de' Cristiani stanno : 
C largamente a' due campioni il campo 
Voto riman fra V uno e V altro campo. 

Mirava Argante , e non vedea Tancredi, 
Ma d' ignoto campion sembianse nove. 
Fecesi il Conte innansi ; e , Quel cbe chiedi, 
£ , disse a lui, per tua ventura altrove, 
^on superbir però che me qui vedi 
Apparecchiato a riprovar tue prove: • 
Ch' io di lui posso sostener la vice, 
O venir come terso a me qui lice. 

Ne sorrìde il superbo , e gU risponde : 
Che fa dunque Tancredi , e dove stassi ? 
Minaccia il ciel conT arme, et poi s' asconde, 
Fidando sol ne' suoi fugaci passi. 
Ma fugga pur nel centro , o in messo 1' ond«, 
Che non fia loco ove sicuro il lassi. 
Menti , replica 1' altro , a dir eh' uom tale 
Fugga da te^ cl^' assai di te più vale. 

Freme il Circasso irato , e dice : Or prendi 
Del campo tu , che in vece sua t' accetto : 
£ tosto ei 41 parrà come difendi 
L' alta follia del teme rari o detto. 
Così mossero in giostra , e i colpi orrendi 
Parimente drissaro ambì all' elmetto : 
E 'l buon Raimondo , ove mirò , scontrollo^ 
Né dar gli fece ucli' arcion pur crollo. 



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ìq6 CERITSALEMME LIDCRITA, 

Dall' ahra parte il fero Argante córse 
( Fano insolito a Ini ) 1' arringo ioTano: 
Che '1 difensor celeste il colpo torse 
Dal costodito cavalier Cristiano. ' 
Le labbra il crudo per furor si morse , 
E mppe r asta, bestemmiane , al piano. 
Poi tragge U ferro , e t^ contra Raimondo 
Impetuoso al paragon secondo. 

E '1 possente corsiero urta per dritto , 
Quasi monton cb' al cosso il capo abbassa. 
Scbiya Raimondo 1' urto , al lato dritto 
Piegando il corso , e '1 fere in fronte , e passa. 
Toma di noTO il cavpJier -d* Egitto ; 
Mar quegli por di novo a destra il la3sa : 
E pur su r elmo il coglie , e indamo sempre ; 
Che r elmo adamantine avea le tempre. 

Ma il feroce Pagan , che seco -mole 
Più stretta suffa , a lui s' avventa e serra. 
L' altro , eh' al peso di sì vasta mole , 
Teme d' andar col suo destriero a terra , 
Qui cede , ed indi assale ; e par che vole , 
Intorniando con girevol 'guerra ; 
E i lievi imperj il rapido cavallo 
. Segue del freno , e non pone orma in £ei11o. 

Qual capitan cb' o{^agni eccelsa torre: 
Infra paludi posta o in ako monte , 
Mille aditi ritenta , e tutte scorre 
L' arti e le vie ; cotal s' aggira il Conte. 
E poi che non può scaglia all' arme torre 
Ch' armano il petto, e la supei^a fronte ; 
Fere i men forti arnesi, ed alla spada 
Cerca , tra ferro e ferro y aprir la strada. 



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Ci-HTO SETTIMO. 197 

Ed in due parli O'tre , forate e fatte 
L* arme nemicne ha già tepide e rosse : 
Ed egli ancor le sue conserva intatte , 
ri e di cimier, ne d' un sol fregio scosse. 
Argante indarno arrabbia , a voto batte , 
£ spande senza prò V ire e le posse. 
Non si stanca però ; ma raddoppiando 
Va tagli et ponte , et si rinforza errando. 

Alfin tra mille colpi il Saracino 
Cala un fendente , e *1 Conte è cosi presso^ 
. Che forse il velocissimo Aquilino 
Non sottraggeasi , e rimaneane oppresso ; 
Ma r ajuto invisibile vicino ' 
IVon mancò a lui di quel superno messo, 
Che stese il braccio , e tolse il ferro crude» 
Sovra il diamante del celeste scudo. 

Frangesi il ferro allor ( che non resiste 
Di fucina mortai tempra terrena 
Ad armi incorruttibili ed immiste 
D* etemo fabbro ) e cade in su V arena. 
U Circasso , eh' andarne a terra ha viste 
Minutissime parti , il crede, appena. 
Stupisce poi , scorta la mano inerme, 
Oh* arme il campion nemico abbia si ferme. 

E %ea rotta la spada aver si crede 
Su r altro scudo ond' è colui difesa: 
£ '1 buon Raimondo ha la medesma fede , 
Che non sa già chi sia dal ciel disceso. 
Ma , perocch* egli disarmata vede 
La man nemica , si rimati sospeso ; 
Che stima ignobil palma , e vili spoglie 
Quelle eh' altmi , con tal vantaggio , uom toglit. 

' *;• 

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198 GERU8A.I.EMMe LIBERATA. 

Prendi, \rolca gik cUrgU , un* ahm spada ; 
Quando novo pensier naccpe nel core: 
Ch' aito scorno h de' snoi , dove egli cada p 
Che di pubblica causa è difensore. 
Cosi nh indegna a lui vittoria aggrada , 
Né in dubbio vuol porre il comime onere. 
Mentre egli dubbio stassi , Argante lancia 
D pomo e Y else aUa nemica guancia. 

£ in quel tempo medesmo il destriér pmng^ 
E per venire a lotta ìoltra si caccia. 
La percossa lanciata all' efano giunge , 
Sicché ne pesta al Tolosan la faccia. 
Ma però nulla sbigottisce , e Inngé 
Ratto si svia dalle robuste braccia ; 
Ed impiaga la man , eh' a dar di piglio 
Tenia più fera che felino artiglio. 

Poscia gira da questa a quella parte , 
E rigirasi a questa , indi da quella : 
E sempre , e quando riede , e quando parte - 
Fere il Pagan d* aspra percola e feBa. 
'Quanto avea di vigor, quanto avea d' arte, 
Quanto può sdegno* antico , ira novella, 
A danno del Circasso or tatto aduna ; 
E seco il ciel congiura , e la fortuna. 

Quel di fine arme , e di se slesso amato 
Ai gran colpi resiste , e nnlla pava : 
E par sen^a governo in mar turbalo , 
Rotte vele ed antenne , eccelsa nave ; 
Che pur contesto avendo ogni tuo lato 
Tenacemente di robusta trsMre , 
Sdruciti i fianchi al tempestoso flutto 
Noq, mostra ancor , né si dispera in tutto. 



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CANTO SETTIMA. 

Argante , il tuo periglio allor tal* era , 
Quando ajutarti Belzebù dispose. 
Questi di caira Btd>e ombra leggiera 
( 'MiraLil mostro ! ) in forma d' uom compose: 
"E, la semjbiansa di Clorinda altera 
Gli finse , e 1* armi ricche e laminose : 
Diegli il parlare, e , sensa mente , il noto 
Suon della voce e Ì porUmento, e '1 moto. 

n aimnlacro ad Gradino esperto 
Sagittario famoso andonne, e disse : 
O famoso Oradin , cb* a segno certo, 
Come a te piace, le qnadrella affisse ; 
Ah gran danno sana , s' uom di tal merlo , 
Difensor di Giudea , così morisse : 
K di sue spoglie il suo nemico adomo 
Sicuro ne focesse a' suoi ritorno. 

Qui fa prova dell' arte , e le saette 
Tingi nel sangue del ladron Frau5:ese : 
Ch' oltra il perpetue onor, to' che n' aspette 
Premio al gran fatto egual dal rè cortese. 
Così parlò , né quegli in dubbio stette , 
Tosto che 'l suon delle promesse intese. 
Dalla grave faretra un quadrel prende , 
E su r arco 1' adatta , e V arco tende. 
Sibit il teso nervo , e fuori spinto 
Vola il pennuto strai per T aria , e stride : 
Ed a percoter va dove del cinto 
Si conginngon le fibbie , e le divide ; 
Passa r usbergo , e in sangue appena tìnto 
Quivi si ferma , e sol la pelle incide ; 
Che '1 celeste gnerrier soffrir non volse 
Ck' oltra passasse , e forca al colpo tolse. 



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i99 



AOO GERUSÀIEMME LIBEKATA. 

Dell' nsbergo Io strai sì tragge il Coote , 
Ed ispicciame fuori il sangue Tede : 
E eoo parlar pien di ninaccie ed onte 
RiinproTera al Pagan la rotta fede. 
U Capitan , che non torcea la fronte 
Dall' amato Raimondo , aUor s' avrede 
Che violato h il patto : e perchè gra^e 
Stima la piaga , ne sospira e pavé. 

E con la fronte le sue genti altere , 
E con la lingua m yendicarlo desta : 
Vedi tosto inchinar gin le visiere , 
Lentare i freni , e por le lancie in resta ; 
E quasi in un sol punto alcune schiere 
Da quella parte moversi , e da questa. 
Sparisce il campo , e la minuta polve , 
Con densi globi , al ciel s' innaka e volve. 

D' elmi' e scudi percossi , e d' aste infrante 
Ne' primi scontri un gran romor s' a^ira. 
ÌA giacere un cavallo , e girne errante 
Un altro là senta rettor si mira: 
Qui giace un guerrier morto , e qui spirante 
Altri singhiossa e geme , altri sospira. 
Fera è la pugna , e quanto più si mesce 
E stringe insieme , più s' inaspra e cresce. 

Salta Argante nel messo agile e sciolto > 
E toglie ad un guerrier ferrata mazia : 
E , rompendo lo stuol calcato e folto , 
La rota intomo , e si fa larga piasxa. 
E sol cerca Raimondo , e in lui sol volto 
Ha il ferro , e V ira impetuosa e passa : 
E quasi avido lupo , ei par che brame 
IVeUe viscere sue pascer la fame. 



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CAWTO SETTIMO. 
"Ma ^hiro ad impedir viengli il sentiero 
H fero intoppo , acciodiè '1 corso ci tardi. 
Si trova incontra Ormanno, e con Ruggiero 
I>i Balnavilla , un Guido , e due Gherardi. 
Non cessa , non-s' aDenta , ansi è più fero , 
<^aQto ristretto è più da ^e' gagliardi; 
Siccome , a forza, da rìncHuso loco 
Se n' esce e move alte ruine il foco. 

Uccide Ormanno , piaga Guido , atterra 
Hnggiero infra gli estinti egro e languente. 
IVIa contra lui crescon le turbe , e '1 serra 
D* uomini e d* arme cerchio aspro e pungente. 
3\Ientre , in \rirtù di lui , pari la guerra 
Si mantenea fra V una e V altra gente ; 
U buon duce Buglion chiama il fratello , 
£d a lui dice : or movi il tuo drappello. 

£ la dove battaglia è più mortale , 
Tattene ad investir nel lato manco. 
Quegli si mosse, e fu lo scontro tale 
Ond* egli urtò degli avversar) il fianco, 
Che parve il popol d' Asia imbelle e frale, 
Pfè potè sostener V impeto Franco 
. Che gli ordini disperde , e co' destrieri 
L' insegne insieme abbatte , e i cavalieri. 
Dall' impeto medesmo in fuga è volto 
n destro còrno : e non v' è alcun che faccia y 
Fuor che Arante , difesa ; a freno sciòlto 
Cosi il timor precipiti gli caccia. 
Egli sol ferma il passo , e mostra il volto : 
Ne chi con mani cento , e cento braccia 
Cinquanta scudi insieme ed altrettante 
Spade movesse , or più faria d' Argante. 



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«Oft GC11U9A.I.EMMB 1.1BEBATA. 

Ei g[It Stocchi e U masie , egli defl* a»te 
E de' corsieri l' impeto sostenta : 
E solo pur che 'ncontra tutti baste : 
Ed ora a questo , ed ora a qnel s' aYyenta. 
Peste ha le membra , e rotte 1' arme e^gnastc , 
£ sudor versa e sangue , e par noi senta. 
Ma cosk r urta il popol denso e *1 pr^mc , 
Ch' alfin lo svolge , e seco il porta insieme. 

Volge il terg<^ alla Corsa ed al furore 
Di quel diluvio che '1 rapisce , e Ì tira. 
Ma non già d' uora che fugga ha i passi, e 1 core; 
S' all' opre della mano il cor si mira. 
Serbano ancora gli occhi il lor terrore , 
E le minaccie della solita ira : 
E cerca rìtenier con ogni prova 
La fuggitiva turba, e nuUa giova. 

?Ion può far qnel magnanimo eh' almeno 
Sia lor fuga più tarda , o più raccolta : 
Che non hk la paura arte , uè fireno , 
Né pregar qui , né comandar s' ascolta. 
n pio Bnglion , che i suoi pensieri appieno 
Vede fortuna a favorir rivolta, 
Segue della vittoria il lieto corso , 
E invia novello ai vincitor soccorso. 

E'se non che non era il dì , che scritto - 
Dio negli etèrni suoi decreti avea ; 
Quest' era forse il dì che H campo invitto 
Delle sante fatiche al fin giungea. 
Ma la schiera infemal che in qnel conflitto 
La tirannide sua cader vedea, 
Sendole ciò permesso , in un momento 
L' aria in nubi ristiinse , e mosse il vMito. 



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CAHTO SETTIMO. aO* 

'^Dagll ocelli de' mortali tiii negro velo 
TVapisce il giorno e 1 sole : e par eh' avvampi 
Negro -via più eh* orror d' inferno il cielo ; 
Oosi fiammeggia infra balem e Iftmpi. 
F*reiuono i tuoni , e pioggia accolta in gelo 
Si versa , e i ^[raschi abbatte , e inotida' i campi : 
Schianta i rami il gran turbo , et par che crolli 
T^on pur le querce , ma le rocche , e i eoUi. 

L' acqua in un tempo , il vento , e la tempesta 
^egli occhi ai Franchi impetuosa fete : 
IL V improvvisa violenta arresta , 
Con un terror quasi fatai , le schieri». 
Lia minor parte d' esse accolta resta 
( Che veder non le puote ) alle bandiere, 
'^la Clorinda , che quinxfi: alquanto è hmge , 
Prende opportuno il tempo , e 1 destrier punge. 

Ella gridava ai suoi : l^er aar combatte >, 
Compagni , il eielo , e la giuslàsia aka. 
Dall' ira sua le faccio nostre intatte 
Sono , e non è la destra indi^ i a n p e dita : 
E nella fronte solo irato e» batte' 
Della nemica gente impaurita , 
K la scote dell' arme , et detta luce 
La priva : andianne pur, che 'ì Fatò- è dntV. 

Così spinge le g«ntì , e ritevefrdd' 
Sol nelle spalle 1* impeto df inferno , 
Urta i Francesi con assalto orrendo , 
K i -vani colpi lor si pretide a scherno. 
Ed in quel tempo Argante anco , voljgeildo , 
Fa de' già vincitori aspro govem<» ; 
E qoei, lasciando ik campo a tatto' eorso , 
Volgono al £en<Oy • atta pMotfie iidovM. 



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S04 G^ltUSALEMME LIBERATA. 

Percotono le spalle ai fuggitivi 
L' ire imiaortali , e le mortali spade , 
£ '1 sangue corre , e fa , commisto ai rivi 
DeHa gran pioggia , rosseggiar le strade. 
Qui , tra *1 volgo de' morti e de* mal vivi , 
E Pirro , e '1 buon Ridolfo estinto cade ; 
Che toglie a «{uesto il fier Circasso V alma , 
£1 Clorinda di quello ha nohil palma. 

Così fuggiano i Franchi, e di lor caccia 
Non rimaneano i Siri, anco, e i Demoni: 
Sol contra 1' arme , e contra ogni minaccia 
Di gragnuole , di turbini , e di tuoni 
Volgea Goffredo la sicura faccia , 
Rampognando aspramente i suoi Baroni ; 
E fern^o anzi la porta il gran cavallo , 
Le genti sparse raccogliea nel vallo. 

£ ben due volte il corridoi sospinse 
Contra il feroce Argante , e lui rìpresse ; 
Ed altrettante il nudo ferro spinse 
Dove le turbe ostili eran più spesse ; 
Alfin con gli altri insieme ei si ristrinse 
Dentro ai ripari , e la vittoria cesse. 
Tornano allora i Saracini : e stanchi 
Restan nel vallo , et sbigottiti i Franchi. 

Né cpiivi ancor dell* orride procelle 
Ponno appieno schivar la forca, e 1* ira ; 
Ma sono estinte or queste faci , or quelle ; 
E per tutto entra 1' acqua, e '1 vento spira , 
Squarcia le tele , e spezia i paU , e svelle n 
liC tende intere , e lunge indi le gira , 
lia pioggia ai gridi , ai venti , ai tuon s' accorda^ 
D' orribile armonia che *1 mondo assorda. 



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GERUSALEMME LIBERATA. «0$ 



CANTO OTTAVO. 



ARGOMENTO. 

MtrrA a Gc^redo del signor de' Dani 
Il iralor prima un messo , e poi la morte. 
Credendo ^uei d' Italia a ' segni vani, 
Stimano estinto il lor Rinaldo forte. 
Dunque al furor eh' Aletto spira , insani 
Di sorvechia ira e d'odio , apron le porte: 
E minaccian Goffredo : ei con la voce 
Sola in lor frena 1* impeto feroce. 

vJiA cheti erano i tnoni e le tempeste, 
E cessata il soffiar d' Austro e di Coro : 
£ r alba uscia della magion celeste . 
Con la fronte di rose , e co ' pie d' oro. 
Ma (juei che le procelle arean già deste , 
IVon rimaneansi ancor dalle arti loro ; 
Anzi r un d' essi , eh' Astagorre è detto , 
Così parlava alla compagna Aletto; 

Mira, Aletto, venirne (ed impedito 
Esser non può da noi )-quel cavaliero, 
Che dalle fere mani è vivo uscito 
Del sovran difensor del nostro impero. 
Quésti , narrando del suo duce ardito 
£ de ' compagni ai Franchi il caso fero , 
Paleserà gran cose : onde è periglio 
Che si ridiiami di Bertoldo il iigUo. 

4. «8. 

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%0B GCRUSÀLCMIirE tTBCllÀTA.. 

Sai quanto ciò rilievi , e se conTÌene 
Ai gran principi oppor fona ed inganno. 
Scendi tra ' Frandbi danqae , e ciò eh' a bene 
Colai dira , tutto rivolgi in danno : 
Spargile fiamme e 'l tosco entro le vene 
Del Latin, dell' Elvesio, e del Britanno: 
Movi r ire e i toondti , e (a tal' opra , 
Che tutto vada il campo alfin sossopra. 
L' opra è degna di te : tu nobil vanto 
Ten desti gi^ dinansi al signor nostro. 
Cosi le parla : e basta ben sol tanto, 
Perchè prenda V impresa il fero mostro. 
Giunto è su 'l vallo de ' Cristiani intanto 
Quel cavaÙero , il cui venir fÀ mostro : 
£ disse lor : Deh st« chi n' introéncd 
Per mercede , o guerrieri , al sommo duca. 

Molti scorta gli fbrò al Ci^plUilo, 
Vaghi d' udir dal pelfegriri novelle. 
Quegli inchinoUo, e l' onorata Alano* 
Volea baciar che fa tremar Babelk. 
Signor , poi dice , che con 1* òde^ino 
Termini la tua fama , e co» le stelle , 
Venirne a te vorrei più lieto me^o. . . 
Qui sospirava , e soggiungeva apjfi'esia : 

Sueno , dei rè de* Datti ònttò figlio , 
Gloria e sostegno alla cadente' étade , \ 

Esser tra quei bramò , che 'l WO consiglio 
Seguendo han cinto per Gesn le spade: 
Né timor di fatica , O di periglio , 
JVè vaghezsa del regno , né pietade 
Del vecchio genitor , si degnò afièlto 
Intepidir nel generosa petto. 



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CÀVTO OTTATO. SOJ 

Jl«o spìngeva un desio à* apprender V arte 
Della milisia faticosa e dura, 
I>a te sì nobil mastro : e sentia in parte 
Sde^o e vergogna di sua f^ioa oscura ; 
Oia di Rinaldo il nome jin ogni parte 
Oon gloria udendo in verdi anni matura^ 
IMEa più eh' altra cagione , il mosse il celo 
Non del terren , ma dell' onor del cielo. 

Precipita dunque gV indugi , e tols« 
Stuol di scelti compagni audace e fero : 
£ dritto inver la Tracia il cammin volse 
Alla città che sede è dell' impero : 
Qui il Greco Augusto in sua magien l' accolse; 
Qui poi giunse in tuo nome un messaggiero : 
Questi appien gli narrò come già presa 
Fosse Antiochia , e come poi difesa. 

Difesa incontra al Perso , il <pial con tanti 
Uomini armati ad assediarvi mosse , 
Che sembrava che d^ arme , e d' abitanti 
Voto il gran regno suo rimaso fosse. 
Di te gli disse , e poi narrò d' alquanti , 
Sinch' a Rinaldo giunse , e qui fermosse s 
Contò l' ardita fuga , e ciò che poi 
Fatto di glorioso avea tra voi. 

Soggiunse alfin come già il popol Franco 
Veniva a dar 1' assalto a queste porte : 
E invitò Ini eh' egli vole^ almanco 
Dell' altima vittoria esser consorte. 
Questo parlare , al giov inetto fianco 
Del fiero Sueno , è stimolo si forte , 
Ch' ogn' ora un lustro pargU infra' Pagani 
Rotare il ferro, e insanguinar le mani. 



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ao9 GERUSALEMME LIBERATA. 

Par che la sna viltà rimproverarsi 
Sesta nell' altmì gloria , e se ne rode : 
£ cliì '1 consiglia , e chi '1 prega a fermarsi 
O che non esaudisce , o che non ode. 
Rischio non teme , fuorché 'l non trovarsi 
De ' tuoi gran rischi a parte e di tua lode: 
Questo gli semhrii sol periglio grave ; 
Degli altri o nulla intende , o nulla pavé. 

Egli medesmo sna fortuna afTretU ; 
Fortuna, che noi tragge, e lui condncei 
Perocch' appena al suo partire aspetta 
J^ primi rai della novella luce. 
£ per miglior la via più hreve eletta ; 
Tale ei la stima, eh' è signore , e duce : 
Tih ì passi più difficili o i paesi 
Schivar si cerca de ' nemici offesi. 

Or difetto di ciho , or camroin duro 
Trovammo, or violenta, ed or agguati; 
Ma tutti far vinti i disagi , e furo 
Or' uccisi i nemici , ed or fugati. 
Fatto avean ne ' perigli ogni uom sicuro 
Le vittorie , e insolenti i fortunati : 
Quando un di ci accampammo ove i confini 
Non lunge erano omai de ' Palestini. 

Quivi da' precursori a noi vien detto 
Ch' alto strepito d' arme avean sentito : 
E viste insegne e indisj , onde han sospetto 
Che sia vicino esercito infinito. 
Non pensier, non color, non cangia aspetto^ 
JVon muta voce il signor nostro ardito ; 
Benché molti vi sian , eh' al fero avviso 
Tin gan di bianca paUidezsa il viso . . 



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CAÌTTO OTTÀTO. a09 

l^a dice : O quale ornai -vicina abbiamo 
Corona o di martirio , o di vittoria : 
Li' una spero io ben più ; ma non men bramo 
li' altra , ove è maggior merto , e pari «jloria. 
Questo campo , o fratelli , ove or noi siamo , 
Fia tempio sacro ad immortai memoria , 
In cui r età futura additi e mostri 
Le nostre sepolture , o 1 trofei nostri. 
Cosi parla ; e le guardie indi dispone, 

E gli ufficj comparte , e la fatica. * 

Vuol eh' armato ogn' un giaccia , e non depont 

Ei medesmo gli arnesi, o la lorica. 

Era la notte ancor nella stagione 

Cb' è più del sonno e del silenzio amica ; 

Allor che d' urli barbareschi udissi 

Romor , che giunse al cielo ed agli abissi. 
6i gtida all' arme, all' arme ; e Sueno , involto 

Neil' arme, innanzi a tutti oltre si spinge : 

E magnanimamente i lumi e '1 volto 

Di color d' ardimento , infiamma e tinge. 

Ecco siamo assaliti , e un cerchio folto 

Da tutti i lati ne circonda e stringe : 

E intomo un bosco abbialo d' aste e di spade , 

E sovra noi di strali un nembo cade. 
Nella pugna ìnegnal , però che venti 

CU assalitori sono incontra ad uno , 

Moki d' essi piagati, e molti spenti 

Son da cieche ferite ali* aer bruno. 

Ma il numero degli egri e de ' cadenti 

Fra r ombre oscure non disceme alcuno. 

Copre la notte i nostri danni , e V opre 

Della noitra virtute iniieme copre. 

1». 

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SIO GERUSALEMME &IBEK4TA. 

Por si fra gU «kri Su^o alca U firente , 
Ch' ugevoV h che ogn' un cedere il poa&« : , 

£ nel bajo le prove ^nc9 «oq coote 
A chi vi mira , e I' incr«dihil possa. 
Di sangue un rio , d' ViQpiii^i uccisi «a monte 
D' ogn* intomo gH faamo argine , « fossa : 
£ dovunque ne vkcewhr^ che porta 
Lo spavento negfi occhi, e i|i piacila nu>rie. 

Così pugnato fa, sinck^ V al^ftie ' 
Bosseggiando nel«ijBl gii» i^' apparta. 
Ha poi che scosso fu il n«ttarpQ orrore 
Che r orror delle morti i/a «e coprii y * 
La desiata luce a noi terrore 
Con vista ac^rehhe dolorerà e ria ', 
Che pien d' e&tinti il campo , e.({aasi tutta 
Prostra gente* vedemmo o^msd d^trutia. 

Duo mila fommo , e noA siam «anto ; ox quando 
Tanto sangue egli mira e taftte morti , 
Non so se '1 cor feroce al miiserando 
Spettacolo si turbi, e si sconfodrti ; 
Ma già noi mostra ; anai la voce aka«do, 
Seguiam, ne grida, que' compagai forti 
Ch' al ciel , hmge dai laghi Averoi e Stigi , 
li* han segnati c(4 saoguA alti vestìgi 

Disse ; e Ueto , cred' io, àeXk. vicina 
Horte , cosi nel cor com« al sembiante , 
Incontro alla barbarica mina 
Portonne il petto intrepido e cosjtaBte. 
Tempra non sosterrebbe, ancor che &ia 
Fosse , e d' acciajo nò , ma di diamante, 
I ferì colpi ond' egli il campo aUagat 
£ fatto è il corpo nio aol^ una piaga. 



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CAITTO OTTAVO. 
Lia TÌta nò , ma la virtù sostenta 
Quel cadavero indomita e feroce. 
Ripercote percosso , e non s' allenta ; 
IMCa «jnaùto offeso è più, tanto più noce: 
Quanxlo ecÉo , furiando , a lui s' avventa 
TJora grande eh' ha sembiante e guar4o atroce, 
£ dopo lunga ed ostinata guerra, 
Con r aita di molti, alfm l' atterra. 

Cade il garzone invitto ( «hi caso amafo ! ) 
P^è v' è fra noi chi vendicare il'p^ssa. 
Voi chiamo in testimonio , o del mio caro 
Signor sangue bea sparso e nohil' oc4a, 
Ch' allor non fili della mia vita «ivarp , 
Tfh schivai ferro , né schivai p«rco&«a ; 
£ se piaciuto pur fosse 1^ aopra 
Ch' io vi morissi , il meritai cjo^V 0{Wa* 
Fra gli estinti compagni i^ sol cadei 
Vivo : ne vivo forse è cl^ mi pe94Ì> 
Tih de * nemici più cosa saprei 
Ridir, sì tutti avea sopiti \ sensi. 
Ma poiché tornò il lame agi» occhi miei, 
Ch' eràh d' atra cabine condensi,, 
Notte mi parve ; ed allo sguardo fioco 
S' offerse il vacillar d' nn picciol jEocq* 

Non rimaneva in me tenia virtude 
Ch' a discemer le cose io Ì9m. presto; 
Ma vedea come quei eh' or apre > Off chiude 
Gli occhi , mesco tra '1 sonno • V e4Mv desio : 
E '1 duolo omai delle ferite <;rii4e- 
Più cominòava a farmisi molesto : 
Che V inaspria V aura notturna e'I gi/elo. 
In terra nuda e sotto, aperta ci^o* 

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ai» GERUSALEMME LIBERATA, 

Pia e più ogn' or s' «yricinava intanto 
Quel lume , e insieme un tacito bisbiglio : 
Sicch' a me giunse , e mi si pose accanto. 
Also allor, bench' appena, il debil ciglio ^ 
£ veggio due vestiti in lungo manto 
Tener due faci, e dirmi sento : O figlio , 
Confida in quel signor eh' a' pii sovviene , 
£ con la grasia i preghi alimi previene. 

In tal guisa parlommi; indi la mano , 
Benedicendo , sovra me distese : 
£ susurrò con suon devoto e piano 
Voci allor poco udite, e meno intese. 
Sorgi , poi disse , ed io leggiero e sano 
Sorgo, e non sento le nemiche offese: 
( O miracol gentile ! ) ansi mi sembra 
Piene di vigor novo aver le membra. 

Stupido gli riguardo , e non ben crede 
L' anima sbigottita il certo e il vero : 
Onde r un d' essi a me : Di poca fede , 
Che dubbj ? o che vaneggia il tuo pensiero ? 
Verace corpo è quel che in noi si vede : 
Servi siam di Gesù, che '1 lusinghiero 
Mondo , e '1 suo falso dolce abbiam fuggito, 
£ qui viviamo in loco aspro e romito. 

Me per ministro a tua salute eletta 
Ha quel signor che 'n ogni parte regna; 
Che per ignobil messo oprare efiètto 
Maravigtioso ed alto ei non isdegna. 
Né men vorrk che si resti negletto 
Quel corpo in cui già visse alma si degna : 
Lo qual con essa ancor , lucido e leve 
£ immortai fatto, nuQir si deve. 



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CAUTO OTTATO. . ei3 

Dico il corpo Hi Sueno , a cui fia data 
Tomba a tanto valor conveniente, 
Hia quale a dito mostra ed onorata 
Ancor sarà dalla futura gente. 
Sia leva ornai gli occhi alle stelle, e gnath 
TJk splender quella come un sol lucente : 
Questa co* vivi raggi or ti conduce 
La riove è il corpo del tuo noBil Duce. 

Allor vegg* io che dalla bella face , 
Anxi dal sol notturno un raggio scende 
Che dritto la dove il gran corpo giace, 
Quasi aureo tratto di pennel , si stende t 
£ sovra lui tal lume e tanto face , 
Ch' ogni sua piaga ne sfavilla e splende < ' 
£ subito da me si raffigura 
ISella sanguigna orribile miiitur». 

Oiacea prono non già , ma come volto 
£bbé sempre alle stelle il suo desire, 
Dritto ei teneva inverso il cielo il volto. 
In guisa d'uom che pur là^suso aspire. 
<^hiusala destra, e '1 pugno avea raccolto , 
£ stretto il ferro , e in atto è di ferire : 
L' altra su 'I petto in modo umile e pio 
6i posa, e par cheperdon chieggia a Dio. 

Mentre io le piaghe sue lavo col pianto ; 
N^ però sfogo il duol che 1' alma accora ; 
CH aprì la chiusa destra il vecchio santo, 
E '1 ferro che strlngea trattone fìiora : 
Questa, a me disse, eh' oggi sparso ha tanto 
^angae nemico, e n' è vermiglia ancora, 
È,' come sai, perfetta : e non è forse 
AUrt spada ch« debba a lei preporse. 



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Al4 GERUSA-I^EMME |.IBEilATA.. 

Onde piace là su, che s' or la parte 
Dal suo primo signore acjerbft D)ortt y 
Osiosa non resti in ^pst9 pvr^; 
Ma di man passi in mano ardft» * forte > 
Che r nsi po^ cpp egoal for^a ed *rte > 
Ma più lunga stagiftn ppg }it\^ spfte : 
E con lei faccia, perchè f l^i •' aspetia > 
Di chi Sneno V pccise ^spr« yendetta. 
Soliman SueuQ nccise» e SpUn^BO 
Dee per la spedii spa resUrne up€Ì«o. 
Prendila dunque , p yapne ove il Crisiia«o 
Campo fia intorpp all' alte murfi a«|{SA : 
£ non temer che ne^ paese estrano 
Ti sia il sentier di noyo anco preciso ; 
Che t' agevolerà per 1' aspra via 
L'alta destra di lui eh' or là t* invù|. 

Quivi egli vuqI d^ <lg cotf sta yoce » 
Che viva in te serhò , si manifèsti 
La pietate , il valor, V ardir feroce 
Che nel diletto tuo ^ignor vedesti i 
Perchè a segnar dell» ptf fpurea Cro^e 
L' arme , con tale esempio j altri si. de^t : 
£d ora , e dopo pp corso anco di lustri 
Infiammati ne siap gh animi il^u^ri. 

Resta che sappia tu chi sia cqIuì 
Che deve della spada esser ere^f ■ 
Questi è Rinaldo il giqyinett^, a cui 
Il pregio di fortena ogfi' altro cede« 
A lui la porgi , e di, che sol da lui 
L* alta vendita il cielo e '1 paondo chiede. 
Or mentre io le sue voci intento ascoilo > 
Fui da miracol novo a se rivolto* 



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CAUTO OTTAVO. ftl5 

Ciìih la dove il cadavere giacca , 
iBbbi improi^viso un gran sepolcro scòrto^ 
Che sorgendo rinchinso in se 1' avéa , 
Come non so j né con qual' arte sorto : 
£ in brevi note altmi vi si s|>onea 
. 11 nome , e la virtù del guerr^er àiortó. 
Io' non sapea da tal viita levarmi , 
Mirando ora ìt lettre, ed óra i marmi. 

Qui , ditoe il vecchio , appresso ai fidi amici 
Oiacera del tuo duce il corpo ascoso , 
Mentre gli spirti amando in ciel felici 
Oodon perpetuò bene e glorioéo. 
Ma tu col pianto ornai gli estremi uffici 
Pagato hai loto : e tèmpo è di riposo. 
Oste mio ne sarai smch' al viaggio 
Mattutin ti nsve^ il novo raggio. 

Tacque ; e per lochi ora sublimi or cupi 
Mi scorse, onde a gran pena il iianco trassi ; 
Sinch' ove pende Ìsl selvaggie rupi 
Cava spelonca raccòglieitimo i passi. 
Questo è il suo albergo : ivi fra gli orsi é i lupi , 
Col discepolo suo , sicuro stassi ; 
Che difesi miglior eh' usbergo e scùdó^ 
È la santa innocenza al petto ighuc^o. 

Silvestre cibo, e duro letto porse 
Quivi alle membra mie posa e ristoro. 
Ma poi eh* acòési in oriente scorse 
I raggi del mattiti purpurei e d' oro ; 
Vigilante ad orar subito sorse 
L' uno e l'altro eremita , ed io con loro. 
Dal santo vecchio poi congedo tolsi, 
£ ^u), dove egli €0&fligH6> mi volsi* 

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Ùl8 GEIUSÀLEMME LIBEIATA. 

Qui si tacque il Tedesco ; e gli rispose 
n pio Buglione : O cav aliar, tu porte 
Dure novelle al campo e dolorose , 
Onde a ragion si turbi e si sconforte : ' 
Poiché genti si amiche e valorose 
Breve ora ha tolte , e poca terra assorte i 
£ in guisa d' un baleno il signor vostro 
6' è in un sol punto dileguato, e mostro. 

Ma che ? feUce è cotal morte e scempio. 
Via più eh' acquisto di provincie e d' oro : 
^è dar V antico Campidoglio esempio 
D' alcun può mai si glorioso aQoro. 
Essi del ciel nel luminoso tempio 
Hàn corona immortai del vincer loro. 
Ivi , credo io , che le sue belle piaghe 
Ciascun lieto dimostri, e se n' appaghe. 

Ma tu eh' alle fatiche-, ed al periglio 
Nella miUzia ancor resti del mondo ; 
Devi gioir de' lor trionfi , e '1 ciglip 
Render, quanto conviene, ornai giocondo. 
E perchè chiedi di Bertoldo il figlio , 
Sappi, eh' ei fuor dell' oste è vagabondo; 
IVè lodo io gik che dubbia via tu prenda ^ 
Pria che di lui certa novella intenda. 

' Questo lor ragionar nell' altrui mente * 

Di Rinaldo 1' amor desta , e rinnova : 
E v' è chi dice : Ahi fra Pagana gente 
n giovinetto errante or si ritrova : 
E non v' è quasi alcun che non rammente, 
Narrando al Dano, i suoi gran fatti a prova; 
£ dell' opere sue la lunga tela 
Con istupor gli si dispiega, e svela. 



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cakto ottavo. 
Or quando del gar«on la rimembranat 
Avea gli animi tutti inteneriti ; 
^cco molti tornar che , per usanza^ 
Eran d' intorno a depredare usciti. 
Conducean questi seco in abbondania 
E mandre di lanuti , e buoi rapiti , 
E biade ancor, benché non molte, e ttrame 
tuhe pasca de' corsier l' avida lame. 

E questi di sciagura aspra e nojofta 
Segno portar, che 'n apparenta è certo: 
Rotta del buon Rinaldo e sanguinosa 
La soprawesta, ed ogni arnese aperto. 
Tosto si sparse ( e chi potria tal coìhi 
Tener celato ? ) un romor vario , e incerto, 
l^orre il volgo dolente alle noveUe 
Del guerriero , e dell' arme , e vuol vedefle. 

Vede , e conosce ben 1* immensa mole 
Del grande usbergo, e '1 folgorar del lume, 
E r armi tutte , ove è l' augel eh' al sole 
Prova i suoi figli e mal crede alle piume : 
Che di vederle già primiere o sole, 
Nelle im|9rese più grandi ebbe in costume j 
Ed or, non senxa alto pietade ed ira, 
Rotte e sanguigne ivi giacer le mira. 

Mentre bisbiglia il campo , e la cagione 
Della morte di lui varia si crede j 
A se chiama Aliprando il pio Buglione, 
Duce di quei che ne portar le prede, 
Uom di libera mente, e di sermone 
Veracissimo e schietto, ed a lui chiede: 
Di come, e donde tu rechi quest' arme , 
E di buono o di reo nulla celarmc. 

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^1 



ftl8 GERUSALEMME tTBCUATi.. 

GK rìspoM colui : Di qnì lontano 
' Quanto in due giorni mi messaggiero ftodria, 

Verso il confin ^ Oata , nn picciol piano 
Chiuso tra colli alqaanto è fiior <li via : 
£ in lui d' aké deriTa , e lento e piano y 
Tra pianta e pianta , un fiumicel s* invia : 
£ d' albm e di macchie ombroso e folto , 
Opportuno alle insidie il loco h molto. 

Qnl greggia illcuna cercavam, che^sac 
Tenuta ai paschi dell' erbose ì^nde ; 
£ in su r erbe niriam dì sangue ros^e 
Giacerne un guerrier morto in riva ali* onde. 
All' arme , ed afieinsegne ogn' nom si mosse ; 
Che furon conosciute , ancorché immonde. 
Io m' appressai per discoprirgli il viso ; 
M^ trovai eh' era ii capo indi recise. 

Mancava ancor la destra : « '1 busto gri&de 
Molte ferite avea dal tergo al petto : 
£ non lontan cote l' aquila , che i^nde 
Le candide ali, giacca il voto elmetto. 
Mentre cerco d' dicuno a cui dimande , 
Un villanelisopragginngea scatto : 
Che indietro il passo per fuggirne tKMrse 
Subitamente dre di noi s' accorse. 

Ma seguitato e pre^o , alla richiesta 
Che noi gli facevamo , alfin rispose 
Che '1 gionfo innanti uscir della foresta 
Scorse molti guerrieri , onde ei s* ascose r 
£ eh' un d' essi tenea recisa testa 
Per le sue chiome bionde , e Sanguinose f 
La qual gli parve , rimirando intento, 
D' uom giovinetto > e sensa peli al mento* 



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CAUTO OTTAVO. 119 

E che '1 medesmo poco poi 1* avvolse 
Tu un zendado dall' arcion pendente. 
Soggiunse ancor, cW all' abito raccolse 
Ch' erano i cavalier di nostra gente. 
Io spogliar feci il corpo, e sì men doke , 
Che piansi nel sospetto amaramente : 
£ portai meco l'arme, e lasciai cura 
Ch' avesse degno onor di sepoltura. 

Ma se quel nohil tropco è quel eh' io credo , 

Altra tomba , altra pompa egli ben merta. 

Cosi detto, Aliprando ebbe congedo. 

Perocché cosa non avea più certq. 

Rimase grave, e sospirò Goffredo ; 

Pur nel tristo pensier non si raccerta : 

£ con più chiari segni il monco busto 

Conoscer vnole , e l' omicida ingiusto. 

Sorgea la notte intanto , e sotto 1* ali 
Hicoprìva del cielo i campi immensi : 
E 'l sonno , osio dell' alme , obblio de' mali , 
Lusingando sopia le cure , e i sensi ; 
Tu sol punto , Argillan , d' acuti straK 
D' aspro dolor , volgi gran cose , e pensi : 
ìih V agitato sen , né gli occhi ponn^ 
La quiete raccorre , o '1 molle sonno. 

Costui pronto di man , di lingua ardito , 
Impetuoso , e fervido d' ingegno 
Nacque in riva del Tronto , e fu nutrito , 
JN elle risse civil, d' odio e di sdegno. 
Poscia , in esiglio qpinto , i colU e '1 lito 
£mp\ di sangue , e depredò quel regno , 
Sinché nell' Asia a guerreggiar sen venne > 
£ per fama miglior chiaro divenne. 



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fts9 GERUSALEMME tlBERATÀ. 

ÀìBn questi su V alba i lumi chiose : 
f9h gik fa sonno il suo queto e soare ; 
Ma fìì stupor, eh' Aletto al cor gì' infuse , . 
IVon men che morte sia , profondo e grave. 
Sono le inteme sue virtù deluse , 
£ riposo dormendo anco non havtfy 
Che la furia cmdel gli s' appresenta 
Sotto orribili larve , e lo sgomenta. 

Gli figura un gran busto , ond'è diviso 
n capo , e della destra il braccio è mono : 
E sostien con la manca il teschio inciso , 
Di sangue e di pallor livido e sosso. 
Spira , e parla spirando il morto viso, 
£ '1 parlar vien col sangue , e col singhioxso ; 
Fuggi , Àrgillan, non vedi ornai la luce ì 
Fuggi le tende infami , e V empio duce. 
Chi dal Cero Goffredo , e dalla frode 
Ch' uccise me, voi cari amici affida ì 
D' astio dentro il feDon tutto si rode , 
£ pensa sol come voi meco uccida. 
Pur, se cotesta mano a nobil lode 
Aspira , e in sua virtù tanto si fida , 
Non fuggir nò : plachi il tiranno esangue 
Lo spirto mio col suo malvagio sangue. 

Io sarò teco ombra di ferro e d'eira 
Ministra , e t' armerò la destra e '1 seno. 
Così gli parla ; e nel parlar gli spira 
Spirito novo di furor ripieno. 
Si rompe il sonno : e sbigottito ei gira 
Gli occhi gonfi di rabbia e di veleno : 
Ed armato eh' egU è , con importuna 
Fretta , i guer^ier d' Italia insieme aduna. 



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CA5T0 OTTAVO. . * 

dì aclnna Fa dove sospese stanno 
Ja' arme del buon Rinaldo , e con superba 
Voce, il furore e *l conceputo affanno 
In tai detti divulga , e disacerba : 
Dunque un popolo barbaro e tiranno 
Che non prezxa ragion , che fé non serba. 
Che non fu mai di sangue e d' or satollo , 
Tic terra *1 freno in bocca , e *1 giogo al collo ? 

Ciò che sofferto abbiam d' aspro e d' indegno 
Sette anni ornai sotto sì iniqua soma , 
£ tal, cb' arder di scorno , arder di sdegno 
Potrà da qui a mill' anni Italia e Roma. 
Taccio , che fa dall' arme e dall' ingegno 
Del buon Tancredi la Gilicia doma , 
£ cbi' ora il Franco a tradigion la gode : 
C i premj usurpa del valor la frode. 

Taccio , eh* ove il bisogno e *1 tempo chiede 
Pronta man , pensier fermo , animo audace , 
Alcuno ivi di noi primo si vede 
Portar fra miOe morti o ferro , o face. 
Quando le palme poi , quando le prede 
8i dispensan nell' oiio e nella pace , 
Nostri non sono gik , mk tutti loro 
I trionfi, gli onor, le terre, e 1* oro. 

Tempo forse già fu , che gravi e strane 
Ne potevan parer sì fatte offese ; 
Qnasi bevi or le passo : orrenda , immane 
Ferità leggierissime V ha rese. 
Hanno ucciso Rinaldo , e con le umane 
L' alte leggi divine han vilipese. 
E non fulmina il cielo ? e non gì' inghiotte 
La terra entro la sua perpetua notte ì 

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A9ft GERUSALEMME LIBERATA. 

BinaMo han morto , il qnal fu spa<)a e scucto - 
Di nostra fede ; ed ancor giace inulto ? 
Inulto giace : e sù'i terreno ignudo 
Lacerato il tasciaro , ed insepulto. 
Ricercate saper chi fosse il crudo ì 
A chi puote , o compagni , esser' occulto ? 
Deh chi non sa quanto al valor Latino 
Portia GoHredo invidia , e Baldovino ? 

Ma che cerco argomenti ? il cielo io giuro, 
n ciel che n' ode , e cV ingannar non lìce ; 
Ch* allor che si rischiara il mondo oscuro , 
Spirito errante il vidi ed infelice. 
Che spettacolo , oimè ^ crudele e duro ! 
Quai frodi di Goffredo a noi predice ! 

10 '1 vidi, e non fu sogno : e ovunque or miri, 
Par che dinanzi agli occhi miei s' aggiri. 

Or che faremo noi ? dee quella mano , 
Che di morte sì ingiusta è ancora immonda , 
Reggerci sempre ? o pur vorrem lontano 
Girne da lei dove l' Eufrate inonda ? 
Dove a popolo imbelle in fertil piano 
Tante ville e città nutre , e feconda : 
Anzi a noi pur ; nostre saranno , io spero , 
Né co' Franchi comune avrem l' impero. 

Andìanue , e resti invendicato il sangue 
( Se così parvi ) illustre ed innocente. 
Benché se la virtù , che fredda langue , 
Fosse ora in voi , quanto dovrebbe , ardente ; 
Questo , che divorò, p4*stifero angue, 

11 pregio e '1 fior della Latina gente, 
Daria con la sua morte , e con lo scempio 
Agli altri mostri memorando esempio. 

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CANTO OTTATO. Aa5 

10 y io vorrei , se '1 vostro alto valore , 
4[^aapto egli può, tanto voler osasse , 
Oh' oggi per questa man nell' empio core^ 
^ido dì tradigion , la pena entrasse. 
Oosi parla agitato, e nel furore 

£ nell' impeto suo ciascuno ei trasse. 
Amie, arme freme il forsennato , e insieme 
La gioventù superba arme y arme freme. 
Rota Aletto (ira lor la desl|p armata, 
£ col foco il velen ne' petti mesce. 
IjO sdegno , la follia , la scellerata 
Sete del sangue ogn' or più infuria, e cresce ; 
£ serpe quella peste , e si dilata , 
* £ degli alberghi Italici fuor n' esce , 
£ passa fra ^i Elvez), e vi s' apprende, 
£ di la poscia anco agi' Inglesi tende. 
Ne sol r estrane genti avvien che mova 

11 duro caso , e '1 gran pubblico danno : 
Ma le antiche cagioni all' ira nuova 
Materia insieme , e nutrimento danno.' 
Ogni sopito sdegno or si rinnova : 
Chiamano il popol Franco empio e tiranno : 
£ in superbe minaccie esce difluso 

L' odio j che non può starne ornai più chiuso. 

Così nel cavo rame umor che bolle 
Per troppo foco , entro gorgoglia e fuma : 
Né capendo in se stesso , aliln s' estolle 
Sovra gli orli del vaso, e inonda , e spuma. 
Non bastano a frenar il volgo folle 
Que' pochi , a cui la mente il vero alluma. 
Vi Tancredi , e Camilloveran lontani , 
CngUehno , e gli altri in podestà soprani. 



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ss4 GEftVSAl.EMME LIBERATA^ 

Corrono già firecipitosi all' armi 

Confusamente i popoli feroci : 
E già %* odon cantar bellici carmi , 
Sedisiose trombe in fere voci. 
Gridano intanto al pio Bnglion che s' armi y 
Molti di ^à di là nnnsj veloci ; 
£ Baldoniyo innanti a tutti armato 
Gli a' appresenta , e gli si pone a lato. 
Bgli eh' ode Y accusa , i lumi al cielo 
Drissa , e par, come suole , a Dio ricorre : 
Signor , tu che sai ben con quanto selo 
La destra mia dal civil sangue abborre ; 
Tu squarcia a questi della mente il Telo , 
£ reprimi il furor che st trascorre : 
£ V innocenaa mia , che costà sopra 
£ nota , al mondo cieco anco si scopra. 

Tacque : e , dal cielo infuso , ir £ra le vene 
Sentissi un novo inusitato caldo : 
Colmo d' alto vigor, d' ardita speae 
Che nel volto si sparge, e '1 fa più baldo ; 
£ da* suoi circondato , oltre sen viene 
Contra chi vendicar credea Rinaldo : 
IVè perche d' arme e di minacele senta 
Fremito d' ogni intomo , il passo alleata. 

Ha la coraxia indosso , e nobil veste 
Riccamente T adoma oltra Ì costume : 
JNudo è le mani e '1 volto , e di celeste 
Maestà vi risplende un novo lume : 
Scote 1' aurato scettro ; e sol con queste 
Arme acquetar quegl' impeti presume. 
Tal si mostra a coloro , e tal ragiona : 
ìih come d' uom mortai la voce suona* 



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CAUTO OTTATO. SaS 

Quali stolte minaccte , e quale or 'odo 
"Vano strepito d' arine ? e chi *l commove ? 
Così qui riverito , e in qnesto modo 
^oto soo io dopo sì Innglie prove ì 
Ch' ancor t' è chi sospetti , e chi di frodo 
Ooffredo accusi , e chi V accuse approve ì 

Forse aspettate ancor eh' a voi mi pieghi ^ 

£ ragioni v' adduca , e porga preghi ? 
Ah non fia ver che tanta indegnitate 

La twra , piena del mio nome , intenda : 

Me questo scettro , me delle onorate 

Opre mie la memoria , e 1 ver difenda : 

K per or la giustizia aHa pietate 

Ceda , né sovra i rei la pena scenda. 

Agli altri mertì or questo error perdono y 

£d al vostro Rinaldo anco vi dono. 

Col sangue suo lavi il commun difetto 
Solo ÀrgiUan , di tante colpe autore : 
Che mosso a leggierissimo sospetto , 
Sospinti gli altri ha nel medesmo errore. 
Lampi e folgori ardean nel regio aspetto , 
Mentre ei parlò , di maestà , d' onore ; 
Tal eh' Arginano attonito e conquiso 
Teme ( chi '1 crederia ? ) l' ira d' un viso. 
£ 1 volgo , eh' ansi irriverente , audace 
Tutto fremer s' ndia d' orgogli e d' onte ; 
E eh' ehhe al ferro , all' aste , ed alla face 
Che '1 furor ministrò, le man sì pronte; 
Non osa ( e i detti alteri ascolta , e tace ) 
Fra timor e vergogna alzar la fronte : 
E sostien eh' ArgiUano , ancorché cinto 
Peli' arme lor^ sìa da' ministri avvinto, 

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Mff CERUSAtEMME LTBEKA.TA. 

Cofì leon , cb' ansi l' ottìIhI coma 
Con muggito scotea superbo e fero ; 
Se poi vede il maestro onde fa doma 
La natia ferita del core altero ; 
Può del giogo soffrir l' ignolnl soma , 
E teme le minaccie , e 1' duro impero : 
Né i gran velli, i gran denti , e l' unghie eh' haiuta 
Tanta in se forca , insuperbire il fanno. . 

E fama che fu visto , in volto crudo 
Ed in atto feroce e mi|iacciante , 
Un alato gnerrier tener lo scudo ^ 
Della difesa al pio Buglion davante t 
E vibrar fulminando il ferro ignudo , 
Che di sangue vedeasi anco stillante. 
Sangue era forse di citta , e di regni 
Che provocar del cielo i tardi sdegni^ 

Cosi , cheto il tumulto , ogn' un depon* 
L' arme , e moki con 1' arme Ìl mal talento. 
E ritoma Goffiredo al padi^one, 
A varie cose , a nove imprese intento : 
Ch' assalir la citude egli dispone, 
Pria che '1 secondo , o '1 terso dì sia spento : 
E rivedendo vk l' incise travi , 
Già in macchine conteste orrende , e gravù\ 



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«GERUSALEMME LIBERATA. i*7 



CANTO NONO. 



ARGOMENTO. 

Trova U fnriii Solinanno , e '1 move 
A far a* Franchi aspra notturna guerra. 
Il giasto Iddio, che l' infernali prove 
Mira dal del , manda Michele in terra. 
Co»ì , poiché il soccorso si rimove 
peli' inferno ai Pagani , e si disserra 
Ai lor danni il drappel che segui Armida» 
Fugge , e di vincer Solimau /diffida. 

JVI A il gran mostre imSenial che Tede <pieti 
Que' gik torbidi cori , e T ire spente : 
E couar contra 1 fato , e i gran decreti 
Srolger n^n può deH' immiitabil Mente ; 
Si parte , e , dove passa , i caBi|n lieti 
Secca , e pallido il sol si fa repente : 
E d' altre furie ancora e d' altri mali 
Ministro, a no\a impresa affrettn V «H. 

Ella , che 4all* esercito Cristiano , 
Per industria sapea de' suoi consorti , 
n figUuol di Bertoldo esser lontano , 
Tancredi e gli altri ^ù teronti^ forti ; 
Disse : Che più s' aspetta ? or Solimano 
Inaspettato venga , e guerra porli. 
Certo ( o eh' io spero ) alta vittoria avremo 
Di campo mal concorde , e in parte sceno. 



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%%f * CEKtrSlLEMME LIBERATA. 

Ciò detto ) Tok oye fn sqnaclre emati f 
Fattoseli duce , SoBman dimora : 
Quel Soliman di cui non fu , tra cpanti 
Ha Dio n:d>elli , uom pigerò ce allora : 
Tih y M per nova ingiurila i suoi giganti 
RinnoTasse la terra , anco ti fora : 
Questi fu rè de' Turchi , ed in Nicea 
La sede dell' imperio aver solca. 

£ distendeva , incontro ai Greci lidi, 
Dal Sangario al Meandro il suo confine : 
Ove albergar già Misi , e Frìgi , e Lidi , 
E le genti di Ponto , e le Bitine. 
Ma poi che contra i Turchi , et gli akrì infidi 
Passar nell' Asia V armi peregrine , 
Fur sue terre es{mgnal^ , ed ei sconfitto 
Ben due fiate in general conllitto. 

E ritentata avendo invan là sorte ^ 
E spinto a forse dal natio paese , 
Ricoverò del rè d' Egitto in corte, 
Ch' oste gli fu magnanimo e cortese ; 
Ed ebbe a grado che guerrier sì forte 
Gli s' o£frìsse compagno all' alte imprese ; 
Proposto avendo già vietar 1' accpiisto 
Di Palestina ai cavalier di X^risto. 

Ma prima eh' egli apertamente loro 
La destinata guerra annunsiasse : 
Volle che Solimano , a cui molto oro 
Die per tal uso , gli Arabi assoldasse. 
Or mentre ei d' Asia , e dal paese Moro 
L' oste accogliea , Sohman venne , e trasse 
Agevolmente a se gli Arabi avari , 
Ladroni in ogni tempo , e mercenari. 



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CÀITTO HOirO. afi9 

Così fatto 1^ duce , or d' ogni intorno 
La Giudea scorre , e fa prede e rapine : 
Sicché *1 venire è chioso e *1 far ritorno 
Dall' esercito Franco alle marine. 
£ , rimembrando ogn'or 1' antico scorno , 
£ dell' imperio suo 1' alte mine , 
Cosa maggior nel petto acceso volve ; 
Ma non ben s' assicura , o si rivive. 

A costui viene Aletto : e da lei tolto 
E '1 sembiante d' un uom d' antica etade« 
Tota di sangue , empie di crespe il volto ^ 
Lascia barbuto il labbro , e '1 mento rade : 
Dimostra il capo in lunghe tele avvolto ; 
La veste oltra '1 ginocchio al pie gli cade y 
La scimitarra al fianco , e '1 tergo carco 
Della faretra , e nelle mani ha V arco. 

Noi , gli dice ella, or trascorriam le vot« . 
Piaggie , e le arene sterili e deserte j 
Ove né far rapina omai si puote , 
Né vittoria acquistar che loda merte. 
Goffredo intanto la città percote , 
E già le mura ha con le torri aperte : 
£ già vedrem , s' ancor si tarda un poco y 
Insin di qua kiSue mine , e '1 foco. 

Dunque acoesi tuguri , e greggie , e buoi 
GU alti trofei di Soliman saranno ì 
Cosi racquisti il regno ? e così i tuoi 
Oltraggi vendicar ti credi, e '1 danno ì 
Ardisci ) ardisci : entro ai ripari suoi , 
Di notte ) opprimi il barbaro tiranno. 
Credi al tuo vecchio Araspe , il cui consiglio 
£ nel regno provasti , e nell' esiglio. 
if so 

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S50 GEKVSALEBIME LIBERATA. 

Non d a^>etta egli e non ci teme, e sprexsÉ 
Gli Arahì , ignndi invero e timorosi : 
Né creder mai potrk che gente arvesta 
AHe prede , alle foghe , or cotanto osi : 
Ma fieri gli farà la taa fieressa 
Contra nn campo che giaccia inerme, e posi. 
Cosi gli disse ; e le soe furie ardenti 
Spirogli al seno , e sì tnischiò tra' venti. 

Grida il Gnerrier, levando al ciel la mano , 
O tu , che furor tanto al cor m' irriti , 
Ned uom sei già , sebben sembiante umano 
Mostrasti ; ecco io ti seguo ove m' inviti. 
Verrò , farò là monti ov' ora è piano ; 
Monti d' uomini estinti , e di feriti : 
Farò fiumi eh sangne. Or tu sia meco , 
£ reggi r arme mie per l' aer cieco. 

Tace , e sema indugiar le turbe accoglie ^ 
E rincora parlando il vile e '1 lento : 
E nell' ardor delle sue stesse vogUe 
Accende il campo a seguitarlo intento. 
Da il segno Aletto della tromba , e scioghe • 
Di sua man propria il gran vessillo al vento. 
Marcia il campo v«loce , ansi ^ corre , 
Che della fama il volo ance precorre. 

Va seco Aletto , e poscia il lascia , e veste 
D' uom che rechi novale abito « viso : 
£ nell' ora che par eh '1 monda reste 
Fra la notte e fra 1 dì dnU^o e diviso y 
Entra in Gerusalemme , e , tra le meste 
Turbe passando , al rè dà 1' alto avviso 
Del gran campo che giunge , « del disegno ; 
E del notturno «fsalto e l' ora , e '1 se^o. 



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CAl*TO NOWÒ. a3l 

Ma già ^stendon l' ombre orrido yelo 

Che di rossi vapor si sparge e tigne. 

La terra , in vece del nottnmo gelo , 

Bagnan rugiade tepide e sanguigne. 

S' empie di mostri , e di prodigi il cielo r 

S' odon fremendo errar larve maligne : 

Totò Pluton gli abissi , e la sua notte 

Tutta versò dalle tartaree grotte. 
Per sì profondo orror verso le tende 

DegV inimici il fier Soldan cammina. 

Ma quando a mezzo del suo corso ascende 

La notte, onde poi rapida dechina ; 

A men d' un miglio , ove riposo prende 

Il sicuro Francese , ei s' avvicina. 

K^\ fé' cibar le genti , e poscia, d' alto 

Parìapdo ^ confortoUe al crudo assalto. 
y«dete là di mille furti pieno , ' 

Un campo più famoso assai che forte : 

,Che quasi un mar nel suo vorace seno 

Tutte dell' Asia ha le ricchezze assorte. 

Questo ora a voi ( né già potria con meno 

Tostro perigho ) espon benigna sorte. 

L' arme, e i destrier d' ostro guemiti e d' oro 

Preda fian vostra , e non difesa loro. 

Né questa è già quell' oste , onde la Persa 
Gente , e la gente di ISicea fu vinta ; 
Perchè , in guerra sì lunga e sì diversa ^ 
Rimasa n' è la maggior parte estinta : 
£ s' anco integra fosse , or tutta immersa 
In profonda quiete , d' arme è scinta. 
Tosto s' opprime chi di sonno è carco : 
Che dal fonao alla morte è un picciol varco. 

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ftS» GERUSALEMME IIBEKÀTA. 

SU sk yenite : io primo aprir ìm strada 
Vo' su i corpi langnenti , entro ai ripari : 
Ferir da questa mia , ciascuna spada y ' 

E 1' arti usar di cmdeltate impari. 
Oggi fia cke di Cristo il regno cada : 
Oggi libera r Asia : oggi -voi chiari. 
Così gì' infiamma aDe vicine prove : 
Indi tacitamente oltre lor move. 

Ecco , tra via , le sentinelle ei vede 
Per r ombra mista d' una incerta luce : 
Né ritrovar, come sicura fede 
Avea , puote improvviso U saggio duce. 
. Tolgon, quelle , gridando , indietro il piede , 
Scorto che sì gran turba egU conduce : 
Sicché la prima guardia h da lor desta , 
Che , com può meglio , a guerreggiar s' appresta. 

Dan fiato allora ai barbari metalli 
CU Arabi , certi ornai d' esser sentiti. 
Yan gridi orrendi al cielo , e de' cavalli 
Col suon del calpestio misti i nitriti. 
Gli alti monti muggir, muggir le valli, 
E risposer gli abissi ai lor muggiti : 
E la face innalsò di Flegetonte 
Aletto, e '1 segno diede a quei del monte. 

Corre innansi il Soldano , e giunge a quella 
Confusa ancora e inordinata guarda. 
Rapido sì, che torbida procella 
Da' cavernosi monti esce più tarda : 
Fiume eh' arbori insieme , e case svelta : 
Folgore che le torri abbatta , ed arda : 
Terremoto che '1 mondo empia d^orrore ^ 
Son picciole sembtaose al suo'^hfevre. 



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CANTO !?o:ro. l3S 

T^on cala il ferro inai eh' appìcn non colga' : 
riè coglie appien che piaga anco non faccia : 
Nèjpiaga fa che V alma altrui non tolga : 
£ più direi ; ma il Ter di falso ha faccia. 
E par eh' egli o k* infinga , o non sen dolga , 
O non senta il ferir delle altrui braccia ; 
Sehben l' elmo percosso in suon di squilla 
Rimbomba , e orribilmente arde e sfavilla. 

Or quando ei solo ha quasi in fuga volto 
Quel primo stuol delle Francesche genti ; 
Giungono , in guisa d' un diluvio accolto 
Di mille rivi , gli Arabi correnti. 
^^gg<)i*o i Franchi allora a freno sciolto , 
E misto il vincitor va tra' fuggenti : 
E con lor entra ne' riparì , e '1 tutto 
Di mine e d' orror a' empie , e di lutto. 

Porta il Soldan su 1' elmo orrido e grande 
Serpe che si dilunga ^ e '1 collo snoda , 
où le sampe s' innalia , e l' ali spande, 
E piega in arco la forcuta coda : 
Par che tre lingue vibri , e che fuor mando 
Livida spuma , e che '1 suo fischio s' oda : 
Ed or eh' arde la pugna , anch' ei s' infiamma 
IVel moto y e fumo versa insieme e fiamma. 

E si mostra in quel lame a' riguardanti 
Formidabil così 1' empio Soldano , 
Come veggion nell' ombre i naviganti 
Fra mille lampi il torbido oceano. 
Altri danno alla fuga i pie tremanti : 
Dannb altri al ferro intrepida la mano : 
E la notte i tumulti ogn'or più mesce , 
Ed occultando i rischi, i rischi accresce. 

aO. 

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«54 GERUSALEMME tIBCRATA, 

Fra color che mostraro il cor più franco. 
Latin , ftul Tebro nato , allor si mosse : 
A cui nh le fatiche il corpo stanco , 
IVè gli anni dome aTcano ancor le posse. 
Cinque suoi figli ^asi eguali al fianco 
. CU erano sempre, OTonqne in guerra ei fosse , 
D' arme grayando, ansi il lor tempo moHo , 
IjC membra ancor crescenti , e '1 moUe toUo. 

Ed eccitati dal paterno esempio 
Aguxsafano al sangue il ferro, e 1* ire. 
Dice egli loro : andianne ove quell' empio 
Yeggìam ne* fuggitivi insuperbire. 
IVè già ritardi il sanguinoso scempio , 
Cb' ei fa degli altri , in voi Y usato ardire: 
Perocché quello , o figU , è vile onore , 
Cui non adomi alcun passato orrore. 

Così feroce leonessa i figli, 
Cui dal collo la coma anco non pende , 
Tih con gli anni lor sono i feri artigli 
Cresciuti , e 1' arme della bocca orrende , 
Mena seco alla preda , ed ai perigli : 
E con r esempio a incrudelir gli accende 
Titl cacciator che le natie lor selve 
Turba , e fuggir fa le men forti bdve. 

Segne il buon genitor l' incanto stuolo 
De' cinque , e Solimano assale e cinge : 
E in un sol punto , nn sol consiglio e un solo 
Spirito quasi, sei lunghe aste spinge : 
Ma troppo audace il suo maggior figlinolo 
Li' asta abbandona , e con quel fier si stringe ; 
E tenta invan , con la pungente sparla , 
Che sotto il corrìdor morto gli cada. 

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CAÌVTO NOKO. fl35 

IVIa come alle procelle esposto monte , 
Che percosso dai flutti al' mar sovraste , 
Sostien fermo in se stesso i tuoni > e 1' onte 
Del cielo irato , e i venti , e V onde vaste ; 
Così il fero Soldan 1' audace fronte 
Tien salda incontro ai ferri , e incontro all' aste : 
Ed a colui , che '1 suo destrier percote ) 
Tra i cigU parte il capo , e tra le gote. 

Aramante al fra tei , che giù mina , 
Porge pietoso il braccio e lo sostiene : 
Vana e folle pietà , eh' alla ruina 
Altrui la sua medesma a giunger viene : 
Che 1 Pagan su quel braccio il ferro inchina , 
Ed attena con lui chi a lui s' attiene. 
Caggìono entrambi , e l' un su V altro langue , 
Mescolando i sospiri ultimi , e '1 sangue. 

Quinci egli ) di Sabìn 1' asta recisa , 
Onde il fanciullo di lontan l' infesta , 
Gli urta il cavallo addosso , e '1 coghe in guisa , 
Che giù tremante il batte : indi il calpesta. 
Dal giovinetto corpo usci divisa 
Con gran contrasto l' alma , e lasciò mesta 
L' aure soavi della vita , e i giorni 
Della tenera età lieti ed adomi. 
Rimanean vivi ancor Pico , e Laureate , 

Onde arrichì un sol parto il genitore : 

Similissima coppia , e che sovente 

Esser solca cagion di dolce errore^ 

Ma se lei fé' natura indifferente , 

Differente or la fa 1* ostil furore. 

Dura distinzion , eh' ^11' un divide 

Dal busto il collo , all' altro il petto incide. 



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aSff GERUSALEMME llBERATA. 

n padre ( ah non più padre ! ahi fera sort* , 
Ch' orbo di tanti figU a un punto il face ! ) 
Rimira in cin({ue morti or la sua morte , 
E della stirpe sua che tutta giace. 
fih sÀ come vecchiezza abbia sì forte 
NeD' atroci miserie , e sì vivace, 
Che spiri e pugni ancor : ma gli atti , e i visi 
Non mirò forse de' figliuoli uccisi. 

E di sì acerbo ktto agli occhi sui 
Parte 1' amiche tenebre celaro. 
Contuttociò nulla sarebbe a lui , 
Senza perder se stesso , il vincer caro. 
Prodigo del suo sangue , e dell' altrui 
Avidissimamente h fatto avaro : 
Nh si conosce ben (piai suo desire 
Paja maggior , l' uccidere , o '1 morire. 

Ma grida al suo nemico : È dunque frale 
Sì questa mano, e in guisa ella si sprezza. 
Che con ogni suo sforzo ancor non vale 
A provocare in me la tua fierezza ? 
Tace , e percossa tiro aspra e mortale 
Che le piastre e le maglie insieme spezza y 
£ sù'l fianco gli cala , e vi fa grande 
Piaga , onde il sangue tepido si spande. , 

A quel grido , a quel colpo in lui converse 
Il barbaro crudel la spada e 1' ira. 
Gli aprì r usbergo, e pria lo scudo aperse, 
Cui sette volte -un duro cnojo aggira : , 

E 'i ferro nelle viscere gì' immei-se. ' 

Il misero Latin singhiozza e spira , 
E con vomito alterno or gli trabocca 
Il sangue per la piaga , or per la bocca. 



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CAUTO WOlfO. a37 

Come ncll* Apennin robusta pianta , 
Che sprexzò ò* Euro e d' Aquilon la guerra , 
Se turbo inusitato a]£n la schianta , 
Oli alberi intomo minando atterra.; 
Cosi cade egli , e la sua furia è tanta , 
Che più d' un seco tragge , a cui s* afferra. 
E ben d' nom si feroce è degno fine, 
Che faccia ai^cor , morendo , alte mine. 

Mentre il Soldan sfogando V odio interno 
Pasce un lungo digiun ne* corpi ujnani ; 
Oli Arabi inanimiti aspro governo 
Anch' essi fanno de' guerrier Cristiani. • 
L* Inglese Enrico, e '1 Bavaro Oliferao 
Mojono, o fer Dragntte , alle tue mani. 
A Gilberto , a Filippo Ariadeno 
Toglie la vita , i quai nacquer sù'l Reno. 
Albasar con la massa abbatte Emesto : 
Sotto Algaxel cade Engerlan di spada. 
Ma cbi narrar potrìa <{uel modo o «piesto 
Di morte , e quanta plebe ignobil cada ì ' 
Sin da que' primi gridi erasi desto 
Goffredo , e non istava intanto a bada. 
Già tutto h armato , e già raccolto un grosso 
Drappello ha seco., e già con lor s' è mosso* 

Egli , che dopo il grido udì il tumulto 
Che par che sempre più terribil suoni , 
Avvisa hen , che repentino insulto 
Esser dovea degli Arabi ladroni : 
Chh gik non era al Capitano occulto 
Ch' essi intomo scorrean le regioni; 
Benché non istimò che sì fugace 
Volgo malfoMe d' aisarlirlo audace. 



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S58 'GERUSALEMME LIBERATA. 

Or mentre egfi ne Tiene , ode repente 
Arme, arme re|4icar dall' akro lato, 
Ed in un tempo il ciel orribifanenle 
Intonar di barbarico nlnlato. 
QuesU h Clorinda cbe del rè la gentfe 
Guida aU' assalto , ed ba^e Argante a lato. 
Al nobii Guelfo , cbe sostien sua vice, 
Allor si Tolge il Capitano , e dice : 

Odi qnal nnoTO strepito di Marte 
Di Terso il colle e la citta ne Tiene ì 
D' nopo là fia cbe 1 tno valore e V arte 
I primi assalti de' nemici afirene. 
Tanne tu dunque, e là proTvedi; e parte 
To' cbe di questi miei teco ne mene : 
Con gli altri io me n' andrò dall' altro canto 
A sostener l' impeto ostile intanto. 

Così fra lor concluso , ambo gli move 
Per diverso sentiero egual fortuna. 
Al colle Guelfo , e '1 Capitan va dove 
Gti Arabi omai non ban contesa alcuna. 
Ma questi, andando , acquista forse, e nove 
Genti di passo in passo ogn' or ragnna: 
Tal cbè , già fatto poderoso e grande , 
Giunge OTe il Cero Turco il sangue spande. 

Così scendendo dal natio suo monte 
Non empie umile il Pò l' angusta q>onda ; 
Ma sempre più , quanto h più Innge al foute^ 
Di nove forse insuperbito abbonda. 
Sovra i rotti confini abta la fronte 
Di tauro , e vindtor d' intomo inonda : 
E con più coma Adria recinge ; e pare 
Cbe guerra porti^ e non tnbuto al mare. 



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CAHTO NOirO. «39 

Oofiredo , ove fuggir l' impaunte 
Sue genti Tede , accorre , e le minaccia. 
<^iial timor , grida , è «pesto ì oire fìaggite ? 
Ouardate almen chi «a quel che vi caccia. 
"Vi caccia un vile stuol, che le ferite 
^è ricever né dar sa nella faccia : 
Va se '1 vedranno incontra a se rivolto , 
Temeran 1' arme sol del vostro volto. 

Punge il destrier , ciò detto , e là si volve 
Ove diSoliman gì' incendj ha scorti. 
Va per raetso del sangue , e della polve , 
K de' ferri ^ e de' rischi , e delle morti. 
Con la spada e con gli urti apre e dissolve 
Le vie più chiuse, e gli ordini phi forti: 
K sossopra cader fa d' amho i lati 
Cavalieri e cavilli , arme ed armati. 

Sovra i confusi monti a salta, a salto 
Della profonda strage oltre cammina. 
L' intrepido Soldan , che '1 £ero assalto 
Seilte venir , noi fugge e noi declina ; 
Ma segU spinge inconU-a, e 1 ferro in ako 
Levando , per ferir , gli s' avvicina. 
O quai duo cavalieri or la fortuna 
Dagli estremi del mondo in prova aduna ! 

Furor contra virtnté or qui comlMtte 
D' Asia, ki un picciol cercÙo , ià grande impero. 
Chi può dir come gravi e come ratte 
Le spade son ? quanto il duello è fero ì 
Passo qui cose orribili che fatte 
Furon , ma le coprì qnell' aer nero : 
D' un chiarissimo sol degne, e che tutti 
Siano i mortali a rignardar ridutti* 



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a4o GERVSAI.EMME LIBERATA. 

H popol di Gesù dietro a tal gù^, 
Audace or di-veunto , ohre ai apinge : 
£ de* anoi meglio armati all' omicida 
Soldano intorno un denao atnol ai atrisge. 
fih la gente fedel più che V infida , 
Né più queata che qndim il campo tinge ; 
Ma gli uni e gli altri , e Tincitori e Tinti , 
Egualmente dan morte , e sono estinti. 

Come' pari d' «r^ , con forsa pare 
Quinci Austro in guerra TÌen , qmndi AqnSone: 
Non ei fra lor, non cede il cido , o '1 mare; 
Ma nuhe a nnhe , e flutto a flutto oppone. 
Così nh ceder qua , né Ik piegare 
Sì vede r ostinata aspra tensone. 
S' affronta insieme , orribilmente urtandoi 
Scudo a scudo , elmo ad elmo , e brando a brando. 

, Non meno intanto son ferì i litigi 
Dall' altra parte , e i gnerrìer folti e densi. 
Mille nuTole e più d' Angioli stigi 
Tutti han pieni dell' arìa i campi immensi ^ 
£ dan fona ai Pagani ; onde i vestìgi 
Non è chi indietro di rìrolger pensi. 
£ la face d' inferno Argante infiamma. 
Acceso ancor deUa sua propria fiamma. 

Egli ancor dal suo lato in fìiga mosse 
Le guardie , e ne' rìparì entrò d' un salto. 
Di lacerate membra emjnè le fosse : 
Appianò il calle, agevolò l' assalto: 
Sicché gli altri il seguirò , e fer poi resse 
Le prìme tende di sanguigno smalto. 
£ seco a par Clorinda , o dietro poco 
Sen già, sdegnosa del secondo loco. 



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CÀITTO HOHO. fl^l 

E già fuggiano i Franchi , attor che qtiivi 
Oinnse Guelfo opportuno , e '1 suo drappello : 
£ Tolger fé' la fronte ai fuggitÌTÌ , 
£ sostenne il Airor del popol fello. 
Cosi si comhatteira , e '1 sangue in rivi 
Correa egualmente in questo lato e in quello* 
Gli occhi frattauto atta battaglia rea , 
Dal suo gran seggio , U rè del ciel volgea. 
Sedea colk , dond' egli é buono e giusto 
^'^ 1^6S^ *^ tutto, e '1 tutto orna e produce 
Sovra i bassi confin del mondo angusto , 
Ove senso , p ragion nen si conduce. 
£ della Eternità nel trono augusto 
Risplendea con tre lumi in una luce. 
Ha sotto i piedi il fato e la natura , 
Ministri umili, e 1 moto, e chi '1 misura; 

E '1 loco , e quella eh' è qual fumo o pólve 
La gloria di qua giuso , e 1' oro e i regni, 
Come piace là su , disperde e volve; 
Ne Diva cura i nostri umani sdegni. 
Quivi ei cosi nel suo splendor s' involve , 
Che v* abbaglian la vista anco i più degni ; 
D' intomo ha innumerabili immortali 
Disegualmente in lor letisia eguali. 
Al gran concento de' beati carmi 
Lieta risuona la celeste reggia. 
Chiama egli a sa Michele , il qual neU' armi 
Di lucido diamante arde e lampeggia : 
£ dice a lui : Non vedi or come s' armi 
Centra la mia fedel diletta greggia 
L' empia schiera d' Avemo , e insin dal fondo 
Dette sue morti a turbar sorga il mondo ? 
I. *i 

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M^ GERUSALEMME LTBCRA.TA.. 

Ta , dUle ti^, che lasci ornai le cure 
Della ^erra ai gnerrier , cai ciò conTiene z 
Né il regno de' viirenti , né le pure 
Piaggie del ciel contnrbi ed avvelene. 
Tomi alle notli d' Acheronte oscure ; 
Suo degno albergo , alle sue giuste pene : 
Quivi se stessa , e T anime d' abisso 
Crucj ; così comando ; e così bò fisso. 

Qui tacque : e '1 duce de' guerrieri alati 
S' inchinò rìvermte al divin piede. 
Indi spiega al gran volo i vanni aurati , 
Rapido sì eh' anco il pensiero eccede. 
Passa il foco e la lucè , ove i beati 
Hanno lor gloriosa immobil sede : 
Poscia il puro oristaUo, e 'l cerchio mira 
Che di stdle gemmato incontra gira. 

Quinci d' opre diversi e di sembianti 
Da sinistra rotar Saturno , e Giove , 
£ gli altri , i qnah esser non ponno erranti ^ 
S' angelica virtù gì' informa e move. 
Vien poi da' campi lieti e fiammeggianti 
D' eterno dì , la donde tuona e piove : 
Ove se stesso il mondo strugge e pasce, 
E nelle guerre sue muore e rinasce. , 
Venia scoteodo^ cau F eterne piarne 
La calìgine densa, e i cupi orrori. 
S' indara-va la notte al divin kime , 
Che spargea scintillando il volto fuori. 
Tale il sol nelle nubi ha per costume 
S[»iegar , dopo la pioggia , i bei colori. 
Tal suol, fendendo il liquido sereno, 
Stella cader della gran madre in seno. 



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CAlTTa NONO. s43 

Ma giunto ùwe la schiera empia infernale 

Il furor de' Pagani accende e sprona ; 

Si ferma in aria in sù'l vigor dell' ale , 

£ vibra 1' asta , e lor così ragiona : 

Pur voi dovrete ornai saper con quale 

Folgore orrendo il rè del mondo tuona , 

Oh n^l disprexto e ne' tormenti acerbi 

Dell' estrema miseria anco superbi! 
Fisso è nel ciel, eh' al venerabil segno 

Chini le mura , apra Sion le porte. 

A che .pugnar col Fato ? a che lo sdegno 

Dunque irritar della celeste corte ì 

Itene maledetti al vostro regno , 

Regno di pene , e di perpetua morte : 

C siano in quegli a voi dovuti chiostri 
Le vostre guerre , ed i trionfi vostri. 
La incrudeUte, là sovra i nocentt 
Tutte adoprate pur le vostre posse 
Fra i gridi etertii , e lo stridor de' denti , 
K '1 suon del ferro , e le catene scosse. 
Disse : e quei eh* egli vide al partir lenti, 
Con la lancia fatai spinse , e jiercosse. 
£ssi , gemendo , abbandonnar le belle 
Region della luce , e 1' auree stelle. 

E dispiegar verso gli abissi il volo 
Ad inasprir ne' rei Le usate doglie. 
Pf on passa il mar d' augei sì grande stuolo , 
Quando ai soli più tepidi s' accoghe : 
Tih tante vede mai l' autunno al suolo 
Cader, co' primi freddi, aride foglie. 
Liberato da lor, quella sì negra 
Faccia depone il mondo , e si rallegro. 



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«44 6ERUSAI.CMME LTBEKATA. 

Ha ii(Mi perciò nel disdegnoso petto 
D' Argante vien V ardire o '1 fiiror manco ; 
Benché suo foco in Ini non spiri Aletto , 
Tih flagetto ìnfemal gli sfeni il fianco. 
Rota il ferro cmdd OTe h più stretto 
E più calcato insieme il popol Franco. 
Miete i -vili , e i potenti : e i ]mù snbUmi 
E più superbi capi adegna agi' imi. 

Non lontana i Clorinda, e gik non meno 
Par che di tronche membra il campo asperga. 
Caccia la spa^U a Berlinghier nel seno y 
Per messo il cor, doTe la vita alberga. 
£ quel colpo a trovarlo andò sì pieno y 
Che sanguinosa uscì fuor ddle terga. 
Poi fere Albin là W e primier s' apprende 
Nostro alimento , e 'I -viso a Gallo fende. 

La destra di Gemiero , onde ferita 
Ella fu pria , manda recisa al piano. 
Tratta anco il ferro , e con tremanti dita 
Semiviva nel suol guitxa la mano. 
Coda di serpe è tal, eh' indi partita 
Cerca d' unirsi al suo principio invano. 
Così mal concio la guerriera il lassa : 
Poi si volge ad Achille , e '1 ferro abbassa. 

E tra 1 collo e la nuca il- colpo assesta : 
E tronchi i nervi, e '1 gorgosiuol reciso » 
Gio rotando a cader prima la testa : 
Prima bruttò di polve immonda il viso , 
Che giù cadesse U tronco : il tronco resta 
( Miserabile mostro ! ) in sella assiso. 
Ma , libero del fren, con mille rote 
Calcitrando il desther da se lo scote. 



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CAUTO H©WO» «4» 

Mentre cosi V indomita guerriera 
Le squadre d' occidente apre e flagella , 
^on fa , d' incontra a lei , Gildippe altera 
De' Saracini suoi strage men fella. 
£ra il sesso il medesmo , e simile era 
L*' ardimento e '1 -valore in questa e in quella. 
IMTa far prova di lor non è lor dato : 
Ch' a nemico maggior le serba il fato. 

Quinci una , e quindi l* altra urta e sospinge, 
^ii può la turba aprir calcata e spessa. 
Ma '1 generoso Guelfo allora strìnge 
Contra Clorinda il ferro , e le s' appressa. 
£ calando un fendente, alquanto tinge 
La fera spada nel bel fianco : ed essa 
Fa d' una punta a hn cruda risposta , 
Cb' a ferirlo ne ira tra costa e costa. 

Doppia allor Guelfo il colpo, e lei non coglie ; 
Che a caso passa il Paleatino Osmida , 
£ la piaga non sua sopra se toglie, 
La qnal vien cbe la fronte a lui recida. 
Ma intomo a Guelfo omai molta s' accoglie 
Di quella gente eh' ei conduce e guida : 
£ d' altra parte ancor la turba cresce, 
Sicché la pugna si confonde e mesce. 

L' aurora intanto il bel purpureo volto 
Già dimostrava dal sovran balcone : 
£ in quei tumulti già s' era disciolto 
11 feroce Argillan di sua prigione : 
£ d' arme incerte il frettoloso avvolto, 
Qoah il caso gli offerse , o triste o buone : - 
Già sen venia per emendar gli errori 
Novi , con novi merti , e novi onori. 

al. 

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a49 GERUSALEMME LIBEFJLTA 

Come destrier che dalle regie stalle y 
Ove all' oso dell' arme si ris^ba , 
Fogge , e, libero alfin per largo caBe 
Tk tra gli armenti , o al fiume usato , o afl' cii>a r 
Scbertan sù'I eoMo i crini , e sn le spalle 
Si scote la cervice aka e superba: 
Suonano i pie nel corso, e par eh' avvampi , 
Di sonori nitriti empiendo i campi ; 

Tal ne viene Argfflano : arde il feroce 
Sguardo : ha k fronte intrepida « aubiknc : 
Lieve è ne' salti , e sovra i pie veloce, 
Sicché d' orme la polve appena imprime. 
E giunto fra' nemici alsa la voce , 
Pur coro' uom che tutto osi, e nulla stime : 

vU feccia del mondo , Arabi inetti , 
Ond' è cb' or tanto ardire kk voi s' alleUi ? 

JVon regger voidegli elmr e degli sentii 
Siete atti il peso, o Ì petto annarvi e '1 dorso; 
Ma commettete , paventosi e nudi , 

1 colpi al vento , e la salute al corso. 
L' opere vostre , e i vostri egregi studi 
Notturni son : dk l' ombra a voi soccorso. 
Or eh' ella &igge , chi fia vostro schermo ì 
D' arme è ben d' uopo, e di valor più fermo^ 

Così parlando ancor die per la gola 
Ad Algasel di sì crudel pereos» , 
Che gli secò le fauci ; e la paroh 
Troncò eh' alla risposta era già mossa. 
A quél meschin subito orrore invola 
n lume , e sccnre un dnro gel per l' ossa.. 
Cade , e co' denti l' odiosa teira , 
Pieno di rabbia , in «à'i morire afferra. 

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CANTO FONO. »47 

Quinci per Tarj casi) e Saladino, 
Ed Agrìcalto , e Muleasse uccìde : 
£ dall' un fianco all' altro a lor vicino 
Con esso un colpo Aldiatil divide. 
Trafitto a sommo il petto Ariadino 
Atterra, e con parole aspre il deride. 
£i gli occhi gravi aliando , alle orgogliosa 
Parole, in sù'l morir, così rispose: 

^on tu , chiunque sia , di questa morte] 
"Vincitor lieto avrai gran tempo il vanto. 
Pari destin t' aspetta , e da più forte 
Destra , a giacer mi sarai sjteso a canto. 
Rise egli amaramente , e , Di mia sorte 
Curi il ciel, disse ; or tu qui mori intanto 
D' augei pasto , e di cani : indi lui preme 
Col piede , e ne trae 1' alma , e 'l ferro insieme. 

Un paggio del Soldan misto era in quella 
Turba di sagittarj e lanciatori , 
A cui non anco la ftagion novella 
n hel mento spargea de' primi fion. 
Pajon perle e rugiade in su la bella 
Guancia irrigando i tepidi sndori: 
Giunge gratia la polve al orine incolto : 
£ sdegnoso rigor dolce k in quel volto. 

Sotto ha un destrier che di candore agguaglia 
Pur 'or neir Apennin caduta neve : 
Turbo o fiamma non è , che roti o saglia 
Rapida si , come è quel, pronto e leve. 
Vibra ei , presa nel messo , una sagaglia: 
La spada al fianco tten ritorta e breve : 
E con barbara pompa in un lavoro 
Di porpora riipleiide iatetU e d' oro. 

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«48 GERUSALEMME LIBERATA. 

Mentre il fanciullo , a cai noTcl piacere 
Di gloria il petto gioveoil lusinga , 
Di ({ua turba e di la tutte le schiere , 
E Ini non è chi tanto o quanto stringa ; 
Cauto osserva Argillan tra le leggiere 
Sue rote il tempo , in cui 1' asta sospinga : 
£ colto il punto , il suo destrier di (urto 
Gii uccide , e so-vra gli h , eh' appena è surto. 

Ed al supplice Tolto , il quale invano 
Con r arme di pietà fea sue difese , 
Drissò , crudel , 1' inesorahil mano , 
E di natura il più bel pregio offese. 
Senso aver parve , e fu dell' uono>ià umana 
Il ferro , che si volse e piatto sc^e : 
Ma che prò ? se , doppiando il colpo fero , 
Di punta colse ove eg^ errò primiero. 

Soliman , che di lìt non molto Innge 
Da Goffredo in battaglia h trattenuto , 
Lascia la suffa , e 1 destrier volve e punge , 
Tosto che '1 rìschio ha del ganon veduto : 
£ i chiusi passi apre col ferro , e giunge 
Alla vendetta sì , non all' ajuto : 
Perchè vede , ahi dolor ! giacerne ucciso 
Il suo Le&bin , quasi bel fior succiso. 

E in atto sì gentil languir tremanti 
Gli occhi , e cader sù'l tevgo il coUo mira : 
Così vago è il pallore , e da' sembianti 
Di morte una pietà si dolce spira ; 
Ch' ammolli il cor , che fu dnr marmo innanti y 
E 'I pianto scaturì di mesco all' ira. 
Tu piangi , Soliman ! tu , che distrutto 
Mirasti il regno tuo col ciglio asciutto ì 



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GANTa irOHO. «49 

>Ia come et ye6ie il ferro ostil che molle 
Puma elei sangue ancor del giovinetto ; 
X^a pietà cede , e T ira avvampa e bolle y 
£ le lagrime tue: stagna nel petto. 
Oorre sovra Argillano , e '1 ferro estolle , 
Parte lo scudo opposto , indi Y elmetto , 
Indi il capo e la gola ; e dello sdegno 
]>t Soliman ben quel gran colpo è degno. 

Né di ciò ben contento, al corpo morto, 
Smontato dal destriero , anco fa guerra ; 
Quasi 'mastin che 1 sasso , ond' a lui porto j 

Fu duro colpo, infellonito afferra. 
O d' immenso dolor vano conforto , 
Incrudelir neH' iiMensibil terra ! 
Ma frattanto de' Franchi il Capitano 
Non spendea T ire , e le percosse invano. 

Mille Turchi aveà qui che di loriche , 
E d' elmetti, e dì scudi eran coperti , 
Indomiti di corpo alle fatiche , 
Di spirto audaci , e in tutti i casi esperti : 
E furon già delle miUsie antiche 
Di Solimano , e seco ne' deserti 
Seguir d' Arabia i suo' errori infelici, 
Ndle fortune avverto ancora amici. 

Questi riAretti insieme in ordin folto 
Poco cedeano o nulla al valor Franco. 
In questi urtò Goffredo , e ferì il volto 
Al fier Corcutte , ed a Rosteno il fianco : 
A Selin dalle spalle il capo hk sciolto : 
Tronco a Rossano il destro braccio e '1 manco. 
Né già soli oostor ; ma in altre guise 
Moki piagò di loro , e molti uccise. 



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a50 GERUSALEMME MBCRATA. 

Mentre ei così la gente Stnictna 
Percote , e lor percosie anco sostiene : 
E in nuOa parte al precìpixie incbina 
La fortuna de' Barbari , e la spene : 
Nova nube di polve ecco vicina , 
Cbe folgori di guerra in grembo tiene ; 
Ecco d' arme improvvise uscir un lampo, 
Cbe sbigottì degV infiedeli il campo. 

Son cinquanta guerrìer, cbe in puro argento 
Spiegan la trionfai purpurea Croce. 
Non io, se cento boccbe e Hngue cento 
Avessi , e ferrea lena e ferrea yoce, 
Narrar potrei quel numero che spento , 
Ne' primi assalti , bk quel drappi feroce. 
Cade r Arabo ìmbeQe , e *1 Turco invitto , 
Resistendo e pugnando anco è trafitto. 

L' orror , la crudeltà , la tema , il lutto 
Van d' intomo scorrendo : e in varia imago 
Vincitrice la morte errar per tutto 
Vedresti , ed ondeggisi: di sangue un lago. 
Già con parte de* suoi s' era condutto 
Fuor d' una porta il rè , quasi presago 
Di fortunoso evento ; e quinci d' alto 
Mirava il pian soggetto , e '1 dubbio assalto. 

Ma , come prima egli bà veduto in piega 
L' esercito maggior, suona a raccolta, 
E con messi iterati instando , prega 
Ed Argante , e Clorinda a dar di volta. 
La fera coppia d' esequir ciò nega , 
Ebrft di sangue , e cieca d' ira e stolta ; 
Pur cede alfine , e unite almen raccorre 
Tenta le tui-be , e freno ai passi imporre. ' 



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CANTO nono. %5l 

Ma chi dk legge al Tolgo, ed ammaestra 
La -vikade e '1 timor ? la finga k preM. 
Altri gitta lo tendo , altri la destra 
Disarma : impaccio è il ferro , e noa difrsa. 
Valle è tra '1 campo e la citta , eh' alpestra 
Dall' occidente al messo giorno è stesa; 
Qiù foggon essi , e si rivolge oscura 
Caligine di polve inver le mura. 

Mentre ne yan precipitosi al chino , 
Strage d' essi i Cristiani orrihU fanno; 
Ma poscia che salendo ornai vicino 
Li' ajuto avean del harharo tiranno , 
Non Tnol Guelfo d' alpestro erto cammino , 
Con tanto suo syfntaggio , esporsi al danno ; 
Ferma le genti , e '1 rè le sue rìserra , 
Non poco avanso d' infelice guerra. 

Fatto intanto ha il Soldan ciò che è CQnceiso 
Fare a terrena forca , or più non puote ; 
Tutto e sangue e sudore , e un grave e spesso 
Anelar gli auge il petto , e i fianchi scote. 
Langue sotto lo scudo il braccio oppresso ; 
Gira la destra il ferro in pigre rote ; 
Spessa , e non taglia , e divenendo ottuso. 
Perduto il brando omai di brando ha l' uso. 

Come sentissi tal, ristette in atto 
D' nom che fra due sia dubbio , e in se discorre 
Se morir debba , e di si illustre fatto 
Colle sue mani altrui la gloria torre ; 
O por sopravansando al suo disfatto 
Campo , la vita in sicuressa porre. 
Vinca ( alfin disse ) il fato , e questa mia 
Fuga il trofeo di sua vittoria sia. 



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%S% GERtTSAtEMME LIBERATA. 

Veggi» il nemico k mie spaHe, e scliem» 
Di novo ancora il nostro esigHo indegno ; 
pOTchè di novo armato indi mi scema 
Turbar sua pace , e '1 non mai stabil regno* 
Tion cedo io , nò : fia con mooioria etema 
Delle mie offese , eterno anco il mio sdegno. 
Risorgerò nemico ogn'or più cmdo , 
Genere anco sepolto , e spirto ignndo- 



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GERtJSALEMME LIBERATA. fl55 

. CANTO DECIMO. 



ARGOMENTO. 

Al Soldan che dorniia , si mostra Ismene, 
£ occultamente entro a Sion l' ha posto. 
Qpivi il vigor dell' animo , che meno 
Uel rè venia , costui rinfranca tosto. 
Be' suoi Goffredo ode gli errori appieno ; 
Ma poi che di Rinaldo ha ogn'un deposto 
Ch' ei sia mono il timor, fa Piero aperto 
De* nepoti di lui le lodi e '1 merto. 

V-»osl dicendo ancor, -vicino scorse 
Un destrier eh' a Ini volse errante il passo : 
Tosto al libero frcn la mano ei porse, 
E su vi salse , ancorch' afflitto e lasso. 
Già caduto è il cimier eh' orribil sorse , 
Lasciando V elmo inonorato e basso : 
Rotta è la sopraTvesta , e di superba 
Pompa regal vestigio alcun non serba. 
Come dal chiuso ovil cacciato viene 
Lupo talor , che fogge e si nasconde : 
Che 5 sebben del gran ventre ornai ripiene 
Hi l'ingorde voragini profonde, 
Avido pur di sangue anco fuor tiene 
La lingua , e '1 sugge dalle labbra immonde 5 
Tale ei sen già , dopo il sanguigno strazio. 
Della sua cupa fame anco non sasio. 

i. 9, 

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a54 GERUSALEMME LIBERATA. 

E come è sua ventura , alle sonanti 
Quadrella ond' a lui intomo un nembo Tola ^ 
A tante spade , a tante lancie , a tanti 
Instrumenti di morte alfin s' invola: 
E sconosciuto pur cammina innanti 
Per cpiella via eh* è più deserta e sola f 
E rivolgendo in se quel che far deggia , 
In gran tempesta di penùeri ondeggia. 

Disponsi alfin di girne ove raguna 
Oste si poderosa il rè d' Egitto: 
E giunger seco 1' arme, e la fortuna 
Ritentar'anco di novel conflitto. 
Ciò prefisso tra se, dimora alcuna 
Non pone in meno , e prende il cammin dritto 
( Che sa le vie , né d' uopo ha di chi 1 guidi ) 
Di Gasa antica agli arenosi lidi. , 

Né perchè senta inacerbir le doglie 
Delle sue piaghe , e grave il corpo ed ^gro, 
Tien però che si posi , e V armi spoglie ; 
Ma , travagliando , il dì ne passa integro. 
Poi quando l' ombra oscura al mondo toglie 
I varj a^tti , e i color tinge in negro , 
Smonta , e fascia le piaghe , e come puote 
BÌegUo , d' un' alta palma i frutti scote. 

E cibato di lor , su '1 terren nudo 
Cerca adagiare il travagliato fianco y 
E , la testa appoggiando al duro scudo , 
Quetar i moti del pensier suo stanco. 
Ma d' ora in ora a lui si fa più crudo 
Sentire il duol delle ferite , ed anca 
Roso gli è il petto , e lacerato il core 
Dagl' intemi avoltoj , sdegno e dolore. 



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CAUTO .DECTUO. a55 

Alfin , quando già tutte intorno chete 
Kella più alta notte eran le cose, 
Tinto egli pur dalla stancliexxa , in Lete 
Sopì le cure sue gravi e nojo&e ; 
£ in una breve e languida cpnete 
Ije afflitte meralira e gli occhi egri compose : 
£ mentre ancor dormia , Toce severa 
or intonò su le orecchie in tal maniera : 

SoKman , Solimano , i tuoi sì lenti 
Riposi a miglior tempo omai riserva ; 
Che sotto il giogo di straniere genti 
La patria , ove regnasti, ancor' è serva. 
In questa terra dormì , e non rammenti 
Ch' insepolte de' tuoi V ossa conserva i 
Ove sì gran vestigio è del tuo scorno , 
Tu , neghittoso , aspetti il novo giorno ? 

Desto il Snidano , alca lo sguardo e vede 
Uom che , d' età gravissima ai sembianti y 
Col ritorto baston , del vecchio piede 
Ferma e dirissa le vestigia erranti. 
£ chi sei tu ? ( sdegnoso a Ini richiede ) 
Che, fantasma importuno ai viandanti, / 
Rompi i brevi lor sonni ? e che s' aspetta 
A te la mia vergogna , o la vendetta ì 

Io mi son un ( risponde il vecchio ) al quale 
In parte è noto il tuo novel disegno : 
£ siccome uom , a cui di te più cale 
Che tu forse non pensi , a te ne vegno. 
^^ il mordace parlare indarno e tale : 
Percbè della virtù cote è lo sdegno. 
Prendi in grado , Signor , che 'I mio sermone 
Ài tuo pronto valor sia sfersa e sprone. 



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«ss GERUSALEMME LIBERATA.. 

Or perchè p s' io m' appongo , esser dee Tolto 
AI gran rh dell' Egitto il tuo camolino ; 
Che inutilmente aspro -viaggio tolto 
Avrai , s' innanzi segui , io m' indovino : 
Che sebben tu non vai, fia tosto accolto 
£ tosto mosso il campo Saracino : 
Né loco è la dove s* impieghi e mostri 
La tua virtù, contra i nemici nostri. 

Ma se in duce ihe prendi , entro a quel maro 
Che dall' armi Latine è intomo astretto , 
Nel più chiaro del dì porti sicuro , 
8enia che spada impugni , io ti prometto. 
Quivi con r arme e ^o' disagj un duro 
Contrasto aver ti fia gloria e diletto ; 
Difenderai la Terr» , insin che giugiia 
L' oste d' Egitto a rinnovar la pugna. 

Mentre ei ragiona ancor, gli occhi e la Toca 
Dell' uomo antico il fero Turco ammira ; 
£ dal volto , e dall' animo feroce 
Tutto depone omai 1' orgoglio e l' ira. 
Padre , risponde , io già pronto e veloce 
Sono a seguirti : ove tu vuoi mi gira. 
A me sempre miglior parrà il consiglio , 
Ove ha più di fatica e di perito. 

Lo^B il vecchio i suoi detti : e perchè 1' aur« 
Notturna avea le piaghe incrudeUte , 
Un suo Ucor v' instilla , onde ristaura 
Le forze , e salda il sangue e le ferite. 
Quinci veggendo omai eh' Apollo inaura 
Le rose che l' Aurora ha colorite ; 
Tempq è, disse, al partir ; che già ne scopre 
Le strade il sol eh' altrui richiama all' opre. 



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CANTO DECIMO. . ftS/ 

£^ Borra nn carro suo , che non lontana 
Quinci attendea , col fier ?4iceno ei siede : 
he briglie allenta , e con maestra mano 
Ambo i corsieri alternamente fiede. 
Quei Tanno b\ , che *1 polveroso piano 
r^on ritien della mota orma , o del piede. 
Fumar gli vedi , ed anelar nel corso , 
E tutto biancheggiar di spuma il morso. 

Maraviglie dirò : s' aduna e strìnge 
li' aer d' intomo , in nuvolo raccolto, 
Sicché i gran carro ne rìcopre e cinge ; 
Ma non appar la nube, o poco , o molta: 
fih sasso , che murai macchina spinge , 
Penetrerìa per lo suo chioso e folto : 
Ben veder ponno i duo dal cavo seno 
La nebbia intorno , e fnorì il ciel sereno. 

Stupido il cavalier le ciglia inarca. 
Ed increspa la fronte , e mira fiso 
La nube , e Ì carro ch'x)gni intoppo varca 
Veloce sì , che di volar gH è avviso. 
L' altro j che di stupor V anima carca 
Oli scorge all' atto dell' immobil viso , 
Gli rompe quel silensio , e lui rappeUa ; 
Ond' ei si scote , e poi così favella : 

O chiunque tu sia che , fuor d' ogni oso ^ 
Pieghi natura ad opre altere e strane , 
E spiando i secreti , entro al più chiuso 
Spas) a tua vogKa delle menti umane ; 
S' arrìvi eoi saper , eh' è d' alto infato , 
Alle cose. remote anco e lontane ; 
Deh dimmi , qual rìposo o qnal mina 
Ai gran moti dtU' ÀiU il cid destina ^ 

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%tH eXRUSlLEMME LIBEtATA« 

Ma pria dimmi il tao nome , e con cpial' arte 
Far cose tu ù inusitate soglia : 
Che se pria lo stupor da me non parte, 
^ Come esser paò eh' io gli akri detU ftcci^lÌA ì 
8orri^ il vecdiio, e disse : In una parto 
Mi «ara leve 1* adempir tua TOgUa. 
Son detto Ismeno , e i Siri aj^Uan mago 
Me , che deU' arti incognite son Tago. 

Ma eh' io scopra il fatnro , e eh' io dii^iieghii 
Dell' occnlto destin gli etemi «nnali > 
Troppo è audace desio , troppo alti ]^«ghi : 
^oa è tanto concesso a noi mortali. / 
Ciascun , qqa giù , le forse e '1 senno impieghi 
Per aransar fra le sciagure e i maU : 
Che sovente addivien che '1 saggio e '1 forte 
Fabhro a se stesso è di heata soite. • 

Tu , questa destra invitta , a cui fia poco 
Scoter le forse del Francese impero , 
Pion che munir, non che guardare 11 loco 
Che strettamente oppugna il popol fero , 
Contra V arme apparecchia , e contra 1 foco : 
Osa , soffri , confida ; io bene ^pero. 
Ma pur dirò , perchè piacer ti debbia, 
Ciò eh' oscuro vegg' io , quasi per nehlna» 
Veggio , o parmi federe , ansi che lustiì 
Molti rivolga il gran pianeta etemo , 
Uom che l' Asia ornerà co' fatti illustri, 
E del fecondo Egitto avrà il governo. 
Taccio i pregi ^^^ ^^ > * ^* *^ industri ^ 
Mille virtù , die non ben tutte io scemo; 
Basti sol questo a te , che da lui scosse 
Non pur saranno le Crùrtiane^posM^ . 

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CANTO DECIMO. a59 

Ma insin dal fondo suo V imperio ingiusto 

Svelto sarà nell' ultime contese ; 

£ T'afflitte reliquie entro un angusto 

Giro sospinte , e sol dal mar difese. 

Questi fia del tuo sangue : e qui il yetusto 

Mago si tacque : e quegli a dir riprese : 

O lui felice eletto a tanta lode ! 

£ parte ne l' invidia , e parte gode. 
Soggiunse poi : Girisi pur fortuna 

O buona o rea , come è là su prescritto : 

Che non ha sovra me ragione alcuna , 

£ non mi vedrà mai , se non invitto. , 

Prima dal corso distornar la luna 

£ le stelle potrà , che dal diritto 

Torcere un sol mio passo : e in questo dire 

Sfavillò tutto di focoso ardire. 

Cosi gir ragionando, insin che furo 
Là 've presso vedean le tende alsarse: 
Che spettacolo fu crudele e duro ! 
In quante forane ivi la morte apparse ! 
Si fé' negli occhi allor torbido e sqiro , 
£ di doglia il Soldano il volto sparse. 
Ahi con quanto dispregio ivi le degne 
Mirò giacer sue già temute insegne l 

£ scorrer lieti i Franchi, e i petti e i volti 
Spesso calcar de' suoi più noti amici : 
£ , con fasto superbo , agi' insepolti 
L' arme spogliare e gli abiti infelici : 
Molti onorare in lunga pompa accolti 
Gli amati corpi degli estremi uffici : 
Altri soppor le fiamme , e 1 volgo misto 
1)' Arabi e Turchi , a un foco ardere ha TÌst«» 

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a6o gerusàlemmeliberàta. 

Sospirò dal profondo , e '1 ferro trasse, 
E dal carro lanciossi , e correr volle ; 
Ma il vecchio incantatore a se il ritrasse 
Sgridando , e raffrenò Y impeto folle ; 
E fatto elle di novo ei rimontasse , 
Drixxò il sup corso al più sublime colle. 
Così alquanto n' andaro , insin eh' a tergo 
Lasciar de' Franchi il militare albergo. 

Smontaro aUor dal carro , e quel repente 
8parye, e presono a piedi insieme il calle : 
•^eUa solita nube occultamente, 
Discendendo a sinistra in nne vaBe ; , 
Sinché giunsero là dove al ponente 
L' alto monte Sion volge le spalle. 
Quivi si ferma il Mago , e poi s' accosta 
( Quasi mirando ) alla scoscesa costa. 

Cava grotta s' aprìa nel duro sasso , 
Di lunghissimi tempi avanti fatta ; 
Ma , disusando, or riturato il passa 
Era tra i pruni e 1' erbe Qve s' appiatta. 
Sgombra il Mago gì' intoppi , e curvo e bassa 
Per r angusto sentiero a gir s' adatta : 
£ r una man precede^ e '1 varco tenta, 
ti* altra per guida al Prìncipe appresenta. 

^ Dice allora il Soldan : Qnal via furtiva 
È questa tua , dove convien eh* io vada ^ ' 
Altra forse miglior io me n' aprìva , 
Se '1 concedevi tu , con la mia spada, 
^on sdegnar, gli risponde , anima schiva. 
Premer col forte pie la buja strada ; 
Che già soka calcarla il grande Erode , 
Quel eh' ha nell' armi ancQr sì chiara lode. 

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CA9TO DECIMO. a6l 

Cavò questa spelonca , allor che porre 

YoUe freno ai soggetti , il rè eh' io dico : 

£ per essa potea , da quella torre 

Ch' egU Antonia appellò dal chiaro amico , 

Invisthile a tutti il pie raccorre 

Dentro la soglia del gran tempio antico : 

E quiudi occulto uscir della cittate , 

£ trame ed introdur genti celate. 
Ma nota h questa via solinga e hrona 

Or solo a me degli uomini iriventi. 

Per questa andremo al loco , ove raguna ' 

I più saggi a consiglio e i più potenti 

II rè, eh' al minacciar della fortuna, 
Più forse che non dee , par che paventi. 
Ben tu giungi a grand' uopo : ascolta , e tacif ; 
Poi movi a tempo le parole audaci. 

Cosi gli disse ; e '1 cavaliero allotta '^ 
Col gran corpo ingomhrò 1' umil caverna : 
£ per le vie , dove mai sempre annotta , 
Seguì colui che 'I suo cammin governa. 
Chini pria se n' andar ; ma quella grotta 
Più si dilata , quanto più s* intema ; 
Sicché ascesér con agio , e tosto furo 
A messo quasi di queU' antro oscuro. 

Apriva allora un picciol uscio IsmeiiOy 
£ se ne gìan per disusata sesia , 
A cui luce mal certo e mal sereno 
Jj' aer che giù d' alto spiraglio cala. 
In sotterraneo chiostro alfin venieno , 
£ salian quindi in chiara e nohil sala. 
Qui con lo scettro , e col diadema in test« 
Metto ledeati il rè fra gante mesta. 



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m6% GERUSALEMME LIBERATI. 

Dalla concava nube il Torco £ero, 
Non veduto y rimira e spia d* tutomo ; 
Ed ode il rè frattanto , il qoal primiero 
Incomincia co^ dal aeg^o adorne • 
Veramente , o miei fidi , al nostro impero 
Fu il trapassato assai dannoso giorno : 
E , caduti d' altissima sperania , 
8oI 1' ajoto d' Egitto ooud n' 

Ma ben vedete voi qnanto la i 
Lontana sia da sì vicin periglio. 
Dunque voi tutti ho qui raccolti in 
Perchè ogn'nn porti in messo il sno Consilio. 
Qui tace ; e quau in boéco aura che freme, \ 
8uona d' intomo «n picciolo bishii^o. 
Ma con la faccia baldansosa e lieta 
Sorgendo Argante il mormorare accheta. 

O magnanimo rè ( fià la risposta 
Del cavaliere indonnito e feroce ) 
Perchè ci tenti ? e cosa a nullo ascosta 
Chiedi , eh' uopo non ha di nostra voce ^ 
Pur dirò ; sta la speme in noi sol posta : 
E s' egli h ver che nulla a virtù noce , 
Di questa armiamci : a lei chiediamo aHa : 
Tie più , eh' ella si voglia , amiam la vita. 

Né parlo io gik cosi , per eh* io diapere 
DeD' ajuto certissimo d' Egitto : 
Che dubiUr, se le premesse vere 
Fian del mio rè , non lece , e non è dritto ; 
Ma il dico sol , perchè desio vedere 
In alcuni di noi spirto più invitto ; 
eh' egualmente apprestato ad ogni toite, 
bi prometta vittoria , e spretai morU. 



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CINTO DECimo. ' fl6f 

iTanto sol disse il generoso Argante, 
Quasi uom che parli dì non dubbia cosa. ' 

Poi sorse in autorevole sembiante 
Orcano , nom d' alta nobiltà famosa , 
£ già nell' arme d' alcun pregio avante; 
IMa or congiunto a giovinetta sposa , 
£ lieto ornai de' figlj , era invilito 
JNegU affetti di, padre e di marito. 

Disse questi : O Signor, già non accuso 
H £ervor di magnifiche parole , 
4^ando nasce d' ardir che star rìnchinso 
Tra i confini del cor non può , nh vuole. 
Però se '1 buon Circasso a te per uso ' 

Troppo ih vero parlar fervido suole , 
Ciò si conceda a lui , che poi nell' opre 
Il medesmo fervor non meno scopre. , 
' Ma si conviene a te , cui fatto il coi so 
Delle cose e de' tempi han sì prudente , 
Impor colà de' tuoi consigH il morso , 
Dove costui sene trascorre ardente : 
Librar la speme del lontan soccorso 
Col periglio vicino , ansi presente : i 

£ con r arme , e con 1' impeto nemico 
I tuoi novi ripari , e '1 muro antico. 

Noi ( se lece a me dir quel eh' io ne sento ) 
Siafuo in forte ciuà di sito , e d' arte ; 
Ma di macchine grande e violento 
Apparato si fa dall' altra parte. 
Quel che sarà non so : spero , e pavento 
I gindis) incertissimi di Marte ; 
E temo che s' a noi più fia ristretto 
L' assedio , alfia di cibo avrem dii«Uo. 



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•64 GERUSALEMME LIBERATA. 

Perocché que^i armenti , e qnelle biadie 
Ch' jcri ttt ricettasti entro le mòra , 
Mentre nel campo a insanguinar le spade 
8' atlendea solo ( e fu somma ventura ) 
PiccioV esca a gran fame, ampia cittade 
Nutrir mal ponno , se I' assedio dora : 
£ forca è pur che duri , ancorché Tegna 
Xi' oste d'Egitto il di eh' ella disegna. 

Ma che fia se più tarda ? or su concedo 
Che tua speme prevenga , e sue promesse ; 
La vittoria però , però non vedo 
Liberate, o Signor , le mura oppresse. 
Combatteremo , o rè , con quel Goffredo , 
£ con qi^e'-duci, e con le genti istesse 
Che tante volte han gik rotti e dispersi 
CU Arabi , i Turchi , i Soriani , e i Persi. 

£ quali sian tu '1 sai, che Idr cedesti 
Si spesso il campo , o valoroso Argante , 
E si spesso le spalle anco volgesti , 
Fidando assai nelle veloci piante : 
E *1 sk Clorinda teco , ed io con questi : 
Ch* un più dell* altro non convien si xante. 
Né incolpo alcuno io già , che vi fu mostro , 
Quanto potea maggiore , il valor nostro. 

E dirò pur , benché costui di morte 
Bieco minacci , e *1 vero udir si sdegni ; 
Veggio portar da inevitabil sorte 
n nemico fatale a certi segni : 
IVc gente potrà mai , né muro forte 
Impedirlo cosi , ch* alfin non regni. 
Ciò mi fa dir ( sia testimonio il cielo ) 
Del Signor, della patria amore e ceto. 



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CANTO DECIMO. s65 

Oli saggio il rè eli Tripoli che pace 
Seppe impetrar dai Franchi e regno insieme ! 
lUa il Soldano ostinato , o morto or giace 
O pur servii catena il pie gli preme : 
O nell' esiglio timido e fugace 
Si Ta serbando alle miserie estreme : 
"E pur , cedendo parte , ayria potato 
Parte salvar co' doni e col tributo. 

Cosi diceva , e s' avvolgea costui 
Con giro di parole obbUquo e incerto ; 
CK' a chieder pace , a farsi uopo ligio altmi 
Già non ardia di consigliarlo aperto. 
"Slhi sdegnoso il Soldano i detti sui 
Non potea omai più sostener coperto ; 
Quando il Mago gli disse : Or vuoi tu darli 
Agio , Signor , che 'n tal maniera parli ? 

Io per me , gli risponde , or qui mi odo 
Contra mio grado , e d' ira ardo e di scorno. 
Ciò disse appena , e immantinente il velo 
Della nube , che stesa è lor d' intomo , 
Si fende , e purga nell' aperto cielo , 
Ed ei riman nel luminoso giorno : 
E magnanimamente in fiero viso 
Rifulge in messo , e lor parla improvviso 

Io , di cui si ragiona , or son presente, 
Non fugace e non timido Soldano-: 
Ed a costui , eh' egli è codardo e mente y 
M' oSero di provar con questa mano. 
Io , che sparsi di sangue ampio torrente. 
Che montagne di strage alsai sù'l piano ^ 
Chiuso nel vallo de' nemici , e privo 
Alfin d' ogni compagno ^ io fuggitivo ì 
1. ftS 



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J 



a68 CERUSALEMIIE LIBERATA.. 

Ma se più C[aesti, o s' altri a lui sÌBiSle, 
Alla sua patria , alla sua iede infido , 
Motto osa Ut à* accordo infame e vile, 
Buon r^, sia con tna pace , io cpiì V uccida. 
Oli agni e i lupi fian giunti in un'ovile, 
E le colombe e i serpi in un sol nido , 
Prima cKe mai, di non discorde voglia, 
^oi co' Francesi alcuna terra accoglia. 

Tien su la spada , mentre ei s\ favella , 
La fera destra in minaccievol' atto. 
Riman cìascuio, a ^piel paxlare, a quella 
Orrilul faccia , muto e stupefaUo. 
Poscia , con vista men turbata e fella , 
Cortesemente inverso II rè s' è tratto. 
^ Spera, gK dice , alto Signor ; cV io reco 
PJon poco ajuto : Or Solimano è teco. 

Aladin, eh' a lai contra era già sorto , 
Rispon.de : Oh. come lieto or qui ti veggio , 
Diletto amico ! or del mio stnol eh' è niort« 
Non sento il danno ; e ben temea di peggio^ 
Tu lo mio stabilire , e in tempo corto 
Puoi ridrix«are il tuo caduto seggio , 
Se '1 ciel noi vieta. Indi le braccia al collo, 
Così detto, gli stese e circondotto. 

Finita r accoglienaa , il rè concede 
n suo medesmo foglio al gran IViceno. 
Egli poscia a sinistra in nobil sede 
Si pone, ed al suo fianco alluoga Ismeno. 
E mentre seco parla ed a lui chiede 
Di lor venuta , ed ei risponde appieno ; 
Li' alta donsella ad onorar in pria 
Vien Solimano : ogni altro indi seguia. 



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CAUTO DECIMO. »67 

Segni fra gii altri Ormasse , il qual la sdiiera 
Di quegli Arabi suoi a guidar tolse : 
E mentre la battaglia ardea più fera , 
Per disusate vie cosi s' amrolse , 
€yh.* ajutando il silenzio , e V aria nera, 
liei salva alfin nella città raccolse : 
£ con le biade , e co' rapiti armenti 
Aita porse alle affamate genti. 

Sol con la faccia torva e disdegnosa 
Tacito si rimase il fìer Circasso : 
A guisa di leon , (piando si posa , 
Girando ^ eccfai , e non movendo il passo. 
Ma nel Soldan feroce alsar non osa 
Orcano il volto , e 1 tien pensoso e basso. 
Così a consiglio il Palestin tiranno 
£ 'l rè de' Turcbi , e i cavalier qui stanno 

Ma il pio Goffredo la vittoria e i vinti 
Avea seguiti , e Kbere le vie t 
£ fatto intanto ai suoi guerrieri estinti 
L' ultimo onor di sacre esequie e pie. 
£d ora ogli altri impon che siano accinti 
A dar r assalto nel secondo die : 
£ , con maggiore e più terribil faccia , 
Di guerra i diinsi barbari minaccic 

£ perchè conosciuto avea Ìl dra^^pdlp y 
Ch' ajutò lui contra la gente infida , 
£sser de' suoi più cari , ed esser queflo 

Che già •ejguà V insidiosa guida f 

£ Tancredi con lor , che nel castello 

Prigion restò della fallace Armida ; 

JVeUa presenta sol dell' Eremita 

£ d' alcuni più saggi a ae gì' invita. 



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»€8 GERUSALEMME LIBERATA.. 

£ dice loi : Prego cb* alcun racconti 
De* ▼pstrì hrtffi errori il dubbio corso : --. 

E come poscia vi trovaste pronti 
In sì grand' uopo a dar sì gran soccoti^. 
Yergogoando tenean basse le fronti , ^ 

Ch' era al cor picciol fallo amaro morso. 
Alfin del rè Britanno il cbiaro figlio 
Ruppe il silensio ^ e disse , alaando il piglio t 

Partimmo noi , cbe fnor dell' urna a sorte 
Tratti non fummo , ogn'nn per se nascoso : 
D' Amor ( noi nego ) le fallaci scorte 
Seguendo , e d 'm bel toHo insidioso. 
Per vie ne trasse disusate e torte , 
Fra noi discordi, e in se ciascun geloso. 
Nutrian gli amori , e i nostri sdegm ( ahi tar^ 
Troppo il conosco } or parolette , or ^ardi. 

Alfin giungemmo al loco , ove già scese 
Fiamma dal cielo in dilatate falde : 
E di natura vendicò 1' offese 
Sovra le genti in mal oprar sì salde. 
Fu già ter^ feconda , almo paese > 
Or acque son bituminose e calde , 
E steril lago : e quanto ei torce e girq , 
Compressa h V ari^ , e grave il posso spira. 

Questo h lo stagno in cui nulle di greve 
Si getth mai cbe giunga inaino al basso ; 
Ma in guisa^por d' abete , o d' omo leve , 
L' nom vi sornuota , e '1 duro ferro , e '1 sasso. 
Siede in esso up castello : e stretto e breve 
Ponte concede a' peregrini il passo. 
Ivi n' accolse : e non so con qnal' arte , 
y aga è là dentiv > e lide ogni sua parte . 



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CANtO DECIMO. ' a69 

V "k V aora molle , e '1 ciel sereno , e lieti 
"Oli alberi e i prati , e pure e dolci V onde : 
Ove fra gli amedissimi mirteti 
Sorge una fonte , e an fimnieel diffonde. 
PioTono in grembo all' erbe i sonni ^eti 
Oon un soave mormoriadi fronde : 
Cantan gli augelli ; i marmi io taccio e 1' oro 
JiHaravigliosi d' arte , e di lavoro. 

Apprestar su 1* erbetta, ov' è più densa 
IL' ombra, e vicino al suon delle ac^[ue chiara y 
Fece di scuhi vasi altera mensa , 
£ ricca di vivande elette e care. 
£ra qui ciò eh' ogni stagion dispensa : 
Ciò che dona la terra, o manda il mare : 
Ciò che r arte condisce ; e cento belle 
Servivano al concito accorte ancelle. 

EUa d' un parlar dolce , e d' un bel risa 
Temprava altrui cibo mortale e rio. 
Or, mentre ancor ciascuno a mensa assiso 
Beve con lungo incendio un lungo obblio. 
Sorse , e disse : Or qvX riedo ; e con un viso 
Ritornò poi non sì tranquillo e pio. 
Con una man picciok verga scote : 
Tien r altra un libro, e legge in basse note. 

Legge la l^aga : ed io pensiero e voglia 
Sento mutar, mutar vita ed albergo. 
( Strana virtù ! ) novo piacer m' invogKa : 
Salto neir acqua , e mi vi tuffo e immergo. 
Pfen so come ogni gamba entro s' accoglia : 
Come F un braccio e V altro entri nel tergo. 
M' accorcio , e strìngo : e su la pelle cresce 
Sqiuunmoio il cuojo , e d' nom son fatto un |>eice^ 



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«70 GERUSALEMME LIBERATA. 

Così ciascun degli altri anco fu Toko , 
E gaicsò meco in quel TÌvace argento. 
Qiule attor mi foss' io , come di stolte , 
Vano e torbido aogno , or men ramnaesto. 
Piacquale al6n tornarci il proprio volto : 
Ma tra la maraviglia e lo spavento 
Muti eravam ; quando , turbata in visU , 
In tal guisa minaccia e ne contrista : 

Ecco a voi noto è il mio j>oter, ne dice y 
E quanto sovra voi Y impero bò pieno : 
Pende dal mio voler cb' altri infelice 
Perda , in prigione etema , il ciel sereno : 
Altri divenga augello : altri radice 
Faccia, e germogli nel terrestre seno : 
O cbe s' induri in selce , o in moHe fonte 
6i liquefaccia , o vesta irsuta fronte. 

Ben potete scbivar l' aspro mio sdegno y 
Quando seguire il mio piacer v' aggrade ; 
Farvi pagani , e per lo nostro regno 
Contra 1' empio BugKon mover le spade. 
Ricusar tutti, ed abborrir V indegno 
Patto : solo a Rambaldo il persuade. 
Noi ( cbè non vai difesa ) entro «ma l>uca , 
Di lacci KfpreAacy ove non è cbe luca. 

Poi nel castello istesso a sorte venne 
Tancredi , ed egli ancor fu prìgioitìere. 
Ma poco tempo in carcere ci tenne 
La falsa Maga : e ( s' io n' intesi il vero ) 
Di seco trarne da quefl* empia ottenne 
Del Signor di Damasco un messaggiero : 
Cb' al rh d' Egitto in don , fra cento armati , 
Ne condnceva inezmi e incateiMiti. 



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CANTO DECIMO. Hjl 

Cos\ cen' andavamo : e come 1' alta 
Provvldenaa del cielo ordina e move, 
Il buon Rinaldo , il qnal più sempre esalta 
X>a gloria sua con opre eccelse e nove , 
la noi s' avviene , e i cavalieri assalta 
Mostri custodi ^ e fa le usate prove : 
Oli uccide e vince , e d» quell' arme lóro 
Fa noi vestir, che nostre in prima foro. 

Io i vidi , e '1 vider questi : e da lui porta 
Ci fu la destra , e fu sua voce udita. 
Falso h il roroor che qa\ risuona e porta 
Sì rea novella , e salva è la sua vita : 
£d oggi è il tento dì cbe, conia scorta 
D' un peregrin , fece da noi partita 
Per girne in Antiochia : e pria depose 
L' arme che rotte aveva e sanguinose. 
Cosi parlava, e 1' Eremita intanto 

Volgeva al cielo 1' una e V altra luce. 

Non un color , non serba un volto : o qnant* 

Più sacro e venerabile or riluce ! 

Pieno di Dio, ratto dal selo, accanto 

Alle angeliche menti ei si conduce : 

GU si svela il futuro , e nell' etema 
«Serie àefjà anni e dell' etk s' intema. 

£ la bocca sciogliendo, in maggior snono , 

Scopre le cose altrui eh' indi verranno. 

Tutti conversi alle sembianse , al tuono 

Dell' insoUta voce attenti stanno. 

Vive, dice, Rinaldo : e le altre sono 

Arti e bngie di femminile inganno : 

Vive , e la vita giovinetta acerba 

A più mature f^rìe il citi ns«rba« 



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I 



1 

a7« GEBtrSALZMIlE LIBERATI.. * 

Presagi fono , e fanciulleschi affanni 
QuesU , ond' or 1' Asia lui conosce , e noma. \ \ 

Ecpo chiaro Tegg' io , correndo gli anni , * fH 

Ch' egli s' oppone all' empio Angusto, e '1 doma : 
E sotto r ombra degli argentei vanni 
L' aquila sua copre la Chiesa , e Roma y 
Che della fera arrk tolte agli artigli : 
£ ben di lui nasceran degni i figli. 

De' igli i figli, e chi yerra da quelli 
Quinci avran chiari e memorandi esempi : 
E da' Cesari ingiusti , e da' ruheQi 
Difeoderan le mitre , e i sacri tempi. 
Premer gli alteri , e sollevar gV imbelli , 
Difender gì' innocenti , e punir gli empi 
Fian r arti Ipr : cosi verrli che vole 
L' aquila Estense oltra le vie del sole. 

E dritto h ben che, se *I ver mira e 1 laroe^ 
Ministri a Pietro ì folgori mortali. 
U' per Cristo si pugni , ivi le piuiùe 
Spiegar dee sempre invitte e trionfali : 
Che cì6 per suo nativo alto costume 
Dielle il cielo , e per le^ a lei fatali : 
Onde piace la su , eh' a questa degna 
Impresa , onde parti, chiamata vegna. 

Con questi detti ogni timor discaccia 
Di Rinaldo concetto il saggio Piero. 
Sol nel plauso comune awien che taccia 
Il pio Buglione immerso in gran pensiero. 
Sorge intanto la notte, e su la faccia 
Della terra distende il velo nero. ^ 

Tansene gh altri, e dan le membra al sonno ; 
M«i i suoi pensieri in lui dormir non ponno. 
11. FISE DfiL TOMO PRIMO. 



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